Le «Regie Udienze» provinciali erano il massimo organo giudiziario esistente nel regno di Napoli: si trattava di antiche istituzioni giuridiche corrispondenti all’attuale Corte d’Appello, con competenze giurisdizionali di seconda istanza. Probabilmente furono un’evoluzione dei «Giustizierati» di età normanna. Tale complesso collegiale univa all’esercizio di funzioni legali, quello di attività amministrative e si estendeva anche, in alcuni casi, alla materia militare ricorrendo in appello alla «Gran Corte della Vicaria». Erano suddivise in due ruote, la Civile e la Penale. Al vertice sedeva un «Preside», di solito rappresentato da un ufficiale maggiore dell’esercito (1).
Potremo cercare di specificare già in tale quadro di riferimento l’adeguata sistemazione di un inventario: «de tutti i processi si civili, che criminali, che da me sottoscritto Mastrodatti della Corte di Avezzano, ed Udienza delle terze cause di tutto lo Stato di Tagliacozzo, si conservano nell’Archivio delle medesima, la copia della quale si trasmette nella Regia Udienza dell’Aquila a tenore delli Reali ordini. Oggi, 24 agosto 1758», per esaminare a fondo diversi elementi zonali (2). In esso si contano ben 184 processi civili e nove criminali. Nei primi si riscontra il consueto stato di conflitto sorto per motivi di confinazioni, usurpazioni, abusi edilizi, ecc. Nei secondi i procedimenti variano ma, soprattutto, si possono analizzare interi dibattimenti che riguardano: insulti e minacce, furti di bestiame, omicidi e stupri. Per convincersene occorre esaminare alcuni casi clamorosi, come il: «Processo Criminale per l’ingresso de’ ladri nel Monastero di S.Caterina d’Avezzano […] Processo Criminale d’Omicidio in persona di Domenico Mascitti contra Bartolomeo Mascitti […] Processo Criminale tra D. Ferdinando Nobili contra Domenico Di Clemente alias Scoppetta […]». In quest’ampia traccia di ricerche, le indagini e il vaglio delle prove rimanevano affidate completamente ai subalterni dell’Udienza aquilana. Oltretutto, il «Gregario» era «la persona pubblica incaricata di prendere quelle informazioni dalle quali purtroppo dipende la sorte dell’infelice accusato […] Il suo primo passo è una carcerazione numerosa di testimoni, di rei, di complici, d’indiziati» (3). In realtà, nei molteplici processi, la garanzia di giustizia e dei diritti dell’imputato spesso erano ignorati dai giudici, laddove: «le formalità del processo si moltiplicano, le solennità cresciute danno luogo alla cavillosa eloquenza, al pernicioso arbitrio d’un giudice deferente. Il processo insomma diviene inestricabile tela, insidiosa rete, nella quale i piccoli e poveri cittadini vengono arrestati, ma i grandi ed i potenti rei rompendola, ne fuggono via» (4).
Un’analisi critica del volume della «Regia Udienza» aquilana (tenenza di Celano e Gioia dei Marsi) mette di nuovo in risalto altri spunti di riflessione, tra cui: gli infiniti processi civili attivati per debiti, per contratti censuali, per crediti; le numerose cambiali, le querele, le notifiche d’atti, ecc. (5). Questo ricco materiale d’archivio, in cui si osservano nomi, fatti e luoghi, prende in esame anche le turbolenze e le inquietudini del 1764 quando, una grande penuria di grano e uno scarso raccolto, misero in crisi la sopravvivenza della popolazione marsicana e quella dell’intero regno di Napoli. In ogni caso, per evitare le speculazioni il governo borbonico spedì in tutte le province commissari regi e squadre di soldati incaricati di scoprire i depositi clandestini del prezioso alimento. Contemporaneamente, Don Carlo Rustici, patrizio aquilano e amministratore del «Regio Arrendamento della Reale de’ Sali» impose ai camerlenghi (tesorieri), sindaci, priori e massari dei comuni marsicani un termine di quindici giorni per denunciare ciascun cittadino che deteneva abusivamente il frumento (agosto 1766). Lo appoggiò subito il «Preside» aquilano Don Marino Frezza esigendo: «Quantità del grano, quella dell’Orzo, e così di queste altre biade, che in questi nostri rispettivi luoghi si raccoglie dai sudditi cittadini, e benestanti». Con la sua potestà straordinaria «ad Modum Belli», il funzionario governativo aveva già spiccato mandato di cattura contro diversi trasgressori del posto, trattandoli come pubblici delinquenti (6). Da questa drammatica visione, lo storico Pietro Colletta ci restituisce uno scenario davvero inquietante del periodo trattato, scrivendo: «[…] Nell’anno 1763, per iscarso ricolto di biade, i reggitori si affrettarono a provvedere l’Annona pubblica, i cittadini la privata; ma volse in danno il rimedio, però che molto grano messo in serbo, soccorrendo i bisogni avvenire, tramandando i presenti, fece penuria nel cominciar dell’anno 1764 certa ed universale. Le inquietudini e i lamenti del popolo, i falli del Governo, l’avidità dei commercianti, e i guadagni che vanno congiunti ad ogni pubblica sventura, produssero danni maggiori e pericoli; si vedevano poveri morir di stento; si udivano vuotati i magazzini o forni; poi furti, delitti, rapine innumerevoli» (7).
NOTE
- G.M.Galanti, Della Descrizione Geografica e Politica delle Sicilie, Napoli MDCCXCIII, Tomo I, pp.311-318.
- Archivio di Stato di L’Aquila (d’ora in poi A.S.Aq.) Fondo del Preside, Affari Generali, Iª Serie, cat.27, b.21, fasc.368. La lunga lista dei misfatti fu redatta dal «mastrodatti» Ippolito Urbani e trasmessa dal governatore di Avezzano Raffaello De Vincentis. Nell’antico regno di Napoli il «mastro d’atti» era un funzionario addetto alla redazione e custodia dei documenti (talvolta supplente dei giudici).
- G.Filangeri, La scienza della legislazione, in «Illuministi italiani. Riformatori meridionali», a c. di F.Venturi, pp.713-714. Si trattava di concedere pieni poteri al soggetto inquirente, dotato delle funzioni di accusatore.
- Considerazioni di Francesco Mario Pagano sul processo criminale, in Napoli MDCCXCIX, pp.31-32. Francesco Mario Pagano era un avvocato, docente universitario, poeta, drammaturgo e saggista. Leggendo le sue arringhe si rilevano numerose citazioni classiche seguite da argomentazioni logiche. Nel 1799 sarà un fervente giacobino e tra i fondatori della Repubblica Napoletana.
- A.S.Aq., Regia Udienza e Doganella, Processi civili, b.26 (1764-1780).
- Archivio Storico del Comune di Avezzano, Libro dove si registrano tutti i Dispacci Reali, ed altri ordini de’ Presidi, tesorieri, Capitani di Regia Grascia, ed ogn’altro. A.S.Aq., Fondo del Preside, Affari Generali,Iª Serie, cat.27, Proclama a stampa datato 25 luglio 1764, b.94, fasc.99.
- Storia del Reame di Napoli dal 1734 sino al 1825, del Generale Pietro Colletta, Tomo I, Milano, F.Pagnoni, Tipografo-Editore (1861), Libro Secondo (1763-64), pp.92-93.