Avezzano – Una lettera carica di storture per l’anno che verrà. Così i ragazzi della Facoltà di Giurisprudenza, distaccamento di Avezzano, scelgono di inaugurare il 2016. Vogliono strappare una promessa al rettore di Teramo, Luciano D’Amico. Chiedono un’Università a misura di studente, dotata di tutti i servizi che, assurdamente, pagano di tasca propria oramai da anni.
Il 2016, ad Avezzano, è incominciato con l’acre odore di una tempesta di fuoco. Gli studenti della Facoltà di Giurisprudenza della città marsicana, la Peter Pan universitaria della sede che non c’è, chiedono, in una lettera indirizzata al magnifico Rettore dell’Università di Teramo, Luciano D’Amico, che il versamento delle rate universitarie successive alla prima – già pagata – sia soppresso fino a quando la situazione generale non venga riportata entro i normali limiti di decoro. Si definisce Odissea quel lungo cammino mai privo d’intoppi che, nottate insonni dopo nottate insonni, conduce, quantomeno, ad un sogno intinto nel latte del buonsenso. Ma non tutte le notti portano consiglio e non tutte le mattine hanno l’oro in bocca. A pochi passi di distanza dallo scoccare del nuovo anno, i numerosi (e arrabbiati) studenti di Giurisprudenza della sede di Avezzano – distaccamento della casa di Ateneo ‘maggiore’ di quel di Teramo, indirizzano una lettera a firma congiunta e collettiva – una specie di black list delle cose che non vanno – al magnifico Rettore teramano, per far sì che egli vi ponga rimedio.
Una serie di spiacevoli ‘incidenti’, verificatesi nella Sede di Avezzano della Facoltà di Giurisprudenza, ha spinto coloro che più ne usufruiscono quotidianamente, ossia gli studenti di Legge stessi, a cercare l’ago nel pagliaio delle maniere cortesi e pulite di fare protesta. «Da anni oramai – si legge nella missiva – la nostra Sede è alla smaniosa ricerca di una sede; da quando è stata dichiarata inagibile la struttura di Via Napoli, noi – affermano gli studenti – abbiamo affrontato un disperato cammino che ci ha portato ad essere sbalzati dapprima al Castello Orsini, dove non avevamo a disposizione nemmeno i banchi su cui scrivere, e, dappoi, all’Aula Magna dell’ex sede di Via Napoli, la quale – a quel che si dice – non è inagibile, ma solamente sprovvista dei servizi igienico-sanitari essenziali». Un’odissea moderna in piena regola, quindi, che ha, spesse volte, costretto i ragazzi a sostenere gli esami all’antipode, presso le aule messe a disposizione dal Liceo Socio-Psicopedagogico avezzanese.
Eppure, anche le storie più complicate, alla fine, riscoprono il famoso bandolo della matassa, che tutto origina e tutto conclude. Nel mondo dei giureconsulti e dei futuri mediatori civili affamati del sociale, gli avvocati, dopo varie tribolazioni, sembrava fosse stato trovato, infine, uno spiraglio di stabilità nella sede di Via Pertini, una struttura praticamente condivisa, almeno nei corridoi, con le studentesse di un corso professionale per acconciatrici ed estetiste e i ragazzi diversamente abili dell’Associazione ‘Help Handicap’ di Avezzano. «Sebbene facente parte di un panorama disagiato – affermano gli studenti – sebbene le lezioni siano state più volte interrotte da destabilizzanti interventi dei ragazzi dell’Associazione stessa, sebbene il costante rumore di phon, l’odore acre di cosmetici o la presenza stessa di lavabi in classe abbiano reso quantomeno imbarazzante studiare le discipline giuridiche in quel luogo, noi studenti abbiamo bonariamente accettato tutto questo, pur di continuare ad esercitare il nostro diritto allo studio». Eppure, per poter dire effettivamente ‘Epopea’, leggenda vuole che occorrano ancora tanti anni di duro cammino e peregrinazioni nella Marsica nostrana del diritto allo studio esercitato per aria per far sì che essa funzioni realmente. Tra il mese di gennaio e il mese di marzo 2016, infatti, gli studenti cambieranno nuovamente sede. Verranno trasferiti, questa volta, presso quattro aule libere del Liceo Classico Torlonia.
«La segreteria dell’Università, invece, – dicono gli studenti – verrà spostata, probabilmente, in alcuni uffici liberi del Palazzo Comunale». A ciò, si aggiunga, poi, una cornice di servizi universitari che, a quanto detto dagli studenti stessi, sfiora la comicità di una barzelletta trita e ritrita. «Il servizio mensa – si legge nella lettera – viene attivato sistematicamente solo alcuni mesi dopo l’inizio effettivo delle lezioni e collocato in strutture praticamente irraggiungibili a piedi. La sede, poi, non è servita da mezzi pubblici in modo regolare, con risultati imbarazzanti non solo per gli studenti, ma anche per i docenti stessi che, talvolta, sono stati costretti a chiedere uno ‘strappo’ ai ragazzi dell’Università. Nell’unica aula studio disponibile, inoltre, la scarsità di prese elettriche ne rende quasi impossibile l’utilizzo; senza contare che, gli stessi servizi igienici, sono insufficienti e condivisi tra tutti».
A fronte di questo uragano di pizzichi di realtà grossolana e quasi abbandonata a sé stessa, qual è stata la risposta dall’alto? «Solo una – spiegano i ragazzi – ossia che la gestione dei servizi per la sede di Avezzano è rimessa all’Amministrazione Comunale della città. È il Comune di Avezzano, di fatti, a sostenere tutte le spese per la nostra sede: paga l’affitto degli stabili, le bollette, il personale di servizio, gli usceri, il servizio mensa e addirittura il rimborso per la trasferta dei professori per la tratta Teramo-Avezzano-Teramo. Tutto questo comporta, ovviamente, un grande esborso a carico dell’ente locale: parliamo di diverse centinaia di migliaia di euro».
In questa triste storia, però, l’Università di Teramo, dal canto suo, continua sistematicamente ad emettere il bussolotto delle tasse universitarie in maniera quasi automatica. «Le tasse che noi versiamo regolarmente, – affermano i ragazzi – sembrano, inoltre, aumentare in modo inversamente proporzionale alla qualità della nostra propria esperienza universitaria. Quasi a contrappasso, invece, assistiamo alla crescita dell’Ateneo di Teramo nel prestigio; si spende e spande per i teramani, fino a giungere, talvolta, a veri e propri beni accessori, come i recenti tablet. Inoltre, alla ‘Tassa Universitaria’ e alla ‘Tassa ADSU’, troviamo affiancati gli importi delle iscrizioni al CUS ed al CUT, Centri dei quali, la maggior parte dei nostri studenti, ignorava addirittura l’esistenza stessa, pur pagandone, da lustri, l’iscrizione. A ciò si aggiunga, poi, il quasi totale disinteresse di alcuni docenti nei nostri confronti, i quali – spiegano – sotto l’egida della loro posizione e slegati dal controllo della Sede Centrale, spesso e volentieri, valicano il limite del buonsenso, mostrandosi irrispettosi verso la classe. Alla luce di quanto detto, – concludono i ragazzi di Giurisprudenza di Avezzano – confidiamo nel fatto che il Rettore prenda a cuore, finalmente, la nostra situazione. Sarebbe opportuno, ad esempio, adattare il pagamento universitario ai servizi realmente resi». I buoni propositi per l’anno nuovo, quindi, si riassumono in un solo assunto, che si specchia nello specchio della vita universitaria vissuta senza pensieri che esulino dal normale percorso di crescita personale. Problemi di studio sì, ma di mattoni no.