Seconda parte.
Abbiamo parlato, nella prima parte, della struttura del Catasto Onciario, Napoleonico e Murattiano ovvero con quali documenti sono stati approntati, ora invece prima di addentrarci nella seconda parte, riportiamo alcuni elementi meglio notizie, circa i catasti dell’Abruzzo.
I Catasti originali, sono stati conservati all’archivio di Napoli e più precisamente nel volume Abruzzi in copia originale, una copia poi dovrebbe trovarsi all’Archivio di Stato di L’Aquila, ed una negli Archivi Comunali, di ogni Comune.
All’interno di questi fascicoli, dovrebbero essere conservati tutti gli atti (dei Governi impositivi di allora).
Dopo il Catasto Onciario, Napoleonico e Murattiano è venuto il Catasto Geometrico o Particellare che dir si voglia, ma questo solo di più recente.
La proprietà fondiaria terriera, comunque era nella mani di pochi nobili e degli organismi ecclesiastici, ben poco rimaneva a tutti glia altri e quello che rimaneva consisteva in piccolissimi appezzamenti.
Queste le categorie di cittadini che furono chiamati a pagare le tasse: Forestieri bonatenenti (benestanti), Forestieri abitanti, Cittadini dell’Università (Comune), alcuni cittadini non pagavano affatto.
Il Catasto Onciario comunque, pur se innovativo, non dette i frutti sperati sotto il profilo della riorganizzazione del sistema tributario del Regno, di positivo ci fu solo la tassa imposta ai beni ecclesiastici, come innanzi ricordato, ma da ogni parte del Regno arrivarono la critiche.
Il Longano scriveva: “ Ora non essendo altro il vivere a catasto che pagare come si possiede, un tal modo è giusto perché contiene in sé uguaglianza, mentre ciascuno paga come può e come possiede. Ma io dimando: chi paga? Pagano forse gli Amministratori delle Università? Pagano i Baroni per i loro beni burgenatici? Pagano i Capipopoli? Pagano i benestanti, paga chi tiene i conti alle mani? Dato che tutti gli anzidetti paghino, dimando: pagan essi in ragion di che posseggono? Chi mai si azzarda di far verificare le loro “rivele”? Sicché il vivere a catasto non è difettoso nella sua natura, come vivere a gabbella, ma nella sua esecuzione e con ciò ha il solo povero a ogni modo sempre da pagare”.
La vera svolta nel sistema fiscale si ebbe solo con il Regno Napoleonico. In particolare con una delle prime leggi fatte dai Francesi la n.130 del 2 agosto 1806, con la quale Giuseppe Bonaparte aboliva la feudalità (con tale legge venivano aboliti tutti i diritti goduti fino ad allora dai Baroni) e subito dopo, con un’altra legge, la n.134 dell’8 agosto 1806, il Re aboliva le contribuzioni che gravavano sul singolo cittadino ma, l’8 novembre dello stesso anno, con la legge n.238, veniva ripristinata la contribuzione fondiaria.
L’allora Ministro del Regno, rivolgendosi ai Sindaci, comunicava: ” Ogni Comune che nasconde una parte della sua materia imponibile commette un furto contro il Re ed un furtocontro le altre comuni”.
Altre leggi vennero promulgate in seguito, tutte volte a trovare una soluzione equa per il pagamento delle tasse.
Oggi ci pensa il Catasto particellare fabbricati e terreni, che pure andrebbe aggiornato con modifiche catastali e nuovi accatastamenti.
Noi non sappiamo quante abitazione fossero presenti, né conosciamo quale fosse la loro rendita, ma sappiamo che i censimenti succedutisi dall’Unità d’Itali in poi tutto è divenuto rintracciabile e quindi tassabile.
Parlare di tasse ci porterebbe lontano, ecco perché ci fermiamo qui.
PRIMA PARTE
LA STRUTTURA DEL CATASTO ONCIARIO, NAPOLEONICO E MURATTIANO