L’Incredibile Saga dei Torlonia. Dai Monti del Forez ai Palazzi Romani. Marin Tourlonias, il figlio del mendicante

C’è’in Auvergne , alla stessa distanza da Thiers , la capitale mondiale del coltello  e da Ambert , che è celebre per essere la culla   della carta , un piccolo villaggio appollaiato tra i Monti del Forez : Augeroilles.
Cosa dire di questo luogo ? . Poche cose  . Non ha nessun monumento famoso , niente di notevole ad eccezione dei suoi paesaggi . Eppure è li che iniziò , poco piu’ di 250 anni fa , una specie di racconto delle fate , una storia degna di essere affiancata alla leggenda di Rockfeller…..
E’nel 1725 che nacque  e poi ricevette il battesimo ad Augeroilles , un fanciullo che fu chiamato Marin.
Era il figlio di Antoine Tourlonias e di Marie Cambray , una coppia di povera gente , miserabili.
Non esisteva presso quella gente nessuno piu’ ricco di Pollicino .
Il tetto sotto cui vivevano non era nemmeno loro !. Antoine non aveva un lavoro fisso . Era giornaliero , vale a dire adoperato presso l’uno o l’altro durante il periodo in cui il lavoro necessitava di un poco di piu’ di mano d’opera : il fieno , la mietitura , la raccolta delle mele .. Egli non sceglieva né i suoi giorni , ne il suo luogo di lavoro , contento quando non era disoccupato !  . Molto spesso , nel suo giro , doveva anche elesimonare il pane , ed è per questo che lo si trova iscritto come mendicante nell’elenco della parrocchia di Augeroilles.
Antoine ebbe dunque , oltre ad altri , un figlio , Marin .
Quale fu l’infanzia di quest’ultimo , quale la sua giovinezza , non si sa.
Nessuno al villaggio ha notato come è vissuto questo ragazzino , tuttavia è facile immaginarlo : un po’ di lavoro , guardare per esempio le capre e le pecore nelle famiglie in cui mancavano bambini ed anziani , molto accattonaggio e probabilmente moltissimo scippo , bracconaggio , collette.
Ci si immagina il piccolo Marin che tende le sue trappole intorno ad una siepe , le mani immerse in un ruscello per afferrare una trota ….

I funghi , le more selvatiche ed altre bacche , pernici , tordi ed altri uccelli , i conigli e le lepri , i pesci che si prendono facilmente con le mani da chi sa abbassarsi , di chi non teme i graffi dei rovi , di chi sa tendere una trappola per la quale la mano è molto rapida ed agile per afferrare una trota che si nasconda in una cavità di un masso .

Considerate che in quel tempo gli agricoltori non spargevano sui loro campi tonnellate di pesticidi ,insetticidi ed altri ….cidi che distruggono anche e soprattutto la selvaggina .
Un bel giorno , sia perché egli viveva già questa vita da bohemien , sia per motivi meno conosciuti   Marin, che aveva allora quasi venticinque anni , scomparve dal villaggio .
Non abbiamo avuto giammai ad Augeroilles sue notizie . Egli non vi è piu’ tornato .
Qualche tempo dopo , ritroviamo Marin in Italia .
Quale progresso nella sua posizione ! .Finita la povertà!. Abbandonato il bracconaggio ! Finiti gli scippi..!
E’ ora domestico di un prelato , il Cardinale Acquaviva . Che progresso in qualche anno !
Il selvaggio si è sistemato . Egli ha un lavoro fisso e nel 1752 o 1753 sposa Maria Angela , una italiana e ben presto essi hanno il primo figlio ; Jean-Raymond .
Nella sua infanzia Marin ha conosciuto la fame , il freddo , la miseria , cosicchè egli ha deciso di arricchirsi perché ai suoi figli “non manchi niente”, come si dice nel suo villaggio di Auvergne.
E’ economo , qualità eminentemente Auvergnate . Egli è coraggioso , quasi tutti gli Auvergnati lo sono .
E’ pieno di risorse , questo è proprio di molti francesi .
Cosi’ , al suo lavoro , aggiunge ben presto una seconda attività: il commercio .
Il suo affare si sviluppa rapidamente e , alla morte del Cardinale , nel 1776 , egli si trova senza impiego , apre una bottega , una specie di Bazar , nella strada piu’ grande di Roma . …

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Il vostro servitore (interlocutore) ne è un ramo .
Henri Pochon
Grazie a R. Lanciani

Da : PREROGATIVE DEL 10 APRILE 1840 di STENDHAL COLLOQUIO “STENDHAL E LA DONNA”.   13 e 14 ottobre 2006

L’INCREDIBILE SAGA DEI TORLONIA.( Dai monti del Forez ai Palazzi Romani )
(Pubblicato il 5-9-2006 in “Notizie Pubbliche “).

UN “RE DI DENARI “. GIOVANNI TORLONIA

Se i lettori di “Roma ,Napoli e Firenze”, delle “Passeggiate a Roma” e di “Vanina Vanini”, come quelli del “Conte di Montecristo “ conoscono le accoglienze fastose che Giovanni Torlonia ; “ricco banchiere molto ebreo”, “molto avaro e un po’ birbone”, a giudizio di Stendhal , donò nel suo Palazzo Venezia , senza dubbio ignorano la sua storia fantastica e quella della dinastia che egli fondò .

Gli Stendhaliani che hanno letto il breve studio di Aimè Dupuy (Il Club di Stendhal ,15 ottobre 1968 )e attraverso la corrispondenza del console , disposero ormai della corposa e piacevole opera di referenza che Henri Ponchon ha dedicato ai Torlonia , i Rorhschild di Roma , oggetto di numerosi studi in Italia , ma raramente ricordati in Francia .

Henri Pourrat ha tracciato qualche linea nel suo “Gaspard delle Montagne” al fondatore della sua stirpe ; Jean Anglade l’ha ricordato in un romanzo storico , “ Chi ti ha fatto Principe?”(1992).

Giovanni Torlonia (1754-1829) è nipote di un modestissimo mercante di tele del Forez , Antoine Tourlonias ,  figlio di Marin Tourlonias (1725-1785), nato ad Augeroilles (Puy de Dome ), che si stabili’ a Roma nel 1750 , dove egli italianizzò il suo cognome in Torlonia .

Dopo un giro necessario presso i Torlonia del Forez , famiglia di fabbri e di mercanti , H. Ponchon , emerito genealogista , tenta di ricostruire l’eclatante percorso di Marin che si sarà  dunque stabilito a Roma , al servizio di una delle conoscenze di famiglia , l’abate di Montgon , agente di Filippo V° di Spagna , il quale  ebbe severi scontri con il Cardinale di Fleury , che preferirà rifugiarsi nel Palazzo Zuccari , molto vicino a Trinità de’ Monti , dove soggiorneranno Reynolds , i Nazareni ed anche il grande Winckelman . In seguito valletto di camera ,poi mercante di sete e tessuti , Marino sposa la figlia di un emigrato francese e di un notabile tedesco .

La coppia avrà cinque figli , fra i quali Giovanni , “il famoso mercante di filo “(Stendhal), l’eroe della famiglia , che inizierà la dinastia principesca dei Torlonia , con l’aiuto di suo fratello Giuseppe .

Il commercio prospera tanto e  cosi bene che i Torlonia si danno alla banca .. Benchè Giovanni non fosse accettato immediatamente nel “giro” dei banchieri romani , egli riusci’ a far diventare la sua Casa la prima sulla piazza di Roma .

Suo figlio Alessandro gli succederà e , dal 1829 fino al 1860 , dirigerà la banca che sarà venduta nel 1869 e messa in liquidazione nel 1872 .

Il capitolo III° ripercorre la “irresistibile ascesa “ di Giovanni che seppe approfittare degli sconvolgimenti provocati dalla Rivoluzione francese ; banchiere del papato ( che lo farà marchese e dopo duca ), ma anche fornitore delle  armate della Repubblica  , approvigionatore della Repubblica romana , banchiere di tutti i Bonaparte e della nobiltà romana  , rappresentante a Roma del principe di Furstenberg ( che lo farà nobile dell’Impero nel 1794 ) , ed incaricato degli interessi della Polonia ,et.,etc..

Una tale riuscita suppone beninteso capitali disponibile ed una grande intelligenza finanziaria . La banca Torlonia sarà paragonabile a quella dei Rothschild , ma con meno apertura : per prima cosa le operazioni di cambio e l’utilizzo di capitali di origine commerciale non produttivi e dopo l’accettazione di effetti emessi in Europa dal papato . Durante i venti anni di conflitti tra la Francia e la Santa Sede , G. Torlonia sarà presente in tutte le tappe , navigando fra il papato e i governi che la Francia gli impose . Il suo nome compariva frequentemente nei dispacci francesi , in special modo in occasione dell’assassinio di Basseville , l’imprudente segretario d’ambasciata di cui Stendhal ha raccontato la fine tragica dopo Monti , e nei rapporti di Cacault , quando la Francia impose al papa l’armistizio di Bologna (1796). Giovanni diventa allora il banchiere di un papa che non ha tanto denaro per pagare il contributo per l’armistizio . Come la Francia accetta di essere pagata con forniture , notoriamente dall’alunno  …..( che nel XVI° secolo aveva fatto la fortuna dei Chigi ), egli si assicura il trasporto da Civitavecchia . Dopo il trattato di Tolentino (1797) , il nostro uomo  interviene ancora firmando numerosi assegni per il papa : egli firma anche un compromesso con la Francia . Prosegue la sua ascesa partecipando con molta abilità ed un po’ di fortuna ad operazioni sempre vantaggiose in periodo torbido : forniture per gli eserciti , approvigionamento per la città di Roma , acquisto di beni nazionali , diverse partecipazioni finanziarie (  tessiture , legno , etc.).

La banca Torlonia è una delle piu’ solide e piu’ prospere e, alla caduta della Repubblica , Giovanni si ritrova proprietario di immense tenute fra Roma ed il mare .

Il suo motto : “ Crescere a dismisura “.

 

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Michel Arrous .
Grazie a R. Lanciani


 

LE FILS DU MENDIANT

Il est en Auvergne, à égale distance de Thiers, la capitale mondiale du couteau et d’Ambert, célèbre pour être le berceau français du papier, un petit village perché dans les Monts du Forez : Augerolles.

Que dire de cet endroit ? Peu de choses. Il ne possède aucun monument réputé, rien de remarquable à part peut-être ses paysages. C’est pourtant là que commença, voici un peu plus de 250 ans, une sorte de conte de fées, une histoire digne de figurer aux côtés de la légende de Rockfeller…

C’est en 1725 que naquit, puis reçut le baptême à Augerolles un petit garçon que l’on nomma Marin. Il était le fils d’Antoine Tourlonias et de Marie Cambray, un couple de pauvres gens, de miséreux. On n’était pas plus riche chez ces gens-là que dans la famille du Petit Poucet. Le toit sous lequel ils vivaient ne leur appartenait même pas ! Antoine n’avait pas d’emploi fixe. Il était journalier, c’est à dire employé chez l’un ou chez l’autre pour les périodes où l’ouvrage nécessitait un peu plus de main d’œuvre : les foins, les moissons, la cueillette des pommes… Il ne choisissait ni ses jours, ni son lieu de travail, heureux lorsqu’il ne chômait pas !

Il devait même, plus souvent qu’à son tour, mendier son pain, et c’est ainsi qu’on le trouve inscrit comme mendiant sur les rôles de la paroisse d’Augerolles !

Antoine eut donc, outre d’autres enfants, un fils : Marin. Ce que fut l’enfance de ce dernier, ce que fut sa jeunesse, on ne le sait pas. Nul dans le village n’a noté la manière de vivre de ce gamin. Cependant, il est aisé de l’imaginer : un peu de travail, garder par exemple les chèvres et les moutons dans les familles où faisaient défaut enfants et vieillards, beaucoup de mendicité et probablement énormément de chapardages, de braconnage, de cueillette. On imagine bien le petit Marin tendant ses collets au détour d’une haie, les mains plongées dans le ruisseau pour s’emparer d’une truite… Les champignons, les mûres et autres baies, les perdrix grives et autres oiseaux, les lapins et lièvres, les poissons viennent facilement aux mains de qui sait se baisser, de qui ne craint pas la piqûre des ronces, de qui sait tendre un piège ou dont la main est assez prompte et agile pour s’emparer d’une truite qui se cache au creux d’un rocher. D’autant plus qu’en ce temps-là, les agriculteurs ne déversaient pas sur leurs champs des tonnes de pesticides, insecticides et autres …cides qui détruisent aussi et surtout le gibier.

Un beau jour, soit qu’il ait été las de cette vie de bohème, soit pour des motifs moins avouables, Marin, qui avait alors près de vingt-cinq ans, disparut du village. On n’eut jamais à Augerolles de nouvelles de lui. Jamais il n’y remit les pieds.

A quelques temps de là, on retrouve Marin Tourlonias en Italie. Quel progrès dans sa situation ! Finie la mendicité ! Abandonné le braconnage ! . Terminés les chapardages ! Il est maintenant domestique d’un prélat, le Cardinal Acquaviva. Que de chemin parcouru en quelques années ! Le sauvageon s’est rangé. Il a un travail fixe et en 1752 ou 1753, il épouse Maria-Angela, une italienne, et, très vite, ils ont un premier fils : Jean-Raymond.

Dans son enfance, Marin a connu la faim, le froid, la misère, aussi a-t-il décidé de s’enrichir pour que son fils ” ne manque pas ” comme on dit dans son village d’Auvergne. Il est économe, qualité éminemment auvergnate. Il est courageux, presque tous les Auvergnats le sont. Il est débrouillard, ce qui est propre à bien des Français. Aussi, à son travail, il ajoute très vite une deuxième activité : le commerce.

Son affaire se développe rapidement et, lorsque à la mort du cardinal, en 1776, il se trouve sans emploi, il ouvre une boutique, une sorte de bazar, dans la plus grande avenue de Rome. De plus, se sentant de plus en plus citoyen (le mot ne deviendra à la mode qu’en 1789) de Rome, et peut-être surtout pour complaire à sa clientèle de matrones italiennes, il change oh ! très peu, son nom. Il l’italianise plutôt et se fait alors appeler Marino Torlonia. Son fils Jean-Raymond travaille à ses côtés. Son commerce est florissant et s’est agrandi. Un comptoir de change et de prêt s’est ajouté au commerce d’origine. La prospérité des Torlonia est en marche lorsque Marino meurt. Nous sommes le 21 mars 1785.

Votre serviteur en est un rameau.
Privilèges du 10 avril 1840 de Stendhal
Colloque « Stendhal et la femme » 13 et 14 octobre 2006 »

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L’Incroyable Saga Des Torlonia. Des Monts Du Forez Aux Palais Romains
Published on 05/09/06 in Nouvelles publications. Closed
Une « figure à argent » : Giovanni Torlonia

Si les lecteurs de Rome, Naples et Florence, des Promenades
dans Rome et de Vanina Vanini, comme ceux du Comte de Monte-Cristo,
connaissent les réceptions fastueuses que Giovanni Torlonia, « riche
banquier fort juif », « fort avare et un peu fripon », au jugement de
Stendhal, donnait dans son palais de la place de Venise, sans doute
ignorent-ils sa fabuleuse histoire et celle de la dynastie qu’il fonda.
Les stendhaliens, qui ont lu la brève étude d’Aimé Dupuy (Stendhal
club, 15 oct. 1968) et parcouru la correspondance du consul,
disposeront désormais du solide et agréable ouvrage de référence
qu’Henri Ponchon a consacré aux
Torlonia, les Rothschild de Rome, objet de nombreuses études en
Italie, mais rarement évoqués en France : Henri Pourrrat
a consacré quelques lignes de son Gaspard des montagnes
au fondateur de la lignée ; Jean Anglade l’a évoqué dans un roman
historique, Qui t’a fait prince ? (1992). Giovanni
Torlonia (1754-1829)est le petit-fils d’un fort modeste marchand de
toiles du Forez, Antoine Tourlonias, et le fils de Marin Tourlonias
(1725-1785), né à Augerolles (Puy-de-Dôme), qui s’installa à Rome en
1750, où il italianisa son patronyme en Torlonia. Après un détour
nécessaire chez les Tourlonias du Forez, famille de forgerons et de
marchands, H. Ponchon, généalogiste émérite, tente de reconstituer
l’étonnant parcours de Marin qui se serait donc fixé à Rome, au service
d’une de ses relations familiales, l’abbé de Montgon, agent de Philippe
V d’Espagne, lequel eut de si sévères démêlés avec le cardinal de Fleury
qu’il préféra se réfugier dans le palais Zuccari, tout près de la
Trinité des Monts, où séjournèrent Reynolds, les Nazaréens, et même le
grand Winckelmann. D’abord valet de chambre puis marchand de soieries et
draperies, Marino épouse la fille d’un émigré français et d’une notable
allemande. Le couple aura quinze enfants dont Giovanni, « ce fameux
marchand de fil » (Stendhal), le héros de la famille, qui fondera la
dynastie princière des Torlonia, avec l’aide de son frère Giuseppe. Le
commerce prospère tant et si bien que les Torlonia se consacrent à la
banque. Quoique Giovanni n’ait pas été immédiatement accepté dans le
corps des banquiers romains, il réussit à faire de sa maison la première
sur la place de Rome. Son fils Alessandro lui succèdera et, de 1829
jusqu’en 1860, dirigera la banque qui sera vendue en 1869 et mise en
liquidation en 1872.

Le chapitre III retrace l’« irrésistible ascension » de Giovanni qui sut
profiter des bouleversements provoqués par la Révolution française :
banquier de la papauté (qui le fera marquis puis duc), mais aussi
fournisseur des armées de la République, approvisionneur de la
République romaine, banquier de tous les Bonaparte et de la noblesse
romaine, représentant à Rome du prince de Fürstenberg (qui le fera noble
d’Empire en 1794), et chargé des intérêts de la Pologne, etc. Une telle
réussite suppose bien évidemment des capitaux disponibles et une grande
intelligence financière. La banque Torlonia sera comparable à celle des
Rothschild, mais de moindre envergure : d’abord des opérations de change
et l’utilisation de capitaux d’origine commerciale inemployés, puis
l’acceptation d’effets émis en Europe par la papauté. Au long des vingt
années de conflits entre la France et le Saint-Siège, G. Torlonia sera
présent à toutes les étapes, naviguant entre la papauté et les
gouvernements que la France lui impose . Son nom apparaît fréquemment
dans les dépêches françaises, notamment lors de l’assassinat de
Basseville, l’imprudent secrétaire d’ambassade dont Stendhal a raconté
la fin tragique d’après Monti, et dans les rapports de Cacault quand la
France imposa au pape l’armistice de Bologne (1796). Giovanni devient
alors le banquier d’un pape qui n’a pas assez d’argent pour payer la
contribution d’armistice. Comme la France accepte d’être payée en
fournitures, de l’alun notamment
(qui avait fait la fortune des Chigi au XVIe siècle), il va en
assurer le transport par Civitavecchia. Après le traité de Tolentino
(1797), notre homme intervient encore en signant de nombreuses lettres
de change pour le pape ; il signe même un compromis avec la France. Il
poursuit son ascension en participant avec beaucoup d’habileté et un peu
de chance à des opérations toujours juteuses en période troublée :
fournitures pour les armées,
approvisionnement de la ville de Rome, achat de biens nationaux,
participations financières diverses (tissages, bois, etc.) La banque
Torlonia est une des plus solides et des plus prospères et, à la chute
de la République, Giovanni se retrouve propriétaire d’immenses domaines
entre Rome et la mer. Son principe : « Crescere a dismisura ».
A la fin du siècle, suite à l’explosion des bénéfices entre 1797
et 1800, sa fortune est faite ; il est considéré comme le plus riche
banquier de l’Italie. Il met sa bourse et son crédit au service des
cardinaux pour le conclave de1799, mais ses relations seront difficiles
avec le cardinal Consalvi, le nouveau secrétaire d’Etat nommé par Pie
VII.

Tout aussi intéressantes les pages consacrées à la vie sociale des
Torlonia, à l’éducation de leurs enfants, à leurs familiers et invités,
et même à leur lointaine parentèle : à la mort de son oncle Joseph
Tourlonias, simple voiturier d’Aubusson d’Auvergne, Giovanni Torlonia,
déjà immensément riche, réclame sa part ! Il a acheté le vaste
territoire de Roma Vecchia, ferme érigée en marquisat par le pape ; en
1803, il acquiert le duché de Bracciano, titre qu’il portera à partir de
1809 et que voyageurs et chroniqueurs mentionnent inévitablement. En
1809 également, il devient patricien romain, honneur que lui accorde Pie
VII pour services rendus : il entre donc dans la haute noblesse romaine,
aux côtés des Borghese, Colonna, Orsini. En 1814, il est fait prince
après l’achat du château et du domaine de Civitella Cesi. Sa quête
nobiliaire s’achève en 1820 par l’achat du duché de Poli et Guadagnolo.
Sur tous ces châteaux, villas, palais et tombeaux – à
Saint-Jean-de-Latran, la chapelle funéraire des Torlonia est « décorée
comme un café », (Edmond About) – il appose de très parlantes armes
composées d’un bandeau de six roses d’or sur fond bleu
parcouru par deux étoiles filantes : sic itur ad astra
aurait dit Coffe ! S’il n’est en 1810 qu’au dix-septième rang des plus
riches romains – le prince Borghese caracole en tête avec 2.605 810 écus
−, en 1820 sa fortune est évaluée à 1. 082 758 écus, dont 85% en biens
immobiliers. A sa mort il laisse un patrimoine de trente-cinq millions
d’écus ! Ses enfants et petits-enfants vont épouser les rejetons des
familles en tête de liste : par exemple, la princesse Anna Maria, unique
héritière du colossal patrimoine d’Alessandro Torlonia, épousera le
prince Giulio Borghese, lequel devra adopter
le patronyme de son épouse pour perpétuer l’illustre nom. -…

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Michel Arrous
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