Villavallelonga, muore l’artista Luigi Eramo

Luigi Eramo con il Prof. Vittorio Ugga
Preside Scienziati Italiani per l’Etica e le Biotecnologie

Villavallelonga – Si è spento all’età di 71 anni al Policlinico Gemelli di Roma al termine di una lunga malattia Luigi Eramo. Una vita trascorsa in Abruzzo la sua, indossando la divisa del Corpo Forestale dello Stato. Un custode del Parco, ma soprattutto un poliedrico artista: scultore, pittore e persino poeta.

“Nato nell’arte quale «naif» – dice di lui lo scrittore Franco Tralli –  ma il suo impegno lo ha portato ad impadronirsi dei canoni della pittura senza peraltro abbandonare il suo stile essenziale ed autonomo e si avvale di una acuta osservazione del mondo che lo circonda. Il suo quotidiano aggirarsi fra i monti e boschi l’incontro con orsi e lupi ha contribuito perfino al suo aspetto fisico: abbronzato e barbuto, sempre sorridente e bonario, parla del suo mondo con entusiasmo, addirittura con passione e nei suoi racconti di vita vissuta riesce a farci rivivere le sue avventure quasi diuturne”.

Luigi Eramo con il prof. Gino Pastega critico d’arte

Tanti i riconoscimenti ricevuti da Eramo nel corso della sua vita. Un artista autodidatta: tra le sue opere ricordiamo la statua in pietra di San Leucio, santo protettore del paese, che accoglie i visitatori nel borgo marsicano. I funerali si celebreranno domani a Villavallelonga nella chiesa della Madonna delle Grazie.

 

 


Recensioni

“Un Forestale e la Natura”

E’ difficile parlare di un pittore e delle sue opere senza cadere nella retorica tentazione di intrecciare cornici di parole e di aggettivazioni più o meno chiare e centrare attorno ai suoi quadri, raschiandone finanche la vernice per scoprire perché ha dipinto cosi o per ritrovare e descrivere gli stati d’animo che ne accompagnarono il pennello. Luigi Eramo facilita le cose perché e un forestale e molti di noi pure lo sono. Si ha cosi la presunzione di capirlo: lui dipinge forse quello che noi stessi, se le conoscenze artistiche ed il senso artistico ce lo permettessero, vorremmo fissare su una tela scovando i modelli nella nostra memoria, nel nostro passato di uomini di montagna e di forestali, per dare forma robusta e afflato poetico soprattutto ad un sentimento che e in tutti noi, l’amore per la natura accompagnato dall’inquieta e grandiosa dolcezza dei ricordi di situazioni passate che videro noi pure presenti e protagonisti, e anche più giovani.

OLio su tela, Il Gran Sasso d’ Italia

Ma sui monti, nei luoghi dove forse fummo ragazzi felici, in quei luoghi verdi quasi non si dovrebbe mai ritornare. Negli anni ottanta quei luoghi spesso non sono più verdi e magari non esistono più. Nuove prospettive altri ideali hanno ridisegnato i paesaggi delle nostre valli, delle nostre montagne cosi, ritornandovi, con delusione seppur temprata ormai un po’ dall’indifferenza, spesso c’e il rischio di non riuscire ad individuarli. Luigi Eramo ha racchiuso nei suoi quadri le semplici immagini di questo mondo legato al montanaro, al forestale, un mondo che tanti di noi hanno conosciuto. E ha fermato scene di vita un tempo familiari nei nostri paesi; immagini rare. Se non tutti oggi le possono rivivere, si possono invece rivedere filtrate dall’ingenua poesia dei suoi quadri, seguendo le sghembe prospettive delle sue architetture paesane, i volti di Madonne del bosco e di Santi «forestali» che ci ricordano gli ex voto impolverati ma tanto freschi, che vedemmo scrutando nell’ombra di solitarie chiesette di campagna.

E rivediamo, quasi ritornandoci, la bottega di un vecchio calzolaio, rivediamo le sagome scure di pastori sfuocate dai fiocchi di neve, l’occhio indagatore e vero del montanaro che ci osserva un po’ sospettoso e tanti animali dalle forme incerte: ma e cosi che li intuisci nella foresta. Ne la flora dipinta da Eramo e quella precisa e perduta negli angoli dei fiamminghi o indaffarata a festeggiare Madonne. E invece quella macchia di colore che anche noi ricordiamo chiudendo gli occhi, concentrando forme e contenuti, dopo aver guardato un prato, un albero e la sua chioma, un paesaggio e le sue dolcissime pieghe. Eramo ci trasporta cosi di quadro in quadro in quei «luoghi verdi», fissati dai nostri ricordi, dove forse non vorremmo più tornare per evitare l’ansia di non ritrovarli. I dipinti di Eramo, osservati senza questa ansietà, riescono persino ad aumentare di intensità poetica se, soprattutto da montanari, da forestali, si chiede loro il massimo per evocare, ricordare, un po’ sognare. E il trionfo della fissazione, della suggestione! Diventano più grandi, crescono di tono, si infilano esattamente dove uno vuole che stiano nei suoi ricordi.

ALFONSO ALESSANDRINI

Luigi Eramo viene solitamente qualificato pittore naif… e appunto in direzione dell’ingenuo e del primitivo che si esprime al meglio. Ciò non implica naturalmente che debbano essere sottovalutate certe prove dov’egli va verso ardimenti e soluzioni non ad ogni costo primitivi, come in taluni dei paesaggi più impegnativi, dove peraltro dimostra capacita di fare propri i canoni dell’arte, senza trascurare il proprio stile.

Resta pero che, almeno fino ad oggi, vadano considerate maggiormente persuasive le prove rese all’insegna della “naivete” di cui si parlava: come certi interni di paese dal disegno accurato, dalla prospettiva suggestivamente sghemba o comunque irregolare e dai colori grigiastri, ma caldi e sfumati. L’accuratezza del disegno e evidente anche nelle litografie che sono forse le cose più poetiche. Strettamente affini, nello stile, alle litografie sono i bassorilievi, che comportano pero minore immediatezza e in sostanza minore freschezza… 28-12-1984

MARIO POMILIO

II segreto del giovane pittore e incisore Luigi Eramo sta nel suo amore per la natura che lo attrae e gli fa decidere a lasciare il mestiere del meccanico per arruolarsi a 20 anni nel Corpo delle Guardie Forestali. Questo gli consente di vivere all’aria aperta e di trascorrere le sue giornate nella esplorazione dei vasti boschi, delle grandiose montagne, nella contemplazione delle estese pianure e nello studio della ricca fauna in terra d’Abruzzo.

Egli osserva estatico tutti gli aspetti della natura che lo circonda e li affida alla memoria per poi riportarli sulla carta o sulla tela, senza trascurare alcun particolare; ma con fervida fantasia e candida ingenuità si compiace riprodurli con segno minuzioso e tuttavia spontaneo che impreziosisce tutta la composizione. Cosi alberi, case, montagne, animali e vasti orizzonti vengono da lui rappresentati come una realtà che non e più reale, ma a volte vera poesia e allora si rivela vero artista.

  PADRE ANDREA MARTINI

Luigi Eramo e un guardiano della natura. Luigi Eramo e anche un pittore. Mi piace parlare di questa doppia possibilità di enunciazione. Di un uomo, del suo lavoro – importante e durissimo. Ma anche di un uomo che traduce in immagini 1’esperienza della sua vita, e delle vita che lo circonda. Perché l’esperienza di un pittore oggi e regolarmente distante, separata, inaccessibile: un linguaggio riservato, che trasmette senza comunicare; e, soprattutto, una vita sommersa che non affiora mai, mascherata in comportamenti previsti, scissa, drammaticamente, dal1’immagine.

Eramo, intanto, ricompone per se un’identità piena e diversa, che non si lascia inchiodare da un’etichetta classificante: proprio perché le due qualifiche, ufficialmente legittime (e anzi inevitabili) nella società fondata sulla divisione del lavoro e la distinzione delle competenze svaniscono nella sua unica, compatta, forse utopistica esperienza, che riconvoca insieme realtà e rappresentazione, sciogliendo il contrasto del lavoro con quel tempo libero, non prescritto e irregimentato, che un filosofo oggi fuori moda chiamava tempo di vita. Accantonata allora – per temperamento ed intenzione – questa terribile scissione del nostro tempo, nascono immagini di valore genuinamente ecologico, robuste, senza fragori, dirette senza proclami. L’approccio naturalistico di Eramo ha per connotati, e per strumenti, lo sguardo acuto e il silenzio discreto: lo stupore e il pudore. Il pittore-guardiano rigetta la menzogna dell’idillio.

Conosce temibili tramonti e aurore rassicuranti, l’affanno della foresta e il respiro della valle, l’agguato del falco e la tenerezza dell’orsa. Conosce anche – e non dimentica mai – i duri percorsi di uomini marginali, dignitosi e severi, segnati nella mappa intricata e legibilissima dei loro volti, o dei muri delle loro case. E attraversa quei percorsi, che sono i suoi, con la dolcezza totale del rispetto e l’attenta senerità della consapevolezza.

    AUGUSTO GENTILI

Olio su tela, Maiella Madre

Luigi Eramo, senza togliere nulla all’arte, da ciò che di buono ogni artista che si rispetti da ciò che si può dare, come testimonianza del proprio tempo. Sontuose rappresentazione di grandi spazi verdi, quali i boschi e le valli che Eramo come forestale, conosce bene, come altrettanto bene conosce alberi, orsi, lupi, cervi, scoiattoli e poi ancora mucche, muli, pecore, capretti, ecc. che popolano i suoi quadri, che con genuina maestria di colori e di tecnica di ricerca del realismo rappresenta scene di vita. Doti che fanno di Luigi Eramo un’artista che si distingue da quella schiera di pittori del suo tempo, anche per il modo di essere artista. Eramo, ha ancora molto da dare, ma soprattutto tanta Poesia. 10-10-1985

   MANLIO SARRA

La sincerità e come l’eco: risponde sempre. Luigi Eramo e un artista schietto. La sua natura e sempre viva. I colori puri. Stupendi bianchi dei ciotolati. Il bianco e la “spia” dei veri Artisti. Giugno ’85

     GIORGIO PILLON

Nella grande zona del «favolistico», c’e una fascia di artisti che prediligono rappresentazioni sontuose e oniriche: forse un po’ ai limiti della naivete, ma sicuramente d’effetto visivo (ricchezza dei colori, impaginazioni ardue, sovrapposizioni iconiche). Io credo che una tale pittura (come quella di Luigi Eramo) non tramonti mai perché la poesia e necessaria, oggi più che mai, per sopravvivere all’era dell’elettronica, da uomini e non da macchine.

FRANCO TRALLI

Luigi Eramo e un “custode del Parco Nazionale d’Abruzzo”, ma egli e soprattutto un artista… Il suo quotidiano aggirarsi fra i monti e boschi, l’incontro con orsi e lupi ha contribuito perfino al suo aspetto fisico: abbronzato e barbuto, sempre sorridente e bonario, parla del suo mondo con entusiasmo, addirittura con passione e nei suoi racconti di vita vissuta riesce a farci rivivere le sue avventure quasi diuturne. Luigi Eramo e nato nell’arte quale «naif», ma il suo impegno lo ha portato ad impadronirsi dei canoni della pittura senza peraltro abbandonare il suo stile essenziale ed autonomo e si avvale di una acuta osservazione del mondo che lo circonda…. Molto interessanti gli acquarelli per la sintesi grafica e la vivezza cromatica.

 ATTILIO FRESCHI

Luigi Eramo e un pittore che critica ogni forma di violenza, sull’uomo e sulla natura, attraverso opere dalla costruzione semplice e dall’atmosfera poetica, fresca ed ariosa. Utilizzando colori chiari e brillanti, pennellate rapide ed armoniose, Eramo dipinge la mitica storia di un luogo felice dove 1’unica preoccupazione dei cervi e quella di contendersi una femmina e quella dei cavalli di pascolare. La sua pittura e un omaggio alla terra in cui vive e in cui lavora. Guardando alla favola della vita nelle opere di Eramo viene spontaneo chiedersi perché l’uomo talvolta agisce cosi dissennatamente da deturpare volontariamente le bellezze naturali e gli aspetti più interessanti del mondo fisico e biologico…. Il merito più grande di questo artista e quello di riuscire a tradurre le sue preoccupazioni intellettuali in immagini semplici e chiare comprensibili a tutti….

  ANNA IOZZINO RUOCCO

Quella di Luigi Eramo e una pittura semplice e naturalistica. Cieli aperti, colori freschi e luminosi, scorci che rimangono necessariamente ad un tempo non molto remoto e pur cosi distante dalla consueta vita dei nostri giorni. Eramo trae spunto dalle cose che osserva, dall’ambiente in cui si muove: alberi, agglomerati di case antiche con piante disseminate in ogni dove, presenze umane connotate da qualità semplici. Luigi Eramo si sottrae ad ogni suggestione di scuola, essendo un autodidatta, e per questo appare nelle sue proposte semplice e immediato. La semplicità quindi, come qualità essenziale del suo modo di esprimere il rapporto con l’ambiente e la natura. Che, in definitiva, costituisce un recupero pieno e totale di un’antica felicita, libera e spontanea, quale forse si coglieva nelle profondità delle nostre foreste, nelle rapide discese dei torrenti montani, nei discreti e solitari vicoli di paese, rappresentati dall’artista con quell’ingenua padronanza dei mezzi, cosi evidente e perciò accattivante.

LIONELLO FARINACCI

Luigi Eramo e uno dei «maestri popolari della realtà», che opera isolatamente mosso solo dal suo passionale impulso espressivo. La sua pittura ritorna alla propria terra, dalle strade del paese ai «tratturi» dei boschi, dalla violenza sull’ambiente a quella sull’uomo, dai solenni lavori dei campi agli umili mestieri artigianali…. Sembra una pittura facile, ma nella forza dei contorni e dei colori (forse in qualche caso troppo violenti), esso ci presenta la verità nuda e cruda che trascende 1’aspetto particolare e diventa una denuncia per tutto ciò che intorno ci dice violenza, inquinamento, sopraffazione e peccato. Luigi Eramo e questa personalità netta, leale, genuina, vorrei dire «acqua e sapone» che si interroga e ci interroga su tutto ciò che prima di inquinare l’ambiente contamina l’uomo.

MICHELE MORGANI

Luigi Eramo pittore estremamente sensibile… artista che non segue le mode facili e banali… giovane senza titoli accademici che si cimenta giorno per giorno alla modellazione delle figure umane profondendovi energie che lo sforzo passionale autentico non fa di lui l’arrivato ma il ricercatore di una personale maturità artistica. Una vocazione all’arte del dipingere nata lentamente ed esplosa nella concezione reale delle cose informate e personalizzate da mani di artista. Luigi Eramo si e scoperto da solo, convinto di possedere un talento da far fruttare…. Nella breve storia della pittura di Eramo esiste veramente questa ricerca e anche la sua conquista. Un punto di partenza obiettivo e sicuro: l’esperienza umana vissuta interiormente e trasfusa passionalmente alla tela. Chi osserva i suoi dipinti si sente preso entro l’incantesimo di un mondo nel quale, il nostro mondo reale e sempre presente, ma in modo diverso,più nobile come può essere una creazione commossa di un’opera d’arte.

In Luigi Eramo emerge una squisita semplicità nella forma unita a un vigore della modellazione che sempre raggiunge livelli di un astrattismo puro…. Nello stile di Eramo c’e tanta poesia…. C’e un linguaggio chiaro, lineare, semplice a vedersi ma tanto difficile da realizzare. Ogni sua opera e un insieme di analisi di ambienti ben studiati, ben inseriti, tanto da formare un tutt’uno in perfetta sintonia con la scena rappresentata. Ogni cosa esprime il massimo di se stessa e diversamente, o meglio non poteva essere realizzata. Le opere di Eramo sono un insieme di tanti armonici particolari nei quali si legge un po’ di nostalgia e un qualcosa di velato misterioso come se facesse parte di un indimenticabile passato.

 AMERICO ROBERTI

Luigi Eramo e uomo di montagna, della montagna abruzzese. Egli dipinge del suo mondo ciò che vede, che ricorda e che sente. Eramo da tempo fa il forestale, un mestiere che gli permette di essere vicino a ciò che ritrae, un lavoro apparentemente “interessante e sano”, carico tuttavia di tensione psicologica per le molte incongruenze e antinomie del servizio. Pure Eramo riesce a partorire la sua arte, ricca, genuina e semplice.ciò presuppone una notevole capacita di astrazione e non e cosa da poco. Eramo rappresenta i motivi culturali e storici dell’Abruzzo di sempre e pero dell’Abruzzo antico e aspro: i greggi e i pastori, il lupo e l’orso, le scene di caccia, la neve, i boschi, i sassi, i vicoli dei paesi con le cataste di tronchi di faggio, i lavori stagionali dei campi con i suoi personaggi carichi di fatica. Fanno da sfondo le montagne che parlano di pace e di infinito,più che masse orografiche sono “elementi simbolici e tutelari” che proteggono e guidano, una dimensione che ogni abruzzese ha viva nel proprio io anche quando e costretto a scendere nelle pianure metropolitane.

L’abruzzese e forse l’individuo che più ha il senso della tradizione e della nostalgia: la transumanza prima, l’emigrazione e 1’inurbamento poi, con la lontananza degli elementi base della sua cultura, hanno acceso ancor più il legame alla propria terra ed essa, anche quando 1’ambiente si trasforma e i rapporti di spazio e tempo mutano, viene ricordata e rivissuta idealmente senza gli elementi di disturbo. Ed Eramo bene esprime questa rievocazione, senza troppe sfumature, con una vis fanciullesca ingenua perciò autentica. Quello che colpisce in Eramo sono i toni forti, decisi, netti. La neve, l’alba, i meriggi, le notti, i prati di primavera, il verde dei boschi, i gialli e i rossi autunnali sono i colori accesi della montagna e della sua scenografia che non ammettono chiaroscuri. Di questi colori della terra Eramo tinge la sua gente con le sue cose e risulta un impatto incisivo quasi violento, spesso emotivo.

GIULIANO CASTIGLIA


Poesie

Tratte dal libro “Il mistero del tempo”

IL RUSCELLO

Chissà come viscere e tenebre
chissà quando
liberarono quest’incanto,
dove nelle notti racchiuse da tenebre,
si specchiano le stelle e donano riflessi di luci
dove in te alle luci
del giorno si cullano le ombre,
chissà quando
liberarono quest’incanto.

Ora scorri lento, scorri
su letto argilloso di limo
ora scorri, ora scorri,
volteggi, saltelli, serpeggi,
con palpiti repentini
scendi verso i tini
che dal ribollire di grappoli schiumosi
giungono sciacquii graziosi,
su lenzuolo verde muscoso
tutto di te e grazioso.

Come per incantesimo
chiami a te gli amanti
che conduci a valle
leggeri in un volo di farfalle
e odono i tuoi canti, i tuoi gorgheggi
e godono frescura di nubi bianche sfarinate
al salto cupo delle cascate.

Godono le foglie che danzano leggere
nel cullare veloce dell’onde,
si lavano i massi
rotolano i sassi
al correre dell’onde,
che scroscianti e leggere
rubano gl’incanti
e strappano pensieri agli accorsi amanti.

Ne vocar d’organi e strumenti
hanno comparamenti
ai sublimi canti
del dirupo saltello
del lungo ruscello
che al terreno vivere chiamati
sono gl’innocenti.

*****

L’oscurità,
luce e nella notte.

All’orbo,
un tarlo gli rode dentro.

L’essere, fiore
fra i giusti.

Via t’addita e dona la vita.

(L ‘oscurita e luce)

ODI IL SILENZIO

Adagiando supino riposa
su lettiera seccagginosa,
odi il canto della pace prosperosa
della natura graziosa,
volgi lo sguardo tra fronde sfiorate da raggi di sole,
sfiorate da raggi di sole
che t’accarezzano la fronte
aggrondata e rugosa che si distende,
odi in silenzio il vento,
è sempre lo stesso di un tempo,
spazia nell’aria per monti
per valli, dai mari ai piani,
vagan con lui nubi e tormenti
mutano colori e stagioni
ma l’agro odor di terriccio
porta pian piano
seco uno strano capriccio!
Perché! non restar giovani?
Come il tempo,
come il vento,
come l’odore di quest’agro terriccio,
per dar loro occhi
e orecchi
che racchiudano si, cimeli nel riccio.

L’UNICA NUDA VERITA’

L’unica nuda verità
è nel preludio sereno
di un giorno.

Ti inerpichi con mani
e piedi al mondo,
alla ricerca di cose vane,
ma stanco a sera
un tornado di buio
ti coglie t’avvolge
rivelando con nota
colma di graziosità
l’unica nuda verità.

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