In poco più di due anni (fine del 1925 e fine del 1927), l’Italia mutò radicalmente il suo volto politico: «furono pressoché totalmente eliminate le ultime vestigia del vecchio Stato liberale e il fascismo, ormai autoproclamatosi unica realtà politica lecita e unica espressione positiva e dei singoli cittadini e del complesso della nazione, cominciò chiaramente a mostrare la sua volontà e la sua tendenza a rendere il proprio potere superiore ed autonomo rispetto alle forze che erano state all’origine del suo successo».
Il fascismo a sua volta aveva posto radici in larghi settori della popolazione marsicana e, come avrebbe riconosciuto anche Ignazio Silone, non appariva più tanto come «un esercito nemico accampato in terra di occupazione», quanto piuttosto come un fenomeno sociale di mobilitazione con proprie caratteristiche. Pertanto l’anno 1927 può essere considerato a tutti gli effetti il vero «anno primo» del regime fascista propriamente detto. Per attuare questo intento: «La glorificazione della figura di Mussolini, come un nume vivente, divenne un aspetto predominante nell’attività di fascistizzazione delle nuove generazioni, alle quali Mussolini era presentato come il più grande dei grandi uomini di tutti i tempi, un nuovo Cesare, il capo cui si doveva donare la propria vita, anima e corpo» (1).
La federazione nazionale della stampa venne così smantellata e si formò, dopo un’ampia epurazione nelle redazioni, il sindacato nazionale fascista dei giornalisti.
Al contrario, i quotidiani che erano diretta espressione del fascismo (tra cui spiccava Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise), si rafforzarono sempre più.
Il più importante di questi mutamenti fu la nomina del deputato Ermanno Amicucci (era originario di Tagliacozzo) a consigliere nazionale e poi segretario del sindacato fascista dei pubblicisti. L’illustre marsicano fu direttore della «Gazzetta del Popolo» e del «Corriere della Sera», fondò la prima scuola di giornalismo in Italia e divenne in seguito sottosegretario al Ministero delle corporazioni fasciste (2).
Altra questione dibattuta nel gennaio del 1927 fu, ancora una volta, la ricorrenza del terremoto a dodici anni dal disastro che aveva colpito l’intera Marsica. Stavolta, Luigi Bologna, redattore capo de «Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise», sulle pagine del giornale, invitò lo scrittore e giornalista Giuseppe Pennazza e l’ex sindaco Ercole Nardelli a raccogliere notizie almeno sulle principali famiglie avezzanesi estinte, per non perderne il ricordo nel tempo. Oltretutto stimolò i nuovi podestà a dare la loro preziosa collaborazione: «E ciò allo scopo di far conoscere i progressi fatti da ciascun comune, in ordine all’opera costante e proficua di ricostruzione e di rivalutazione. Perché giusto non è né opportuno che si rimanga sotto l’impressione, certo non piacevole, delle deficienze che si ebbero già a lamentare». Poi, sotto il titolo «Avezzano che risorge», dimostrò con una esauriente tabella, come dal 1914 (abitanti 11.500) al 1926 (abitanti 14.000), c’era stato un netto incremento della popolazione, nonostante le mille calamità che avevano afflitto la «disgraziata città» (3).
Purtroppo, visto la crisi generale in atto, molti comuni marsicani, invece di ricevere altri capitali per la ricostruzione, furono costretti a sottoscrivere il «Prestito Littorio» per mezzo di una raccolta fondi che penalizzò ogni famiglia, dalla più ricca alla più povera. Per questo, ad Avezzano, si insediò subito un triunvirato fascista per racimolare denaro da tutta la Marsica (4).
Un ruolo essenziale, ancora una volta, fu assunto dall’onorevole Erminio Sipari che, in un discorso tenuto alla Camera dei Deputati (23 febbraio 1927), denunciò le inadeguatezze riscontrate soprattutto nelle: «costruzioni in cemento armato e le palesi infrazioni di alcune piccole imprese che procedevano allegramente a gettate in calcestruzzo, senza che d’intorno si riuscisse a vedere neppure uno dei diversi attrezzi che abitualmente si adoprano per la pigiatura del cemento, la quale non veniva esercitata che in modo primitivo, per risparmiare sudore agli operai e conglomerato all’assuntore» (5).
In diversa prospettiva si svolse «l’inaugurazione degli ampi ed eleganti locali della nuova Sede della Delegazione Fascista del Commercio e dell’Industria, posti in Avezzano, Piazza del Mercato Coperto, Palazzo Blasetti». Durante la cerimonia parlarono al folto pubblico il cavaliere Paolo Ciocci, il segretario generale Nicola Amore De Cristofaro e il commissario straordinario della federazione provinciale dell’Aquila, cavaliere Ugo Murgo. Di fronte a «numerosissimi commercianti, industriali e rappresentanti della stampa», prese subito la parola De Cristofaro che: «con alata e vibrante parola, rendendosi interprete della volontà dei commercianti, ha portato il saluto devoto della categoria al Commissario cav. Murgo e gli ha espresso i sentimenti di riconoscenza per la preziosa opera svolta a favore dell’organizzazione. Ha chiuso il suo discorso inneggiando al Re, al Duce e al fascismo». Il commissario Murgo, rispose ringraziando subito la classe dei commercianti, per poi esporre con chiarezza la legge riguardante la disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro. In conclusione alla sua lunga relazione, comunicò il numero delle sezioni fino allora costituite nel circondario di Avezzano con tutti gli aderenti: Capistrello, con presidente Gesualdo Capodacqua, iscritti settanta; Civitella Roveto, con presidente Augusto Villani, iscritti quaranta; S.Vincenzo Valle Roveto, presidente Giulio Cesare Di Cesare, iscritti cinquanta; Canistro, con presidente Pietro Mariani, iscritti venticinque; Civita d’Antino, presidente Domenico Di Cesare, iscritti quindici; Balsorano, con presidente Gioacchino Baldassarre, con iscritti diciotto; Morino, con presidente Antonio Palombi, iscritti venti; Magliano dei Marsi, presidente Pietro Micangeli, iscritti quaranta; Trasacco, con presidente Eugenio Taricone, iscritti cinquantatrè; Sante Marie, con presidente Gustavo Ludovici, iscritti venti; Tagliacozzo, con presidente Antonio Tancredi, iscritti ottanta; Scurcola Marsicana, con presidente Francesco Colucci, iscritti trentuno; Aielli, con presidente Matteo Maccallini, iscritti diciotto; Luco dei Marsi, con presidente Sante Bianchi, iscritti ottanta; Collelongo, con presidente Ludovico Maussier, iscritti trentasette; Villavallelonga, con presidente Giovanni Bianchi, iscritti quaranta. L’impulso dell’importante iniziativa incoraggiò altre sezioni come quella di: Ortucchio, Gioia dei Marsi, S.Benedetto dei Marsi, Cappadocia, Ortona dei Marsi, Celano, Ovindoli e Massa d’Albe. Infine, la benedizioni dei locali avezzanesi fu impartita da monsignor Salucci e: «finita la cerimonia è stato servito agli intervenuti un sontuoso rinfresco» (6).
NOTE
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- R.De Felice, Mussolini il fascista, II. L’organizzazione dello stato fascista 1925-1929, Giulio Einaudi editore, Torino 2019, pp.215-297. E.Gentile, Il culto del littorio. La sacralizzazione della politica nell’Italia fascista, Economica Laterza, Gius.Laterza & Figli, Bari-Roma, Prima edizione 2001, p.243.
- Tra il 1928 e il 1938, Ermanno Amicucci pubblicò moltissimi articoli e scrisse importanti editoriali, fieramente schierato con il regime fascista. Tuttavia, per una visione di insieme del suo operato, si veda il libro di M.Forno, Fascismo e informazione. Ermanno Amicucci e la rivoluzione giornalistica incompiuta (1922-1945), Edizioni dell’Orso, Collana ventunesimo secolo, Studi e ricerca età contemporanee, 2003.
- Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno IX – Num.672 – Roma, 13 gennaio 1927, Dodici anni dopo il disastro della Marsica.
- Ivi, Anno IX – Num.672-680 – Roma, 13 Gennaio–13 Febbraio 1927.
- Ivi, Anno IX – Num.688 – Roma, 13 Marzo 1927.
- Ivi, Anno IX – Num.689 – Roma, 17 Marzo 1927, L’Assemblea Fascista Commercianti di Avezzano.