La Locanda? Nella piazza sotto la Chiesa. A Sante Marie per una rivalutazione della cucina regionale con prodotti essenzialmente dell’Abruzzo

Sante Marie – Cosa si cerca in una trattoria? Un’accoglienza calda, pulizia, piatti della tradizione locale, soprattutto ingredienti di qualità, una carta dei vini minimale ma con una offerta abbondante a calice. E, non ultimo, una location che sia parte integrante con il territorio.

In un piccolo borgo dell’Abruzzo, al confine con il Lazio, quello che una volta era il limite del Regno delle Due Sicilie con lo Stato della Chiesa, si possono trovare le linee guida gastronomiche desiderate: Sante Marie (in origine Altum Sanctae Mariae), comune di circa 1200 abitanti in provincia di L’Aquila, e la trattoria con i requisiti richiesti, “La Locanda”. Un antico cascinale in pietra trasformato in trattoria, con un grande camino al centro della sala (come quello che si usava nei Palazzi nobili prima dell’avvento del riscaldamento a gas) che aggiunge un tocco di familiarità diffusa all’ambiente. Tavoli e sedie in legno ricavati dagli alberi che si dispiegano numerosi nel paese; pareti con la pietra in evidenza come negli antichi monasteri, cucina nel piano sottostante. Per un totale di 60 coperti. Il sogno è la costruzione di una veranda con vista sulla pineta.

L’identificazione con il territorio, leit motiv di Irina Florea, cuoca rumena oramai cittadina di Sante Marie è nell’ordine delle cose.

Territorio di montagna (il paese è a 850 metri sul livello del mare) dove abbondano funghi, castagne (Sante Marie è il paese delle castagne per eccellenza) tartufi, patate, fagioli, alcuni prodotti da Renzo Berardicurti, approdato a Sante Marie (la sua Itaca) dopo un periplo che lo ha portato lontano per molti decenni e ritornato al borgo natio per realizzare il sogno di una vita: aprire una trattoria e farne l’ambasciatrice gastronomica del paese. «E soprattutto per la mia compagna Irina, giovane con voglia di fare che non si accontentava di quello che offriva il mercato del lavoro, con una passione innata per la cucina» precisa Berardicurti.

Una location che ti avvolge «dove ho voluto la costruzione di un forno a vista per le pizze a garanzia della clientela, con migliorie tecniche anche nella cucina sottostante» prosegue Renzo.

Siamo sulla strada giusta, nonostante i lunghi inverni riducano il flusso turistico. Ma anche quando si è in pochi nella sala il calore umano non viene mai meno, oltre a quello profuso dal camino.

Le tradizioni gastronomiche in Abruzzo vengono conservate più fedelmente nella quotidianità dell’alimentazione familiare e la ristorazione abruzzese è tra le regioni italiane più legate alle proprie radici culturali.

L’anno di rodaggio e di avviamento è terminato. Ora siamo nella condizione con più esperienza, arricchita anche dalle numerose testimonianze e ritorno dei clienti.

Pochi piatti, ma buoni è il filo conduttore de “La Locanda”.

Paccheri della locanda, fettuccine rigorosamente fatte in casa, ragù per le diverse esigenze. Il ragù per i paccheri è fatto con polpettine di salsiccia, zafferano, fiori di zucca, provola affumicata. Uno dei piatti della casa. E poi pappardelle al cinghiale di queste zone, dove se ne trovano molti. Zuppa di fagioli con variazioni di ceci e galletti. E nel periodo delle castagne, “ceci e castagne”, una minestra prettamente autunnale che può anche costituire un piatto unico, così come avveniva molti anni fa nelle aree montane dell’Abruzzo.

La novità della cucina è rappresentata da gnocchi viola con fonduta. E anche pizza di qualità della cuoca Irina , oramai cittadina santemariana.

di Enzo Di Giacomo

Foto © Enzo Di Giacomo

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