Linea Roma – Pescara, per Americo Di Benedetto: “Le guerre di campanile non hanno senso, serve una visione comune per soluzioni complementari”

«Noi dobbiamo andare tutti d’accordo, ci dobbiamo dar da fare in sinergia. Se agiamo diversamente, non c’è futuro. Già la cosa è difficile, figuriamoci se la esasperiamo.»

Avezzano Recovery Plan, React-EU, Fondi FSE, Fondi FSC, una miriade di sigle e acronimi per identificare piani di finanziamento e fondi comunitari rispetto ai quali, il cittadino resta confuso, soprattutto se vengono rappresentati come fossero una sorta di lampada di Aladino, pronta a esaudire ogni desiderio, comprese le opere infrastrutturali, strategiche per l’Abruzzo.

Ne abbiamo parlato con Americo Di Benedetto, Consigliere Comunale all’Aquila, Consigliere Regionale, già Presidente e Amministratore Delegato di Gran Sasso Acque S.p.A. ma anche tecnico, dottore commercialista che ha ben chiaro quale sia il pericolo incombente sulle infrastrutture abruzzesi alla vigilia del varo del poderoso piano di investimenti, il PNRR, (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che il prossimo 30 aprile il Governo porterà a Bruxelles.

Le sortite della politica sulla direttrice Tirreno – Adriatico, sembrano una guerra fra poveri, che ne pensa?

«C’è un’opportunità che è stata costruita su canali differenti. La rete TEN-T, dubito possa essere spesa sul Recovery, perché il Recovery deve essere completato nel giro di pochi anni, e di là, le condizioni non ci sono. Però c’è lo spazio finanziario della transeuropea che è una cosa importante, e lì va fatta la battaglia, tutti insieme, su Civitavecchia, altrimenti si perde l’opportunità.»

Apparentemente sembra facile!

«Noi dell’Aquila, dobbiamo evidenziare un’esigenza, che è diversa da quella delle merci e delle persone, senza nulla togliere allo sviluppo della Marsica, ma dobbiamo farlo in una maniera intelligente. Infatti, stiamo lavorando sul finanziamento militare di quella rete, che va a di là del Recovery Plan.»  

Questo cosa vuol dire?

«Parlo di una prospettiva finanziaria differente e complementare, unita al fatto che si può agganciare Teramo, togliendo il Trasporto pubblico locale e concentrandolo tutto nell’intermodalità, sulla parte Teramo – L’Aquila.»

E sui presunti limiti tecnici relativi alle pendenze, che idea si è fatta?

«Se quella tratta, non si può fare per ragioni tecniche, non è la politica che lo deve dire, è un problema che non c’entra nulla con la politica. Non è che bisogna tifare contro. Noi dobbiamo tifare a favore. Poi se c’è troppo dislivello, se i fondi non sono disponibili, sarà premura di chi deve difendere quella linea, trovare le soluzioni, senza attaccare l’altra, altrimenti diventa un suicidio.»

Certo, il ragionamento sull’intermodalità come visione strategica per unire i territori è suggestivo.

«Noi dobbiamo andare tutti d’accordo, ci dobbiamo dar da fare in sinergia. Se agiamo diversamente, non c’è futuro. Già la cosa è difficile, figuriamoci se la esasperiamo.»

Quanto vale il protocollo d’intesa fra RFI, MIT e regioni Abruzzo e Lazio, nel contesto descritto?

«Oggi noi abbiamo il quadro di RFI con le delibere di giunta Regionali che finanziano lo studio di fattibilità. Tu sai bene che lo studio di fattibilità è una cosa. Per capire la cantierabilità, c’è bisogno di due elementi, quello finanziario innanzitutto, e poi quello tecnico. Per l’aspetto finanziario, sentiamo dire che i fondi verranno attinti dal Recovery Found e dal React EU, che sono i fondi aggiuntivi per la coesione.»

Cosa c’è che non torna in questo?

«Se noi andiamo a vedere la stesura del piano, questo prevedeva una trentina di miliardi per tutta l’Italia. La De Micheli, a proposito della Roma-Pescara, disse che una parte sarebbe stata finanziata con la riprogrammazione dei fondi. Ma cosa vuoi rivedere se abbiamo già tolto e riprogrammato i fondi, abbiamo tolto le opere strategiche sia sui FSE (fondi strutturali europei) e sui FSC (fondi per lo sviluppo e coesione)»

Questo cosa vuol dire?

«Significa che sulla nuova riprogrammazione dobbiamo rimettere quei fondi che erano stati tolti per il Coronavirus. Col bilancio sulle opere pubbliche, rispetto al quale stiamo lavorando in scostamento, dove li andiamo a riprendere i fondi?»

Qual è il rischio reale per l’Abruzzo?

«Io sono preoccupato dal fatto che anche sulla transfrontaliera, che sia Ortona o Vasto, si stia ancora discutendo. Anche lì, c’è questa bizzarria che Ortona non ha neanche un piano regolatore del porto, mentre Vasto, è l’unico porto che ha la possibilità di 12 metri di pescata della nave, il che significa che le grandi navi possono entrare, ma quelli stanno discutendo su chi debba prevalere sull’altro.»

Siamo alle solite!

«Intanto se si decide per la Civitavecchia – Ancona, l’Abruzzo resterà fuori da tutto. Quella è la battaglia da fare! Lì tu, puoi attingere a un canale di finanziamento che va oltre il discorso del Recovery Plan, e a quel punto la sfida, non è più una sfida, perché le ragioni dei territori diventano complementari.»

Al di là dello studio di fattibilità prodotto dall’intesa fra Regioni, RFI e MIT, oggi, cosa c’è di concreto?

«Oltre lo studio di fattibilità e 620 milioni, non c’è altro. Perciò è necessario andare sul percorso TEN-T, altrimenti come lo finanzi il progetto? Il Recovery ha trenta miliardi su quel capitolo, che diventeranno venti perché adesso Draghi, lo alleggerirà per investire sui giovani, perché questo paese, se non riparte dai giovani diventa un disastro.»

L’investimento sull’intera tratta vale dai 6 ai 7 miliardi di euro.

«Sette miliardi per la Roma – Pescara dove li prendiamo? Questo è il mio dubbio, perciò penso al corridoio TEN-T. Noi invece, su quest’altro versante, dobbiamo puntare sul plafond dei fondi della Difesa.»      

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