Ricordare i nostri anziani costituisce la più efficace espressione di un popolo, l’humus primordiale dal quale scaturisce tutta la storia valoriale dei pescatori marsicani che divennero abili contadini con il prosciugamento del lago. Ma è nel rapporto dei giovani con i nonni che la memoria viva diventa testimonianza di vita esperta perché ricca di saggezza e tenera perché colma di affetti.
In questi tempi in cui fin da piccoli la familiarità con l’elettronica introduce alla realtà virtuale ed alla navigazione in internet si è incapaci di “fare silenzio” dentro e fuori di noi per ascoltare il racconto orale. Eppure è la testimonianza diretta dei nonni a dare alle nuove generazioni radici e ali. Nel terzo millennio è importante sapere da dove veniamo e quali sono i traguardi futuri. La Sacra Scrittura afferma che l’essere umano è generato e generazionale nell’abitare il mondo.
La ricerca delle nostre origini non solo biologiche ma spirituali ed emozionali ha due nature come i binari di una ferrovia o le sponde opposte di un fiume: un tornare indietro per custodire il tesoro della tradizione e un avanzare nella freschezza del domani per costruire la propria felicità esistenziale. Presi dalla cultura dell’efficienza e dal mito dell’”Eterna giovinezza” gli anziani vengono spesso considerati avanzi da cui liberarsi. Papa Francesco nella sua omelia parafrasando la parabola della moltiplicazione dei pani ha ricordato che nulla va perduto, nemmeno un frammento.
Gli anziani sono pezzi di pane preziosi che possono ancora nutrire la nuova comunità con la fragranza della memoria e della misericordia tramite la condivisione. Non dimentichiamo che nel loro abbraccio abbiamo sognato un mondo migliore nella capacità di scorgere nell’altro la fatica ma anche la fiducia nel miracolo che solo l’amore può realizzare.
A tutti i nonni dedico questa poesia
A pesca
Orme di piedi nudi nel fango:
Un bimbo guarda il nonno pescare.
Intanto sull’erba
Le reti stese ad asciugare.
Tace l’effimera meridiana del tempo.
Quando il buio
Spegne le inanimate cose,
Salta la carpa squamosa
Nel canneto con scroscio
Di sasso gettato nel canale.
Torna, poi, padrone
Il silenzio profumato
Di selvatica magnolia.
Da lontano s’ode
La campana del vespro;
E’ giunto il momento
Del ritorno a casa.
Come chiari colombi,
Come gocce di pioggia,
Come petali caduti
Ai bordi della piana,
Mano nella mano
Il vecchio e il bimbo
Sul sentiero ghiaioso
A muovere il foglio
Del cielo.