La gatta Calzina è morta: ecco le conseguenze della vile barbarie di chi lascia in giro esche e bocconi avvelenati

Marsia – C’è una celebre frase del “Mahatma” Gandhi che recita: “La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali“. Volendo partire da questo concetto, possiamo serenamente affermare che tra le persone che conosciamo o frequentiamo o a cui vogliamo bene, ci siano individui che non trattano gli animali con il rispetto che meritano. Ad attestarlo, una volta ancora, i vari casi di avvelenamento di cani e gatti che abbiamo descritto negli ultimi giorni attraverso le nostre pagine.

La gatta Calzina, vittima di avvelenamento qualche giorno fa, nonostante sia stata sottoposta ad apposita terapia veterinaria, non ce l’ha fatta. Un altro truce effetto della vile barbarie di soggetti che, evidentemente, vogliono intenzionalmente uccidere gli animali e operano affinché ciò avvenga. Non ci sono giustificazioni o ragioni da ritenersi valide per atti tanto crudeli, solo la scellerata volontà di chi odia e desidera la morte di creature innocenti che non possono difendersi.

Nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione, nonostante le immagini pietose di animali agonizzanti, nonostante i severi divieti imposti per legge, c’è chi continua imperterrito a lasciare in giro esche e bocconi avvelenati. E dobbiamo immaginare che le storie che ci capita di raccontare siano solo la minima parte di quel che avviene ogni giorno nei nostri paesi. Perché quel cibo infarcito di chiodi, topicida, vetri o altre sostanze letali può essere facilmente ingerito da altri animali, quelli selvatici ad esempio, e diventa potenzialmente pericoloso anche per gli umani, per i bambini soprattutto.

Ai responsabili di atti “immorali”, per riprendere la riflessione di Gandhi, nei confronti degli animali si ricorda che causare la morte di un animale è regolata, in primis, dal Codice Penale, quindi per la Legge italiana si tratta di un reato. La materia è trattata dagli articoli 544 bis e 544 ter del citato Codice. Per l’esattezza:
Art. 544 Bis – Uccisione di animali.
Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni.
Art. 544 Ter – Maltrattamento di animali.
Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale.

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