Avezzano – Considerazioni e spunti di riflessione quelli proposti dal Direttivo e dalla RSU Fim-Cisl ai dipendenti di LFoundry in vista del confronto con la Direzione aziendale previsto domani, nella mattinata, su iniziativa di Confindustria L’Aquila, sollecitata dallo stesso sindacato.
La Fim-Cisl si chiede, non solo quale sia la strategia industriale nel medio periodo, e in che direzione la proprietà intenda muoversi, ma chiede anche di capire per quale motivo l’azienda continui a puntare sui dispositivi power-mos nonostante la perdurante crisi dell’automotive dovuta alla penuria di semiconduttori.
Per il sindacato, puntare sui dispositivi power-mos, significa evocare uno scenario occupazionale preoccupante che non spiega quale sia il progetto che l’azienda intende perseguire nei prossimi due anni, soprattutto in relazione alle scarse risorse investite, sia in ricerca e sviluppo che nell’adeguamento degli impianti.
Altra fonte di perplessità per la Fim-Cisl sarebbe l’assenza di alleanze industriali e tecnico-scientifiche per mantenere ed ampliare quote di mercato. A questo andrebbe aggiunta la volontà di LFoundry di non avvalersi né delle risorse del PNRR, né di altre forme di finanziamento pubblico.
Sul tema occupazionale Fim-Cisl parla di “fabbrica di veterani”. Età media elevata e numero dei dipendenti costantemente in calo nel corso degli anni. Il ricorso ai lavoratori interinali, per sopperire al continuo deflusso dei lavoratori stabili, sembrerebbe essere stata, secondo il sindacato, una pratica costante, accolta con indifferenza se non addirittura incentivata, dall’azienda.
L’amara riflessione del sindacato è che se esistesse un progetto di avvenire, un’azienda orientata a realizzare i suoi progetti futuri, non consentirebbe ai suoi migliori dipendenti di andare via senza tentare di trattenerli. Ciò a quanto pare non accade.
La sicurezza è un altro argomento sensibile sul quale il sindacato non fa sconti. Secondo la Fim-Cisl, lo stabilimento di Avezzano (assoggettato alla direttiva Seveso) con i suoi 32 anni di anzianità, rappresenterebbe un sito produttivo con diversi fattori di rischio, tanto da essere catalogato fra quelli con possibilità di incidenti rilevanti.
Un incidente rilevante sarebbe la probabilità che esso si verifichi con ricadute e conseguenze sulla salute umana e sull’ambiente, anche oltre i confini che delimitano l’area dello stabilimento. Il sindacato afferma che sulla sicurezza si sta investendo poco e ciò creerebbe ansia e paura fra le maestranze.
A tal proposito viene rievocato l’episodio del black-out del 27 dicembre scorso, durante il quale il sistema di allarme non sarebbe entrato in funzione per allertare i lavoratori. La disfunzione non avrebbe permesso un efficace coordinamento nell’ambito delle operazioni di evacuazione.
Quanto alla qualità delle relazioni industriali, la Fim-Cisl boccia nettamente lo stile di comunicazione adottato dalla direzione aziendale, che sarebbe poco incline se non addirittura reticente, nel relazionarsi con le R.S.U. e R.L.S. primari organi di rappresentanza dei lavoratori.
«La R.S.U. e i R.L.S., non sono un capriccio o una concessione, ma organismi di rappresentanza frutto di 100 anni di lotte e conquiste nei luoghi di lavoro e nelle fabbriche. L’ azienda invece risponde in maniera sommaria e senza bussola, senza dare alcuna rilevanza alle istanze. Non è questo l’atteggiamento che ci si aspetta da un datore di lavoro. È ora di far sentire le voci del dissenso.»
Queste le considerazioni nette della Fim-Cisl che conclude. «Con questo comunicato la FIM-CISL e tutto il gruppo Dirigente Sindacale di fabbrica, cerca di aprire una strada di dialogo serio per evitare che chi comanda continui ad alimentare un discorso fra sordi mentre la fabbrica si spegne.»