Marsica: le piante dimenticate

Negli ultimi decenni, con lo scopo di assicurare una migliore qualità della vita umana, si è sviluppata una politica ambientale in agricoltura verso organismi geneticamente modificati. Nel lungo percorso del progresso si è perso, in agricoltura, un patrimonio di biodiversità e produzione di qualità.

Ma ultimamente, con la ricerca del biologico, del prodotto naturale, è scattato il processo inverso e, partendo da Enti locali, Parchi regionali, associazioni e piccoli produttori, si stà cercando di valorizzare e riportare a nuova vita prodotti completamente dimenticati. Snobbati, sottovalutati, disprezzati o perfino sconosciuti: quanti aggettivi negativi hanno collezionato col passare del tempo alcuni prodotti della terra e quanta ‘memoria’, quante ‘tradizioni’, quanti valori e quanti sapori di una volta sono spariti con loro a favore di una globalizzazione e di un’evoluzione troppo mirata al minor lavoro e maggior guadagno. Spariti sia dalle nostre memorie che dalle tavole, alcuni frutti oggi considerati ‘minori’ in un tempo non lontanissimo erano preziosi perché garantivano un’ottima riserva di cibo e perché crescevano spontaneamente nelle campagne, nelle radure boschive e nei prati, regalando raccolti floridi e abbondanti.

Purtroppo con la scomparsa dei vecchi contadini di fine secolo scorso, si è persa la conoscenza. È importante ricordarne qualcuno nella speranza che la nuova generazione, attenta ed interessata a riscoprire i valori passati, li riscopra riportandoli sulle nostre tavole. E così si riprende a coltivare frutta e verdura che un tempo erano la normalità mentre oggi l’eccellenza rara. Si può iniziare questo viaggio dalla MELA TINELLA.

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All’aspetto un po’ schiacciato ai poli, di pezzatura media, , con peduncolo corto.
La buccia è di colore giallo striata di rosso scuro, con sfumature di colore bianco. La polpa è soda, croccante, di colore bianco e sapore leggermente acidulo. Molto profumata, si matura in ottobre, molto conservabile per mesi era una risorsa per le famiglie.

Altro prodotto è il GRANO MARZUOLO o TIMILIA o SARAGOLLA, un frumento che resiste bene alla siccità considerato un grano duro in via di estinzione nonostante la sua facile produttività, in quanto negli ultimi decenni poco richiesto dalla grande distribuzione, è ormai diventato un prodotto raro e pregiato.
Il periodo di semina è marzo nelle zone collinari (può essere anticipato a gennaio nelle zone marittime) per questo motivo è chiamato grano marzuolo.

Si prosegue con il POMODORO A PERA, (dalla sua forma), da sempre apprezzato per la poca presenza di semi e l’abbondante polpa che lo rendono ideale per la passata. Ha un gusto dolce e vellutato , un profumo intenso ma facilmente deperibile e non adatto al trasporto e quindi accantonato dai produttori.

Poi c’è la PESCA A TESTA ROSSA , varietà di pesca a maturazione tardiva (ottobre), con frutti medio-piccoli, buccia vellutata, profumata, succosa e dolcissima. Il nome “Testa Rosce” è legato alla caratteristica polpa di colorazione rosso scura, abbandonata perché non molto produttiva.

Continuiamo con la CICERCHIA. E’ un legume antico molto semplice e rustico, simile per forma al cece. Chiamata cicercula dai Romani e considerata un legume povero, la Cicerchia è stata, in origine e per lungo tempo, l’alimento che ha permesso ai nostri antenati di sfamarsi quando non avevano a disposizione cibi più ricchi ed elaborati. È molto robusta e di non ha bisogno di particolari trattamenti: si adatta infatti a crescere in condizioni molto difficili, su terreni poveri ed aridi, e resiste anche alle basse temperature.

Ma c’è anche la meno conosciuta ROVEJA. È un piccolo legume dal seme colorato che va dal verde scuro al marrone, grigio, simile per forma al pisello e per gusto alla fava. Cresce ancora spontaneo in montagna, anche nei prati e tra le rocce, dimostrando una naturale forza. È progenitrice del pisello comune .La sua crescita spontanea lungo le scarpate e nei prati l’ha resa protagonista dell’alimentazione di pastori e contadini insieme ad altri legumi poveri come lenticchie, cicerchie, fave, e a cereali, come orzo e farro. Oggi è poco diffusa in particolare per la sua raccolta faticosa dovuta ai lunghi steli che tendono a coricarsi a terra.

Altro prodotto raro è il FARRO MONOCOCCO o piccolo farro, un cereale con oltre 20.000 anni di storia. La pianta si distingue per una naturale resistenza a stress e malattie. La bassa necessità di concimazione la rendono adatta per coltivazioni a basso impatto ambientale. La farina che se ne estrae è una preziosa fonte di proteine vegetali e fibre.
C’è necessità di impegnarsi al recupero delle antiche piante da frutto, e con esse di tutte quelle tradizioni che rischiano di sparire per sempre .
Ma torniamo ai nostri frutti dimenticati e cerchiamo di conoscere meglio alcuni di quelli ad oggi più ignoti o comunque spariti dai banchi della frutta dei supermercati e dei mercati ortofrutticoli. Si potrebbe continuare all’infinito ma finirò con pochi altri. Senza neanche saperlo, molti potrebbero abitare vicino ad un bell’alberello di PERE o MELE COTOGNE che nell’antica città di Cydon (Creta) erano soprannominati ‘pomi d’oro’ e offerti in dono agli Dei. Fino al XVII secolo, questi frutti furono considerati un toccasana per l’azione astringente e come antidoto contro i veleni.

O di AZZERUOLE, oppure di CORNIOLE che la tradizione narra come il legno del Cavallo di Troia, così come il giavellotto con il quale Romolo tracciò i confini di Roma.
O ancora le GIUGGIOLE che la leggenda racconta sia una delle due piante che servirono a preparare la corona di spine di Gesù, o i CORBEZZOLI ai quali i Latini attribuivano poteri magici e secondo la testimonianza di Virgilio riportata nell’Eneide, sulle tombe dei defunti venivano lasciati dei ramoscelli di corbezzolo a simbolo della stima nutrita nei confronti del defunto.

O SORBI che nelle leggende europee serviva a tenere lontani gli spiriti maligni dalle case. Queste piante antiche rappresentano il nostro patrimonio storico e vale la pena tutelarle e ricominciare ad apprezzare , invece di scovare frutti esotici, estranei alla nostra tradizione. Quindi giovani produttori della nostra bella terra marsa, abbiate coraggio. Il tempo che scorre sta cancellando i ricordi, prendete rimedio prima che sia troppo tardi e riportate in vita il cibo antico che per millenni ha nutrito i nostri avi e li ha resi il grande popolo che fu.

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