Avezzano – Questa mattina, alle ore 6, nella gremita Chiesa avezzanese di San Rocco, si è celebrata la tradizionale Festa di San Giuseppe con gli uomini della parrocchia, alla presenza del vescovo Giovanni Massaro, del parroco don Adriano Principe e del viceparroco don Andrea De Foglio. L’antica e bellissima tradizione si ripete dal 1945 quando venne inaugurata dai Padri Giuseppini che invitarono gli uomini a celebrare il precetto pasquale il giorno di San Giuseppe e a festeggiare la festa del papà.
Le parole del vescovo Giovanni Massaro: «La solennità odierna scavalca i confini del sacro, non è prerogativa della Chiesa ma investe la cultura di ogni popolo e nazione tanto da diventare la Festa del papà – ha detto il vescovo nell’omelia – Il mestiere di padre è difficile, tanto che nessuno si sente all’altezza di tale compito. Niente di strano o di preoccupante perché “padri non si nasce ma si diventa” alla scuola della vita e alla scuola di san Giuseppe che è stato un padre sempre amato dal popolo cristiano.
Ne è dimostrazione che in tutto il mondo gli sono state dedicate numerose chiese e anche noi siamo qui stamattina ad esprimere il nostro affetto genuino, semplice ma sincero verso san Giuseppe. È nota la predilezione di Papa Francesco per San Giuseppe. Qualche anno fa a Manila, ha raccontato la sua abitudine di riporre sotto la statua di san Giuseppe dormiente, che conserva nel suo studio, un foglietto con scritte le proprie preoccupazioni. Quando Gesù è cresciuto san Giuseppe ha saputo fare un passo indietro perché un padre diventa vero quando il figlio cresce e lui diminuisce.
Essere padri vuol dire introdurre il figlio all’esperienza della vita, non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo ma renderlo capace di scelte di libertà, di partenze. L’amore che vuole possedere alla fine diventa sempre pericoloso: imprigiona, soffoca, rende infelici e arriva ad uccidere, come purtroppo vediamo nei tanti episodi di femminicidio. Il mondo ha bisogno di padri non di padroni, rifiuta chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto.
Un padre vive pienamente la paternità solo quando si è reso inutile e vede che il figlio diventa autonomo, capace di camminare da solo su sentieri della vita. Se un figlio nasce dal grembo di una donna, egli cresce modellato dalle mani del padre. Volendo usare un’immagine biblica – ha concluso il vescovo – ogni figlio è argilla e ogni padre è il vasaio, cioè colui che gli dà forma».
Fonte: Diocesi di Avezzano