Avezzano – A partire dal 16 ottobre Francesco De Michelis, 29 anni, di Avezzano, si cimenterà in un tentativo di vetta, che si preannuncia tutt’altro che semplice, in cordata con uno svizzero ed un polacco, sull’Ama Dablam (6.812 mt), una delle più belle montagne dell’Himalaya.
Oggi l’Ama Dablam è classificato tra le prime cinque montagne dell’Himalaya per difficoltà tecniche, al pari di vette come il K2 e il Nanga Parbat, e presenta un percorso impegnativo a causa del dislivello complessivo, che sfiora i 2500 metri in salita, in aggiunta agli ampi tratti scoperti e alle difficoltà tecniche che richiedono ottime conoscenze di progressione su roccia, ghiaccio, e terreno misto in alta quota.
Reinhold Messner, il più grande alpinista italiano di tutti i tempi, in una recente intervista alla Gazzetta Dello Sport ha definito l’Ama Dablam come la più affascinante e misteriosa delle vette dell’Himalaya: bellissima nella sua maestosità e, secondo le credenze popolari nepalesi, dimora degli dei.
La storia alpinistica di questa incredibile montagna inizia il 13 Marzo del 1961 quando fu scalata per la prima volta dopo vari tentativi da Mike Gill (NZ), Barry Bishop (USA), Mike Ward (UK) e Wally Romanes (NZ) lungo la via Normale.
Francesco De Michelis, laureato e con un master a Londra in Financial Engineering, nel 2017 ha abbandonato la carriera in BNL per avviare un’attività di ristorazione a Roma e dedicarsi alla montagna a tempo pieno, e non è nuovo a imprese in Himalaya: nel 2016 alla prima presenza in Nepal ha aperto una nuova strada sul Cho La (5420m s.l.m.) e nel 2017 ha scalato l’Imja Tse (6189m s.l.m.).
Da inizio Ottobre si trova nella Regione dell’Everest per seguire il programma di acclimatamento e per studiare a fondo la montagna.
Perché hai scelto l’Ama Dablam? Come vivi questa nuova sfida alla montagna?
“Vorrei precisare che la mia non è una sfida alla montagna, non lo è mai stata e mai lo sarà, chi pensa di poter sfidare la montagna è sconfitto già al campo base; io credo che durante una scalata si instauri un profondo dialogo tra la montagna e l’uomo, una relazione tra un essere di passaggio su questa terra e un’entità eterna. Vivo per quegli istanti. Perché ho scelto l’Ama Dablam? Non mi crederai ma è la montagna che mi fa più paura al mondo, da piccolo guardavo in foto i suoi pendii e tremavo, questa sensazione me la sono portata dietro negli anni; ma prima o poi le paure bisogna affrontarle, è arrivato il momento”.
Oltre ai pendii molto ripidi, qual è la cosa che ti fa più paura?
“Senza dubbio il campo 3 sotto il seracco. La mia idea è quella di evitare di dormire al campo 3 e di spingere dal campo 2 alla vetta in un unico tentativo”.
Porterai l’ossigeno con te?
“No, preferisco le spedizioni leggere, senza portatori o carichi elevati, inoltre sono certo che a 7000m non ci sia bisogno di ossigeno, la “death zone” è qualche centinaio di metri più su”.
Quali sono i piani per la salita?
“Ancora non so, ad oggi non sono state montate né corde né campi alti, credo che attrezzeremo tutto noi, ad ogni modo una volta al campo base decideremo come muoverci”.
Progetti per il futuro?
“Tantissimi. Di certo ci sarà un’invernale in Islanda, sull’Hvannadalshnjúkur, la montagna più alta del paese; sono già iscritto alla Marathon des Sables in aprile, 240km nel deserto del Sahara e quasi certamente nel 2019 ci sarà il mio primo 8000; inoltre mi piacerebbe attraversare la Groenlandia in sci e un’infinità di altri progetti che non voglio dire”.
In bocca al lupo!
“Dhanyabad”