Avezzano – Rischia di costare cara all’assessore ai lavori pubblici Antonio Di Fabio l’improvvida condivisione, sulla sua pagina personale di Facebook, di una cartolina tutt’altro che gentile nei confronti delle donne, ree, secondo l’autore, di fare le scostumate tutto l’anno salvo poi “pretendere il principe azzurro” per il giorno di San Valentino.
Evidente l’oltraggio dei contenuti e l’inopportunità della scelta: immediati i commenti negativi, sotto al post incriminato, degli ‘amici virtuali’ dell’Assessore. Alcuni, perché la senatrice Stefania Pezzopane, intervenuta sul tema, ha stigmatizzato anche “ La mancanza di commenti critici sotto i post dell’amministratore”, sintomo secondo la Senatrice di “un atteggiamento compiacente e complice, un modo di fare da caserma”.
In particolare, Maria Lucia D’Alò ingaggia un secco e significativo scambio di fuoco con Di Fabio: ‘Grazie! Vale anche per tua madre, tua moglie, tua sorella, tua cognata e per tutte le donne che conosci!”, scrive la coriacea D’Alò. Alla replica dell’Assessore che specifica di non avere moglie, fidanzata o cognata, risponde ”Hai certamente una madre o sei nato per partogenesi?”, costringendo alla resa Di Fabio : la mamma no, proprio non la può rinnegare, e lascia cadere la discussione con l’agguerrita sociologa, per anni in forza ai Servizi sociali.
La questione approda su una testata locale del capoluogo abruzzese – il Capoluogo, appunto – che fa sapere che alla loro redazione sono stati inviati numerosi messaggi di protesta da parte del popolo del web.
L’assessore Antonio Di Fabio si affretta a cancellare e a scusarsi: “ “Ho condiviso con i miei amici di Facebook delle battute ironiche senza ombra di dubbio eccessive…Non era mia intenzione arrecare offesa alla dignità femminile. Espressioni estemporanee in un contesto di leggerezza e di scherno, non possano e non devono alterare la mia personalità e il mio comportamento usuale. Purtroppo devo riscontrare che tutto ciò è stato strumentalizzato per colpire la mia figura politica e l’amministrazione. Desidero tuttavia scusarmi se, senza alcuna volontà, ho ferito la dignità della donna o di ogni persona. Chiedo di volere accogliere le mie scuse”. Il sindaco di Avezzano, Giovanni Di Pangrazio, raggiunto telefonicamente fuori città, si dice sicuro della buona fede dell’assessore e del fatto che la frase non rappresenti l’effettivo pensiero di Di Fabio ma sia l’infelice frutto di una goliardata mal riuscita.
La tempesta perfetta non si placa e gonfia le vele – e le trombe – di tanti esponenti del mondo politico. Proprio dalle pagine del suddetto quotidiano online arrivano gli strali di donne di grande caratura politica e umana, dalla senatrice Stefania Pezzopane a Pia Locatelli, onorevole italiana, nonché presidente onorario della Internazionale Socialista Donne, alla parlamentare Paola Concia, attivista per i diritti LGBT, membro della Camera dei deputati nella XVI Legislatura, che sottolinea come sia “ inaccettabile che un membro dell’istituzione comunale di Avezzano si sia permesso di scrivere, non solo di dire, ma di mettere nero su bianco, delle offese così pesanti contro le donne. In Italia si permette qualsiasi cosa agli amministratori, che possono fare ciò che vogliono”.
Giusto furore, degno delle migliori battaglie, qual è quella per il rispetto delle donne e del rispetto del ruolo istituzionale. Peccato che certi moti d’indignazione rischino di apparire tanto poco calibrati da sembrare – ma solo ai maligni – in certi tratti tanto strumentali quanto viziati da scarsa memoria. Sarebbe stato confortante e lecito per le donne – non solo avezzanesi e marsicane, che sapranno intelligentemente misurare e trattare come conviene chiunque si rivolga loro o dica di loro in certi termini – assistere ad altrettanto rigore in altre sedi, ben più sacre di una piazza virtuale e almeno pari, ad essere equi, a quella dell’assise comunale.
In quel Parlamento, ad esempio, nel quale, solo pochi mesi fa il senatore Lucio Barani, approdato dopo diversi cambi di casacca tra le fila verdiniane, fu sospeso per soli cinque – 5 – giorni per aver mimato, in aula, un rapporto orale all’indirizzo della collega Barbara Lezzi, del Movimento Cinque Stelle. Cose mai viste pure in quel Parlamento nel quale da tempo se ne vedono di bizzarre. Ma la punizione per l’incontenibile Lucio Barani, senatore della Repubblica, fu di cinque giorni: sospeso, ma con pena ridotta anche con i voti favorevoli del Pd. Va da sé che Lucio Barani solo due anni prima veniva acclamato come relatore della regina delle leggi contro le discriminazioni sessuali proprio dal Pd. Sessista ma relatore della legge Pd contro il sessismo.
Allora: barricate in difesa delle donne sì. Sempre.
Partecipazione Popolare prende le distanze dall’assessore Antonio Di Fabio e ne chiede la testa: dimissioni subito.
Strali anche all’indirizzo delle donne della giunta Di Pangrazio. L’assessore Daniela Stati soffre il contropiede inatteso e un po’ burino e chiede chiarimenti, confermando la fiducia nella buona fede di Antonio Di Fabio. Gamba tesa ai ‘protestanti’ dall’assessore Cerone, che non ci sta e chiarisce lei, ricordando agli smemorati che la tirano per la giacca le tante battaglie passate e presenti condotte per le donne e stigmatizzando il comportamento di chi, strumentalizzando la vicenda, dimostra di fatto di non avere maggiore stima delle donne di quanta ne abbia manifestata Di Fabio. Sulla buona o cattiva fede di quelli, e di questo, ognuno valuterà, consapevolmente e criticamente, per sé.