Avezzano – Per la Fim-Cisl la settimana trascorsa è stata davvero surreale. «Le attese di tutti, sul futuro della LFoundry, sono andate ancora una volta deluse. L’Amministratore Delegato, Marcello D’Antiochia, anziché presentare un piano industriale di prospettiva e di sviluppo del sito, si è nuovamente limitato a fare l’elenco delle cose che non vanno.» Queste le parole di Antonello Tangredi.
Per il sindacato l’emergenza sanitaria, economica e sociale che investe il Paese impone un’inversione di rotta senza precedenti. «Una fabbrica con la “F” maiuscola, non può farsi trovare ancora impreparata e piena di annosi problemi. La fabbrica ha bisogno di rimanere “VIVA”, di essere condotta da un esperto timoniere e non da uno skipper da regata. Ogni sua competenza deve essere valorizzata e non mortificata con continui annunci di esuberi.»
La Fim-Cisl rimprovera all’Amministratore Delegato la riproposizione del solito refrain sulle Fab performance basse, sui tantissimi errori nella linea di produzione, sulle macchine che stanno troppo tempo ferme, sui ritardi nelle consegne, sull’incertezza del futuro a causa del calo del 25% degli ordini per i prossimi sei mesi, con le colpe attribuite sempre alle maestranze.
«Abbiamo appreso di essere stati chiamati a fare l’azienda e invitati a trovare soluzioni geniali, possibilmente a costo zero.» Queste le amare considerazioni del sindacato che ritiene tutto ciò solo l’ennesimo palliativo che non risolverà i problemi del sito, a suo dire, minato seriamente sotto il profilo industriale e occupazionale.
«L’Amministratore Delegato si assuma la responsabilità della grave situazione in cui versa lo stabilimento e si sieda con le OO. SS. per discutere e affrontare seriamente le tante problematiche che attanagliano il sito di Avezzano. La politica degli Yes Man che lui ha imposto ai supervisori, non può essere chiesta e applicata su un tavolo sindacale.» Con queste parole la FIM-CISL invita formalmente l’A.D. Marcello D’Antiochia a rivedere la sua posizione unilaterale.
La FIM-CISL, dopo averlo comunicato formalmente negli ultimi incontri, propone nuovamente un cambio turno per tutti i dipendenti addetti alla produzione, chiede lo smartworking dove possibile, chiede sicurezza, formazione e ricambio generazionale, senza ulteriori deroghe temporali.
«Alla luce della pubblicazione del disastroso bilancio 2019 che mette in evidenza tutte le carenze di un’accozzaglia di interessi di soggetti senza scrupoli che hanno affondato definitivamente, negli ultimi anni questa fabbrica, riteniamo seriamente che l’azienda sia a rischio di chiusura, se non s’interviene subito e con competenza.» Questa la chiosa del comunicato sindacale.
TerreMarsicane, a tal proposito, ha esaminato il bilancio per raccontare ai propri lettori la situazione economica finanziaria della più grande azienda della provincia, provando a superare i tecnicismi per i non addetti ai lavori. Va precisato che il bilancio di qualsiasi società riporta lo Stato Patrimoniale che misura la qualità e le dimensioni del patrimonio dell’azienda, il Conto Economico che invece racconta com’è andata l’attività durante l’anno, e la Nota Integrativa che invece illustra e chiarisce dettagliatamente la natura dei dati espressi nel bilancio.
Il primo elemento che balza agli occhi guardando il Conto Economico è la differenza fra il valore della produzione e il costo sostenuto dall’azienda per realizzare quella produzione. Nel corso del 2019 LFoundry ha speso 176 milioni di euro per ricavarne 170. In pratica ha perso soldi, però meno di quanti ne aveva persi l’anno precedente, dove la differenza fra costi e ricavi era stata negativa per oltre 12 milioni di euro.
La perdita si manifesta in un contesto nel quale al calo della produzione segue anche il calo dei costi, si tratterebbe quindi, di un generale rallentamento dell’attività, che da un lato, vede aumentare la liquidità di cassa e diminuire il magazzino, soprattutto dei prodotti finiti, oltre la diminuzione dei crediti commerciali. Dall’altro, tutto ciò, non si traduce in investimenti produttivi, altrimenti non si spiegherebbe l’aumento della liquidità.
Gli unici investimenti effettuati nel 2019 sono relativi a 1 milione di euro per il nuovo software, che va ad aggiungersi ai 2,7 già appostati nel 2018 e 5,2 milioni per l’impianto di cogenerazione. Per quanto riguarda la consistenza patrimoniale, fra capitale sociale, riserve di varia natura e utili portati a nuovo, al netto della perdita d’esercizio, viene fuori un valore di poco più di 10 milioni di euro.
Se paragonato ai 20 milioni di esposizione sul Tfr e ai 47 milioni di debiti verso i soci, stiamo parlando di un rapporto di quasi uno a sette. Un’evidente sottocapitalizzazione, facilmente risolvibile se soltanto i soci credessero di più nella loro azienda. Basterebbe trasformare i 47 milioni residui di prestito, in aumento di capitale. Forse il sindacato chiederà proprio questo all’azienda.