Considerando il 20 gennaio 1734 come il giorno in cui Carlo si dichiarò maggiorenne (e quindi fuori tutela), proprio da Monterotondo lanciò ai napoletani il proclama di Filippo V, che approvava pienamente l’impresa, annunciando così la sua marcia verso Napoli.
Non è facile definire esattamente l’itinerario del corteo trionfale, iniziato il 10 maggio dal nuovo re verso la capitale. Tuttavia, cinque giorni dopo giunse da Madrid l’atto ufficiale con cui il padre cedeva al figlio tutti i diritti regali sul regno appena conquistato, permettendo il 16 maggio 1734 al giovane Carlo di entrare vittorioso in Napoli a cavallo: «con un abito di ricco drappo d’oro, e d’argento». Il venticinque dello stesso mese, dopo un lungo e accanito combattimento: «rimasero perditori gli Austriaci, e fatti prigionieri anche gli stessi generali col resto della truppa» (1).
Forte di ciò, Carlo sconfisse definitivamente gli austriaci a Bitonto: il 2 gennaio 1735, assunse il titolo di re senza numerazione specifica; nel mese di luglio fu incoronato a Palermo sovrano di Sicilia e il dodici tornò a Napoli.
Al riguardo, riassume bene le vicende, lo storico Angelantonio Spagnoletti, che scrisse: «Quando nel 1734 don Carlos di Borbone, figlio di Filippo V re di Spagna e di Elisabetta Farnese, riuscì ad insediarsi a Napoli scacciandovi gli austriaci che l’avevano governata dal 1707, fu subito chiaro a tutti che quella conquista non preludeva affatto ad una ripresa del dominio spagnolo sull’Italia meridionale. Infatti, pur mantenendo – specie negli anni iniziali – forti legami con la corte di Madrid, quella che allora si affermò fu un’entità politica indipendente che, come tale, fu riconosciuta dal trattato di pace di Vienna del 1738 […] Dopo oltre due secoli di soggezione a potenze straniere (prima la Spagna e poi, per quasi ventisette anni, l’Austria), un nuovo stato indipendente si affacciava sul panorama politico italiano» (2).
Non v’è da stupirsi (come abbiamo già dimostrato in precedenza) che, dopo la venuta dell’infante di Spagna, ben undici legislazioni erano ancora in vigore in tutto il regno di Napoli e la Marsica rimase un territorio di confine ancora sottomesso ai baroni, agli ecclesiastici e pieno di privilegi sfruttati dai benestanti appartenenti al ceto signorile-clericale per benefici dovuti sia alla «Doganella d’Abruzzo» sia al «Foro della dogana di Foggia», cui ricorrevano molti per difendersi dai tribunali locali.
All’appena nominato ministro della giustizia Bernardo Tanucci (toscano) spettò il difficile compito di mettere ordine in questa complessità legislativa, affrontando direttamente gli intoccabili diritti baronali e le immunità della Chiesa.
In proposito, lo storico Pietro Colletta rende bene la descrizione di un quadro parziale delle criticità: «[…] Alla gran quantità di chierici si univano le squadre armate de’ vescovi, gli infimi impiegati alle giurisdizioni ecclesiastiche, gli esattori delle decime […] Molte rendite di doppio aspetto doppiamente pagavano al fisco, molte altre sfuggivano alle imposte; pagavano arti e mestieri, non pagavano le professioni dette nobili, come il medico, l’avvocato, il giudice, per astuzia e brighe di costoro […]» (3).
Durante questi primi anni della dinastia borbonica, il ministro Tanucci (segretario di Grazia e Giustizia) pur combattendo tenacemente simili ingiustizie, poté ben poco, anche se con «Prammatica» del 1738 tentò di togliere ai baroni alcuni importanti privilegi. Insomma, un’epoca sicuramente di riforme delle maggiori istituzioni a carattere amministrativo finanziario e giudiziario, che inaugurò un processo di modernità, osteggiato dalle prorompenti forze della borghesia lavoratrice e della classe intellettuale. In ogni modo, tuttavia, occorreva stare in guardia: di fatto non si poteva accentuare il malcontento della parte più rappresentativa dello Stato senza creare nuovi scompigli.
Più specificatamente (come abbiamo già dimostrato) nella Marsica gravavano i pesi dei potenti Colonna e degli Sforza-Cesarini Bovadilla ma, altresì, i residui di «Ducee, Marchesati, e Contee» quando già da qualche tempo i loro amministratori avevano rosicchiato parte di beni ai feudatari e al demanio comunale (4). Chiarisce la situazione di quasi tutto il regno di Napoli la studiosa Anna Maria Rao: «Molto, in effetti, dopo l’arrivo di Carlo, si discusse non solo di riforme amministrative e di epurazioni nobiliari, di fisco, tribunali, concordati e relazioni con la Chiesa, ma anche delle cerimonie e delle gerarchie da osservarsi […]», riferendosi ancora ai pesi della Chiesa che gravavano sulle proprietà e le cappellanie degli ecclesiastici locali (5).
Oltretutto, proprio in questi primi anni tumultuosi, il governo di Carlo di Borbone non fu esente da guerre, quando gli eserciti savoiardi e tedeschi invasero il regno di Napoli per fronteggiarsi con le truppe spagnole e napoletane, provocando una lunga serie di scontri e scaramucce in tutto l’Abruzzo a ridosso della frontiera pontificia. Da questi inquietanti rilievi, l’intera Marsica fu soggetta spesso a passaggio di truppe: ne troviamo traccia in alcuni rogiti del notaio Domenicantonio Gallotti. Per esempio, il 19 luglio 1744, Pietrangelo Porcari di Avezzano rilasciò un «Attestato di merito alle domande a lui rivolte da un Capitano tedesco» che inseguiva lungo la Valle Roveto alcuni soldati napoletani; mentre, il 6 aprile 1745, Clara Pronio e altri abitanti di Avezzano fecero un: «Attestato circa il combattimento svoltosi fra le truppe tedesche e quelle spagnole» nella zona (6).
NOTE
- Storia del regno di Napoli sotto la Dinastia Borbonica del Cavalier Francesco De Angelis, Avvocato napoletano, Tomo I, Nella Stamperia di Gabriele Mosino, Napoli 1817, pp.17-19. Cfr., M.Schipa, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, Napoli, 1904, passim.
- A. Spagnoletti, Storia del Regno delle Due Sicilie, Il Mulino, Bologna 1997, pp. 17-18.
- Istoria generale del reame di Napoli ovvero Stato antico, e moderno delle regioni, e luoghi, che il reame di Napoli compongono, una colle loro prime popolazioni, costumi, leggi, polizia, uomini illustri, e monarchi. Opera del Padre Abate D.Placido Troyli dell’ordine Cistercense, Patrizio della Città di Montalbano, e teologo della fedelissima Città di Napoli, Tomo IV, Parte IV, in Napoli MDCCLII, pp.78-86. Cfr., P.Colletta, Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825, Tomo I, Capolago, Tipografia e Libreria Elvetica, 1834, pp.77.
- R.Ajello, La vita politica napoletana sotto Carlo di Borbone. La fondazione e il tempo eroico della dinastia, Società Editrice Storia di Napoli», 1972, p.461 sgg.
- Corte e cerimoniale di Carlo di Borbone a Napoli, a c. di Anna Maria Rao, fedOA Press, 2020, pp.8-9. Per quanto riguarda i problemi di confini, territori, insediamenti, viabilità e comunicazioni si veda lo studio dettagliato di G.Orlandi, Il regno di Napoli nel Settecento, Parte Prima, SHCSR 44, (1996) 5-389, pp.5-124.
- U.Speranza, Segnalazioni di fonti notarili inedite per la storia della Marsica. Anni 1506-1810, L’Aquila «Deputazione Abruzzese di Storia Patria», 1972, p.66.