Cento Scalini.
Cento scalini per giungere al borgo
All’ombra dei monti tra inerti rocce
Vibranti al vento su rampicanti leggeri e vaganti
Col fiato spezzato a sorseggiare l’aria
Nelle soste tra gli ampi gradoni.
Ricomporre il frastuono del battito nel petto
Con pensieri di pace a sollevar dall’affanno il fiato.
Posare lo sguardo sul verde declino della selva
Come fosse sgabello remoto d’antica Dea
A immaginare il silente crescere dell’erba.
Come acrobata dai poggi fioriti e dagli angusti
Balconi sospesi nella vertigine spasimante di luce
Salire sulle stelle con l’animo smarrito di meraviglia
Per fare della casa di pietra e calce viva corolla
Di tenebre ad acciuffare con lo sguardo il vasto firmamento.
Tra le nubi insensibili e i densi fumi della nebbia in fuga
Sulla piana sconfinata tra ubertosi orti
Sfrenate fantasie al richiamo della tua voce
S’alzano in perpetuo volo tra teneri abbracci.
A noi parlano d’amore i colombi che a sera
Tornano al nido sulla crosta di latta delle grondaie
Scrostate nello stillicidio dell’umido crepuscolo.
Quante valigie son partite dai cento gradini
E quante ne sono arrivate chiuse nella miseria
E aperte alla speranza!
S’ode ancora il febbrile silenzio della lontananza.
Tra le cento scale canti di preghiera, esotici abiti, ignoti alfabeti,
Odori speziati, richiami fraterni all’umano travaglio
Hanno fatto del mio quartiere il mondo.
Col mutare del cielo che s’apre ai primi raggi del sole è
Il mio paese palcoscenico immenso di gente dalle mille razze
E da un solo cuore di pane.
Ed io nell’esule andare della fraterna famiglia
Ritrovo l’infinito fatto d’antica roccia che ebbro vaga
Nel biancore di una galassia eternamente in viaggio.