Mafia e politica, Sciascia di scena al Caffè Letterario

Capistrello – Il Caffè Letterario Itinerante, in programma il prossimo 24 giugno alle 21.30 presso il Bar Alessia, in Via Regina Margherita 61 a Capistrello, tratterà il tema della mafia. Lo spunto alla discussione sarà fornito dal celebre romanzo di Leonardo Sciascia, “Il giorno della civetta”, un’opera letteraria in cui per la prima volta in Italia, si parla esplicitamente di mafia.

Il libro si ispira a un fatto di cronaca, l’assassinio di Accursio Miraglia, un sindacalista comunista ucciso dalla mafia che nel libro diventa Salvatore Colasberna, piccolo imprenditore di un paesino siciliano assassinato mentre sale su un autobus diretto a Palermo. Le indagini vengono affidate al Capitano Bellodi, personaggio anche questo mutuato dalla realtà, nella cui descrizione si intravvede il profilo del comandante dei Carabinieri di Agrigento Renato Candida.

Notevole la figura del Capitano Bellodi che conduce le indagini fino alla risoluzione del caso. Purtroppo gli sforzi del Capitano risulteranno vani perché la mafia non è solo una questione di lupare e coppole ma è un fenomeno molto più complesso che ha a che vedere con il potere politico economico e finanziario.

Con sorprendente capacità visionaria per quegli anni, Sciascia propone una lettura del fenomeno mafioso come forma di cultura tipica di quello che più tardi verrà definito l’antistato. Un’organizzazione occulta e ramificata che riesce a permeare le istituzioni ad ogni livello. Un’organizzazione militarmente efficiente, che conta su ingentissime risorse economiche e gode di insospettabili coperture che ne garantiscono la sopravvivenza.

Celebre la frase che Sciascia fa pronunciare al boss mafioso don Mariano Arena, durante il colloquio con il capitano Bellodi. Frase che contiene l’espressione idiomatica “quaquaraquà”. Un termine profondamente legato a quella cultura e a quel mondo mafioso che sta velocemente cambiando pelle. Gli uomini della mafia abbandonano la coppola e la lupara per vestire le giacche e le cravatte dell’alta finanza.

“……..e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezzi uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) piglianculo e i quaquaraqua. Pochissimi gli uomini; i mezzi uomini pochi, che mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezzi uomini. E invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi. E ancora più in giù: i piglianculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere con le anatre nelle pozzanghere, chè la loro vita non ha più senso e più espressione delle anatre”.

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