Legato al contesto sociale dell’epoca «il fascismo proclamava sempre più spesso la sua universalità e la sua missione in Europa e nel mondo e lo stesso Mussolini si accingeva ad avallare ufficialmente questa nuova parola d’ordine […] Pochi allora pensavano ad un blocco ideologico con la Germania di Hitler» (1).
A dispetto di queste indicazioni di politica estera, però, nuove opposizioni interne generarono le dure prese di posizioni del regime. In un articolo pubblicato su Il Popolo di Roma, intitolato «Essere e non apparire. Come si delinea la cospirazione dell’Azione Cattolica contro il Regime», si accusava apertamente il pontefice di aver alimentato la polemica tra fascismo e organizzazioni cattoliche. Le dichiarazioni del Papa, avevano generato immediate azioni squadriste contro le sedi e la sospensione del congresso eucaristico diocesano di Roma. In seguito (estate del 1931), fu dichiarata l’incompatibilità tra iscrizioni «all’Azione Cattolica e al Fascio». In questo clima minaccioso, le camicie nere aggredirono persino il celebre direttore d’orchestra Arturo Toscanini, che si era rifiutato di eseguire «Giovinezza e la Marcia Reale», durante l’apertura di un importante concerto tenutosi a Bologna (2).
Tra luglio e ottobre dello stesso anno, nuove leggi entrarono in vigore, quando già trentamila giovani avanguardisti, provenienti da tutta l’Italia, partecipavano a Roma «al campo Dux». Peggiori situazioni si verificarono dopo l’entrata in vigore del «Codice Penale Rocco», quando cinquecentodiciannove antifascisti furono condannati complessivamente a duemilasessantuno anni di reclusione, più una condanna a morte; di conseguenza nel mese di ottobre, venne imposto ai docenti universitari il giuramento di fedeltà al regime (18 furono licenziati per essersi rifiutati di sottoscriverlo); mentre, il Tribunale Speciale sollecitato dal pubblico ministero, condannava alla fucilazione (alla schiena) dell’anarchico Michele Schirru.
Oltretutto, il governo in piena crisi economica, lanciò dalle pagine de Il Popolo d’Italia, un appello per il prestito italiano in buoni del tesoro. Con un titolo a carattere cubitali «Forze ed Armonie», Arnaldo Mussolini, scrisse in proposito: «In un periodo di crisi e di inquietudini, abbiamo visto il Popolo risparmiatore offrire con gesto prodigo cifre vistose per la finanza dello Stato. Un tempo lo Stato era espresso solamente attraverso le tasse, le gabelle, le dogane, gli agenti dell’ordine pubblico. Oggi lo Stato è una forza organica, è l’espressione sintetica della grande famiglia nazionale, che ha le sue necessità da fronteggiare, le sue scadenze alle quali far fronte […] La partecipazione al prestito non è semplicemente, come si afferma in senso generico, un buon affare. Essa è anche, e soprattutto, un gesto di solidarietà, che va oltre le vicende contabili».
Anche tutta la Marsica, come risulta da «Il Foglio d’ordini del Partito», rispose alla sottoscrizione acquistando cinquecentomila lire di buoni del tesoro: una delegata provinciale organizzò in tal senso la raccolta in tutte quelle località dove esistevano i fasci femminili (donne che avevano compiuto il ventiduesimo anno di età e il gruppo delle giovani fasciste dai diciotto ai ventuno anni). In tutta Italia, alla fine di maggio 1931: «L’enorme successo finanziario morale e politico del Prestito Nazionale», raggiunse la notevole cifra di sei miliardi e mezzo di lire, suscitando l’entusiasmo del duce espresso nella Sala del Mappamondo a Roma, durante una riunione del sindacato degli avvocati. Il cronista di turno, ben assoggettato ai giornali del regime, affermò: «Il discorso del Duce, più volte interrotto da entusiastici applausi, è stato alla fine accolto da vibranti e prolungatissime ovazioni e da grida di Viva il Duce!» (3).
Un attivissimo e fiero propugnatore di queste iniziative fasciste, fu l’avezzanese Umberto Iatosti, affiancato dal professore Alberto Blasetti. Ambedue, durante l’inaugurazione ad Avezzano «dell’Università Popolare Marsicana» (15 maggio), spiegarono al «miglior pubblico cittadino» i nuovi concetti di etica fascista che avrebbero portato l’elevamento «dell’individuo quale mezzo per raggiungere la potenzialità della Nazione» (4). È lo stesso Blasetti che ci offre in un suo articolo il ritratto del: «Cav. Centurione Umberto Iatosti, Segretario Politico del Fascio avezzanese», che era stato incluso «Come membro nella Federazione Provinciale Fascista dell’Aquila […]». Umberto Iatosti: «il simpaticamente Umbertino dei squadristi di Marsica, sembra essere giunto all’acquisizione integrale dell’idea fascista, attraverso due travagli: il terremoto e le guerra. Dall’uno ne balzava fuori l’adolescente dalle due medaglie d’argento al valore militare e dall’altro lo squadrista della rivoluzione. Quando dal Duce giunse il comandamento di silenziare tutti i canti di marcia Jatosti, versatile come tutti gli autentici giovani nuovi, passò all’organizzazione di quella prima Centuria avezzanese della 132ª Legione Monte Velino della Milizia Volontaria S.N. E donando se stesso alla religione, taciturna ed operante della triplice schiera dei morti, il doloroso sognatore d’un tempo ricostruisce, gioia su gioia, la piccola ed adorata famigliola. Entro i primi trenta minuti di permanenza ad Avezzano dell’on. Iti Bacci, Umberto Jatosti, presidente della Sezione Combattenti, balza in primissimo piano tra i valori politici locali. Con Pietro Gazzotti, vecchia ed autentica camicia nera del piacentino, Jatosti esce dal riserbo dei laboriosi secondi piani per assumere incarichi politici della massima delicatezza. Poi … rivivono ancora nell’animo nostro e nel gran numero di fascisti e cittadini venuti a convegno di addio per Gazzotti, le parole dell’avv. Gustavo Marinucci e di Pietro Gazzotti, sparpagliate virilmente nell’onda polifonica dei canti di marcia. E nel mentre che Avezzano vede in questo suo figlio migliore un autentico rappresentante nelle alte cariche politiche della provincia, la Vecchia Guardia, i combattenti ed il popolo gli si stringono come intorno ad un simbolo. Ed il simbolo è l’immancabile resurrezione di Avezzano» (5).
NOTE
- R.De Felice, 1.Gli anni del consenso 1929-1936, cit., pp.405-406.
- Il Popolo di Roma, Serie II – Anno VII – N.127, Venerdì, 29 Maggio 1931. Anche il periodico «Lavoro Fascista», organo ufficiale del sindacalismo di regime, attaccò apertamente l’Azione Cattolica per il suo interventismo fuori luogo in campo sociale. Avanti! Giornale del Partito Socialista Italiano, Anno XXXVI – N.20 (Seconda serie), 24 Maggio 1931, Il gesto di Toscanini.
- Il Popolo d’Italia, Anno XVIII – Num.125, Mercoledì 27 Maggio 1931, Forze ed Armonie; Anno XVIII – Num.126, Giovedì 28 maggio 1931, L’enorme successo finanziario morale e politico del prestito nazionale.
- Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno IX – Roma, 17 Maggio 1931, p. 3. L’Università Popolare Marsicana inaugurata ad Avezzano.
- Ivi, Anno IX – Roma, 5 Luglio 1931, p.2. Lettere dalla Marsica. Figure nostre: Umberto Jatosti.