Medico e cantante lirica, la doppia vita di Chiara Tarquini, nota soprano marsicana, in prima linea contro il Covid a Pescara

Ci sono storie che vanno raccontate perché esprimono la determinazione, la forza e la passione con cui certe persone si donano agli altri
Chiara Tarquini in versione Cantante Lirica e Medico

Avezzano – Avete presente quei supereroi che di giorno sembrano persone normali e di notte si travestono per salvare il mondo dai cattivi? Clark Kent e Superman, Bruce Wayne e Batman, Peter Parker e Spiderman, certo si tratta sempre di maschietti, ma in Marsica siamo differenti perché abbiamo la variante femminile.

Ci sono storie che vanno raccontate perché esprimono la determinazione, la forza e la passione con cui certe persone si donano agli altri, in ogni cosa che fanno. È il caso di Chiara Tarquini, una marsicana doc, come lei stessa tiene a sottolineare, una marsicana tosta che non si tira mai indietro. I marsicani, sono così.

Chiara è una nota soprano, che nonostante la giovane età, ha già calcato i palchi dei teatri di mezza Europa, ma è anche un medico, che ha conseguito la laurea lo scorso autunno, e che senza alcuna esitazione, in attesa della specializzazione, slittata per via della pandemia, ha deciso di arruolarsi fra i medici, in prima linea contro il Covid-19. A una persona che sul suo profilo social le diceva – Sei una persona straordinaria. – lei ha risposto – perché non conosci i miei difetti!

Sono quasi le 23.00 quando la chiamo al telefono, ed è passata poco più di un’ora, dal termine del suo turno che puntualmente sfora per via delle richieste di aiuto che non finisco mai perché a Pescara c’è un aumento dei casi, probabilmente dovuto alla così detta variante inglese. Da domenica, tutta la provincia, compresa quella di Chieti, sono zona rossa.

Chiara, com’è la situazione lì a Pescara?

Io sono un medico dell’USCA che sono queste unità speciali di continuità assistenziale che sono nate nel marzo scorso, e sono di supporto ai medici di base per le visite domiciliari. Ora siamo in piena terza ondata

Come medico USCA, da quanto tempo sei operativa?

Esattamente dal primo febbraio, dopo aver fatto un periodo di formazione, dal momento che avevo fatto richiesta per dare una mano, visto che c’era bisogno di medici per l’emergenza Covid. Sono stata inserita in struttura dopo dieci giorni che avevo fatto domanda.

Come sono state queste prime due settimane trascorse in trincea?

In questi quindici giorni io e i miei colleghi ne abbiamo viste di tutti i colori, loro stessi, che operano in USCA già dall’istituzione della stessa, mi dicono che non si aspettavano una terza ondata di questa intensità. Tanto che quando, l’altro giorno, è stata istituita la zona Rossa, ci siamo detti – era ora! –  Sarà brutto da dire, ma era proprio necessaria perché il Covid Hospital di Pescara è pieno.

Abbiamo visto a Piazza Pulita, su La7, un servizio sulla situazione ormai al limite delle strutture sanitarie di Pescara.

Si, lì c’è il professor Parruti, che è anche il docente che ci ha formati per le USCA e che sta da tempo in prima linea.   

Hai la sensazione che questa recrudescenza del virus sia più acuta di quella della scorsa primavera?

Sembrerebbe proprio di sì, il che probabilmente è dovuto anche alle così dette varianti, ma ancora non sappiamo dirlo con certezza. Almeno, non noi delle USCA che gestiamo la parte clinica. Il discorso sulle varianti riguarda più il lato microbiologico, inerente le trasformazioni del virus, che è un campo di cui si occupa chi fa ricerca, e più nello specifico, la struttura di Parruti. Noi invece, siamo medici sul fronte!

Si riescono a gestire le situazioni, tenendo i pazienti in casa, e quindi seguendo il decorso della malattia a distanza?

Le situazioni che noi andiamo a gestire, sono quelle di pazienti che hanno la febbre da più giorni, almeno 4, e che hanno una saturazione borderline, ovvero valori bassi ma non così bassi da richiedere l’intervento del pronto soccorso.

Come svolge un intervento, lo staff di una USCA?

In questo periodo siamo in strettissimo contatto con i medici di base. Riceviamo una media di cento segnalazioni al giorno, forse anche di più. I telefoni del centro squillano in continuazione e siamo tre medici per turno, ma riusciamo, seppur con grande difficoltà e sforzi notevoli, a rispondere a ogni richiesta di intervento.

Come è composta la squadra che interviene operativamente dopo aver ricevuto una richiesta di aiuto?

Una squadra è composta da uno o due medici, a seconda delle necessità del momento e del verificarsi di situazioni che spesso richiedono interventi in contemporanea in diversi punti della città, il che ci costringe a dividerci per garantire l’assistenza a tutti.

Poi come si procede?

Noi siamo allertati dal medico di base che ci segnala casi già accertati di Covid, con tanto di tampone effettuato, oppure casi che fanno ritenere quasi certo l’avvenuto contagio. A quel punto procediamo ad affettuare un’anamnesi complessiva via telefono, chiedendo di rilevare i valori di saturazione, e altri parametri come eventuale presenza di tosse e febbre. Quindi impostiamo un piano terapeutico. Nell’ipotesi in cui, parametri come quelli della saturazione sono a limite, (92 -93) allora interveniamo a domicilio per renderci conto se il paziente può essere stabilizzato a casa oppure se necessita di ricovero ospedaliero.   

Insomma, vi trovate nella scomoda posizione di decidere in brevissimo tempo, con le terapie intensive già piene, se sia più utile per il paziente, essere curato a casa, invece che in una struttura sanitaria in sofferenza.  

Esattamente, è proprio così! Ovviamente abbiamo un’agenda dove sono riportati tutti i pazienti che abbiamo in carico, con cui restiamo costantemente in contatto per seguire il decorso della loro malattia. Nei casi in cui rileviamo un peggioramento delle condizioni, allora siamo costretti a inviarlo al pronto soccorso che valuterà il ricovero in Day Hospital oppure presso il Covid Hospital.

Com’è attualmente la situazione al pronto soccorso di Pescara?

Il pronto soccorso sta letteralmente scoppiando perché non sa più come accogliere le richieste. Hanno i telefoni che squillano in continuazione, peggio dei nostri, perché molte persone spaventate chiamano direttamente senza passare per il medico di base. I casi meno gravi, gestibili dal domicilio, vengono affidati a noi dell’USCA.

Dal vostro punto di vista, voi medici al fronte, che clima respirate? Come appare la prospettiva da qui alle prossime settimane?

Le prossime settimane saranno molto intense, perché le conseguenze dell’aver istituito la zona rossa si vedranno solo dopo. Come medici non abbiamo che potuto accogliere con favore questa decisione. Eravamo arrivati a un punto in cui non sapevamo più dove mettere le mani. Ora dobbiamo aspettare che passino una quindicina di giorni per capire se c’è un’attenuazione degli effetti della pandemia. Fatto salvo varianti e ulteriori ceppi che lasciano intatte le preoccupazioni.

Come si passa la giornata lavorativa in trincea?

Il turno inizia alle 8 e dovrebbe terminare alle 20.00, dodici ore quindi, ma nella pratica arriviamo spesso alle 23 e anche alla mezzanotte.

Da marsicani, speriamo di cavarcela, visto che già abbiamo dato con la seconda ondata, anche se in questi ultimi giorni c’è un diffuso aumento dei casi in diversi centri della Marsica. Come la vedi?

Posso dirti che i miei colleghi, che hanno vissuto anche la prima fase della pandemia, mi dicono che queste giornate sono del tutto simili alla situazione della scorsa primavera, sia come intensità, che come numero delle richieste di intervento e difficoltà delle strutture sanitarie.

Quindi possiamo dire che questa terza ondata, alla fine è arrivata.

Certamente, ci siamo proprio completamente dentro. Lo ha tranquillamente affermato il professor Parruti nel primo giorno del corso di avviamento dei medici dell’USCA.

Fra i pazienti assistiti da voi, c’è qualcuno che comincia a mostrare dei miglioramenti?

Per fortuna si, diversi sono già stati dichiarati guariti, evidentemente si tratta dei casi più lievi. C’è da dire che in generale con il Covid, ognuno ha una propria sintomatologia che va, dall’asintomatico totale, ai casi più gravi.

In questa terza fase, si sono notate incidenze particolari della malattia su specifiche fasce di età, oppure è distribuita in maniera democratica?

Da che sono operativa, la fascia d’età che ricorre è quella fra i 50 e gli 80/85 anni. Però non sono rari i casi di giovani. Proprio oggi ho assistito due adolescenti di 12 e 15 anni che stanno in cura domiciliare.

Sembrerebbe che in questo momento il virus si diffonda prediligendo come veicoli di trasmissione individui fra i 3 e i 12 anni, praticamente asintomatici che diventano pericolosissimi per gli altri.

Si, si questo è vero, tanto che al Covid Hospital sono stati ricoverati alcuni trentenni e quarantenni perfettamente sani e senza patologie pregresse. A volte accade che chi viene contagiato, non avverta subito particolari sintomi ingravescenti. Questo nei primi 6/7 giorni, solo dopo, si manifesta di colpo, la malattia, in tutta la sua gravità.

Per quanto riguarda il piano vaccinazioni, come si sposa quella che è un’attività di prevenzione con questa fase di pandemia conclamata, che vede le strutture sanitarie sotto stress?

Noi non ci occupiamo di vaccinazioni, ma ti posso dire, che come medico, sono in attesa della seconda dose che farò a fine mese. Certo in questo momento, le vaccinazioni stanno coprendo per lo più il personale sanitario oltre che le fasce di popolazione più fragili.

Il prossimo concerto invece quando lo farai?

Per adesso mi trovo su un altro tipo di palcoscenico, direi di guerra, ma ho alcuni progetti nel campo della lirica che spero di portare a termine non appena saremo tornati in una situazione di normalità.   

Tanti auguri allora!

Grazie, e forza Marsica!

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