La famiglia avezzanese dei Resta: un casato d’eccellenza

Con l’avvento dei Torlonia influenti benestanti marsicani, durante la drammatica stagione delle lotte politiche, preferirono l’appoggio e i favori dell’Eccellentissima Casa Romana. Tra essi spiccano i nomi di Enrico e Tommaso Resta, quest’ultimo fondatore e direttore ad Avezzano, nell’anno 1884, della «Banca Marsicana», un solido istituto che resisterà alla crisi del sistema bancario italiano fino alla riforma del 1936.

Occorre subito specificare che i predecessori di questo insigne casato provenivano da Tagliacozzo. Un Tommaso Resta fu comandante della milizia provinciale del «Secondo Abruzzo Ulteriore», curando con grande successo anche la passione per l’architettura e la meccanica. Durante il dominio napoleonico venne nominato da Giuseppe Bonaparte «Ricevitore Distrettuale» ad Avezzano. Il 3 maggio 1847, quando il re Ferdinando II di Borbone giunse in visita nella Marsica, alloggiò nel suo palazzo, come pure in seguito altri importanti viaggiatori europei ottennero i favori dell’antico casato. Il papa Gregorio XVI gli confermò il titolo di «Conte della Torre», esteso poi a tutti i suoi discendenti. Fu grande mecenate e promotore di arte e cultura, occupandosi di scienze politiche, economiche e civili. Incoraggiò nella nostra zona l’agricoltura e il commercio, favorendo diverse opere pubbliche. Ebbe ben dieci figli dalla nobile avezzanese Marianna Mattei. I suoi successori, come vedremo, si distingueranno negli anni prima e dopo il terremoto in tutti i campi: dal civile, al militare, all’artistico. Addirittura, un Don Filippo Resta (marchese di Sogliano), a metà dell’Ottocento, fu nominato tenente generale e comandante dell’esercito pontificio (1).

Di qui l’importanza della loro storia, appresa da documenti e da vari giornali d’epoca.

Il 27 aprile 1907, Ercole Nardelli (preside del Regio Ginnasio di Avezzano e primo sindaco della città dopo il terremoto), scrisse sul giornale l’Indipendente una lunga biografia della nobile famiglia. Cominciò, naturalmente, da uno dei capostipiti: «Tommaso Resta, gentiluomo di antico stampo, conosciutissimo in Abruzzo, già direttore dal 1884 della Banca Popolare Marsicana». Non mancò di apporre la sua attenzione anche al talento e ai meriti artistici raggiunti da Giuseppe Resta, definito uno dei più grandi pianisti europei del momento che, nell’aprile del 1907 era tornato ad Avezzano trionfalmente: «Reduce dalla Russia, festosamente accolto dai parenti, amici ammiratori e dalle liete armonie della banda cittadina, che contemporaneamente percorreva le vie della città». In più concerti aveva affascinato il «pubblico cosmopolita e difficile di Roma» e, in seguito, si era classificato al primo posto nell’importante «Concorso Internazionale di Parigi». Tra l’altro, Nardelli, in veste di giornalista, entrò nei dettagli della fortunosa tournée del musicista avezzanese, con queste parole: «Leggete il resoconto dei concerti da lui dati da solo ed insieme con Marconi e Battistini a Mosca, Pietroburgo, a Varsavia: dappertutto applausi, richieste di bis, grida di evviva, indescrivibile entusiasmo». Il grande successo raggiunto in tutta Europa, lo portò nella città di Pietroburgo, dove suonò nel palazzo della «Principessa Zimine, dama molto stimata presso la Corte Imperiale». L’estensore dell’articolo terminò poi la sua cronaca degli avvenimenti più importanti con una nota retorica, rivelatrice di un orgoglio patriottico allora molto diffuso tra le personalità politiche di quei tempi: «Bella, sublime soddisfazione dev’esser quella di sentirsi applaudire lungi dalla propria Patria, e la Patria veder onorata da altri popoli per opera propria. Vi è in ciò qualcosa di così grande e di così nobile, che ogni elogio pare inadeguato a un sì bel vanto. Altre e maggiori soddisfazioni di tal genere aggiungerà certo a questa Giuseppe Resta; onde io voglio augurarmi non lontano nel tempo, in cui il suo nome suoni celebrato ed acclamato accanto a quelli di Michetti, di Tosti, di D’Annunzio, di Patini, di Barbella, e sia una gloria di più per la nostra antica e gloriosa Terra d’Abruzzo». Le notizie di questo giovane pianista avezzanese si perdono, però, subito dopo il disastro tellurico del 1915. Forse perì sotto le macerie del suo palazzo, laddove, invece, si erano salvati il vecchio conte (padre), sua moglie e quattro figli, tra cui Alessandro e Bianca Resta (2).

La conferma della sua immatura scomparsa, si può dedurre leggendo le pagine de Il Messaggero: «Il conte Resta, direttore della Banca Marsicana, è stato estratto ferito da una squadra partita da Tagliacozzo. Insieme con lui sono stati salvati la moglie e quattro dei suoi cinque figli. Il figlio del Conte Resta, Alessandro, di anni 25, appena liberato dalle macerie è andato a ricercare fra le rovine, nel punto dove riteneva potesse trovarsi una cassa di medicinali di sua proprietà e rintracciatala soccorreva subito i feriti più gravi» (3).

Lo stesso Alessandro, citato nell’articolo del giornale e scampato miracolosamente alla morte, in anni successivi dimostrò di avere uno spiccato talento di commediografo e drammaturgo.

Già nel 1909 aveva presentato a Roma nel «Teatro Nazionale» e poi a Napoli, la tragedia: «Eredi di Circe», ricevendo parole di elogio persino dalla famosa scrittrice Matilde Serao. Superata la crisi emotiva del dopo-terremoto che aveva colpito i pochi superstiti, rappresentò a Palermo (1922) il suo nuovo lavoro intitolato «Metella», una tragedia in tre atti interpretata dalla «Bellissima Mercedes De Personali».

Il giornale Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, scrisse in data 15 luglio 1923: «E così Alessandro Resta, cui parve che il terribile terremoto di Avezzano avesse soffocato nella sua anima sensibile il nobile alto sentimento artistico, si riscuote dal suo involontario torpore, conseguenza naturale delle grandi calamità umane, e torna fidente al suo teatro drammatico, per il quale sente di essere nato, e dal quale ottenne, con i primi successi, la bella soddisfazione del primo applauso». Altri lavori giovanili di Alessandro furono: Transiberiana, Rose Espiatrici, Anime Russe (4). Le tracce della nobile famiglia Resta di Avezzano si perdono subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Molto probabilmente i superstiti, per sfuggire ai terribili bombardamenti della Marsica, tornarono in qualche sede più tranquilla (Roma). Oggi ad Avezzano, dell’antica stirpe comprendente le tre famiglie dei benestanti, rimane solo il toponimo in una zona della città chiamata, appunto, Chiusa Resta, attestando l’ubicazione di varie proprietà su Via Roma, Via Napoli e Via America fino in Via Piana per arrivare sotto le falde del Monte Salviano. Altri terreni, rivendicati recentemente (2011) con esosa richiesta di risarcimento rivolta al comune di Avezzano, erano situati in Via XX Settembre e Borgo Angizia, per un totale di circa ventimila metri quadrati (5).

  1. Le notizie riportate nel testo sono state riprese da vari saggi pubblicati in passato dallo scrivente e meriterebbero lunghe citazioni d’archivio, non possibili in questa sede.

  2. L’Indipendente, Anno X, Aquila, 27 Aprile 1907, Num. 12, Giuseppe Resta.

  3. Il Messaggero, Roma, 15 Gennaio 1915, p. 2, Attraverso i paesi della Marsica abbattuti dal terremoto. Dagli inviati speciali del Messaggero.

  4. Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno V, Num.335, Roma, 15 Luglio 1923.

  5. Gli attuali eredi hanno scoperto che molti loro terreni, sottratti dal comune per le opere pubbliche con il nuovo piano regolatore del 1926, non erano stati pagati alla famiglia.

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