Nel 1732 gli Asburgo di Vienna governavano da qualche tempo il regno di Napoli attraverso la figura già collaudata degli undici viceré, specchio del monarca: quattro italiani, uno spagnolo e sei austriaci presi dalla migliore aristocrazia e, anche, alcuni cardinali.
Prima di esaminare dati importanti conviene affrontare il problema delle contribuzioni per capire, un ambiente sociale che a prima vista può sembrare complesso.
Proprio in questi anni il conte Aloys Thomas Raimund von Harrach indisse la numerazione dei cosiddetti «fuochi», per tassare tutte le università del regno.
La parabola demografica che emerge dal quadro d’insieme, basato sostanzialmente sui dati dei vari censimenti, va accolta con particolare cautela, tenendo conto della natura fiscale e del complesso meccanismo delle numerazioni. Compiuto il censimento casa per casa (ostiatim), al totale dei «fuochi» così ottenuto, si aggiungevano quelli ricavati da altre fonti, come i catasti preonciari, i registri parrocchiali, etc. Contro tali conteggi, in genere, le università insorgevano, aprendo un vero contenzioso per l’esatta definizione dei gruppi familiari per i quali dovevano essere tassate. Dal totale, inoltre, delle unioni ottenuto con la stessa numerazione «ostiatim», bisognava dedurre i «fuochi» esenti da tassazione, come quelli degli ecclesiastici, delle vedove con meno di un’oncia (sei ducati) di reddito e con figli maschi che non superavano i quattordici anni; i sessagenari; i giovani non ancora quattordicenni quando erano capifamiglia e avevano un reddito inferiore all’oncia; i forestieri, alcune categorie di militari etc. Non sappiamo in quale anno le cifre dei fuochi marsicani siano state accertate per la prima volta: ipoteticamente si potrebbe pensare all’ultima numerazione d’età aragonese, compiuta intorno al 1443-1489 (Alfonso I d’Aragona, nel parlamento del febbraio-marzo, si accordò con i baroni sulla riforma tributaria che poneva a base l’esazione fiscale, il numero dei fuochi imponibili).
Tuttavia, queste indicazioni non devono far dimenticare che la numerazione dei «fuochi» (ossia dei nuclei familiari) era un vero e proprio censimento dei beni e delle persone, condotto casa per casa, con la descrizione nominativa del «capofuoco» (cioè del capofamiglia) e di ogni altro convivente: moglie, figli, altri parenti, servi, garzoni, di cui si segnalava l’età, lo stato civile e il mestiere (1). È quindi evidente, come fu arduo definire una relazione costante tra la popolazione censita casa per casa e i «fuochi» fiscali per i quali l’università venne infine tassata e come sia stato impossibile, in conformità a questi ultimi, esaminare l’andamento demografico in senso assoluto (2).
Il documento che si pretende qui di esaminare, rappresenta una probabile numerazione riferita all’anno 1732, quando fu indetta in tutto il viceregno austriaco la nuova numerazione dei «fuochi tassati». Nella tabella riferita all’Abruzzo Ultra, sono riportati i dati in tre colonne: la prima si riferisce al conteggio del 1669; la seconda alla numerazione intermedia e la terza alle cifre del 1732 per la determinazione degli introiti e le imposizioni ordinarie e straordinarie (3). Si trattava di stimare la capacità contributiva di ogni paese nei confronti della corte secondo una cifra fissa per ciascun nucleo familiare, più i carichi fiscali che i comuni dovevano corrispondere in via eccezionale e per un periodo determinato. Di fatto, però, alcune di queste contribuzioni, come i donativi, finivano per essere riscossi stabilmente per lunghi periodi (4).
Analizzando in dettaglio la computazione delle famiglie marsicane, dovrà farsi notare la supremazia di Tagliacozzo con fuochi 355 e, di seguito: Pescina con fuochi 329; Celano con fuochi 324; Avezzano con fuochi 276; Gioia dei Marsi con fuochi 211; Luco dei Marsi con fuochi 193; Magliano dei Marsi con fuochi 148; Scurcola Marsicana con fuochi 139; Lecce nei Marsi con fuochi 157; Collarmele con fuochi 138; Aielli con fuochi 130; Villavallelonga con fuochi 128; Ortucchio con fuochi 120 e Ovindoli con fuochi 102. Tutti gli altri paesi del comprensorio marsicano si trovavano di sotto le cento unità.
In proposito, il notaio Bernardo Antonio Sclocchi registrò una protesta dei «massari» e dei cittadini di Aielli che, congregati in «pubblico Parlamento in virtù del regio Bando e Istruzioni della Regia Giunta per la nuova numerazione dei Fuochi», assistiti dal cancelliere del comune Gian Battista Coletta, avevano presentato le tavole dell’esatta numerazione, anche se i loro dati furono presi per difetto (5).
Nel groviglio delle proteste, le affermazioni dello storico Pietro Colletta riguardanti la procedura per il conteggio dei gruppi familiari possono aiutarci a capire: «da tempi antichissimi, affidavasi ad un sindaco e due eletti, scelti dal popolo in così largo Parlamento, che non altri erano esclusi dal votar, fuorché le donne, i fanciulli, i debitori della comunità, gli infami per condanna o per mestiere. Il Parlamento si radunava in un certo giorno d’estate nella piazza, e si facevano le scelte per grida» (6).
NOTE
- G. Da Molin, La popolazione del regno di Napoli a metà Quattrocento. Studio di un focolario aragonese, Adriatica editrice, Bari, 1979, p.7. Cfr. F.Cozzetto, Mezzogiorno e demografia nel secolo XV, Rubbettino Editore, collana Biblioteca di storia e cultura Meridionale, 1986.
- P.Villani, Numerazioni dei fuochi e problemi demografici del Mezzogiorno in età moderna, Napoli, 1973, p.5.
- Una fonte per lo studio della popolazione del Regno di Napoli. La numerazione dei fuochi del 1732, a c. di Maria Rosaria Barbagallo De Divitiis in «Quaderni della rassegna degli Archivi di Stato. 47», Fratelli Palombi, Roma, maggio 1977, pp.76-86.
- G.Sabatini, Fiscalità e banditismo nelle province d’Abruzzo alla fine del Seicento (Istituto di Studi sull’Economia del mezzogiorno nell’Età Moderna), ISEMEM-CNR, p.16.
- M.Ragusa, Brevi cenni storici sulla Marsica, Bologna, 1924, pp.57-58.
- P.Colletta, Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825, Tomo I, Tip.Elvetica, Capolago, MDCCCXXXIV, p.20.