Negli anni in cui, Alessando Manzoni, calò la storia della proibizione coniugale al mite Don Abbondio: “quel matrimonio, non s’ha da fare”, nel piccolo villaggio di Cese dei Marsi abitava un curato di ben altra tempra, Don Cesidio, ordinato sacerdote all’età di 40 anni.
Si disse per via della burrascosa giovinezza ed una delusione amorosa da cui germogliò la redenzione al sacerdozio. Viveva, nella casa canonica, accanto alla Chiesa (1), in compagnia della madre e della sorella Veronica, una graziosa e gentile giovane educata dalle suore del convento di Santa Caterina in Avezzano.
Era molto amato dai suoi parrocchiani, ma se fra costoro si fosse contato qualche prepotente aveva egli anche buoni argomenti con l’energia della sua vigorosa ed atletica figura, nel caso in cui non fosse bastato il prestigio della sua talare. In una fredda notte d’inverno, del 1863, un gruppo di circa dodici briganti della famosa e agguerrita banda Chiavone di Sora, di passaggio a Cese, decise di trascorrere qui la notte prima di riprendere il cammino in direzione di Sora, lungo la Valle Roveto.
Si accamparono nei pressi della canonica pensando di far bottino dei beni del curato cui si rivolsero tosti intimandogli con alte grida e minacce l’apertura della porta, solidamente sbarrata. Occorre precisare che, a quel tempo, mentre l’autorità pontificia si dimostrava piuttosto solidale alla causa borbonica, favorendo anche la formazione di quelle masnade brigantesche, la legge Pica, approvata dallo Stato italiano nell’agosto di quell’anno, permetteva a qualsiasi cittadino la possibilità di passare per le armi, sedutra stante, questi briganti armati. Don Cesidio, da buon curato, pur obbediente al volere dei superiori, benché non ne condividesse in cuor suo le direttive, si trovò quella notte a dover fronteggiare l’attacco dei “bravi” briganti con in casa la madre e la giovane sorella da proteggere. Ma al contrario di don Abbondio, don Cesidio non esitò: si armò alla difesa e dalla finestrella spianò il fucile.
Era un buon tiratore ed affrontò quei “bravi” con fiero coraggio imbandendo la sparatoria contro costoro che si avvicinarono minacciosi e armati alla porta di casa per sfondarla…
Mario Di Domenico