Pescasseroli – “In questi drammatici giorni, abbiamo fatto il possibile per darvi tutti gli aggiornamenti del caso pur consapevoli che un post o in un comunicato (che per farlo leggere a tutti deve essere anche corto) non può assolutamente spiegare cosa c’è dietro ad ogni termine usato o perché in corso d’opera, fatte alcune valutazioni, sì decide di comportarsi in un modo, anziché in un altro”. Lo scrive il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
“Vi diciamo subito che per ovvie ragioni, questo post non può essere corto; quindi, chi sa già tutto può evitare di leggerlo, anche perché ci è capitato di imbatterci in commenti in cui, più di qualcuno, sa addirittura già cosa accadrà e cosa dirà il Parco in merito; quindi, a maggior ragione per questi ultimi è veramente inutile perdere tempo a leggere.
Dopo la morte di Amarena l’attenzione del Parco è passata ai cuccioli e a come fare per assicurargli un futuro da ORSI LIBERI. Ovviamente anche l’attenzione mediatica è passata sui cuccioli e sulla loro sopravvivenza.
Nei prossimi giorni affronteremo anche cosa sta emergendo dalla necroscopia, ma per inquadrare meglio cosa e successo quella terribile notte della morte di Amarena è bene conoscere anche cosa dirà la perizia balistica. Ricordiamo a tutti che il Parco non è il titolare delle indagini.
In un primo momento si era pensato di catturare i cuccioli perché per ben due giorni, molto probabilmente spaventati e cercando la mamma, hanno continuato a rimanere nella zona di San Benedetto dei Marsi e quindi, essendo la zona piena di possibili pericoli si era pensato che la cosa migliore da fare fosse catturarli per riportarli nel Parco. Quindi la scelta iniziale della cattura era “il male minore” perché sull’altra parte della bilancia pendeva il fatto che poteva succedergli qualcosa di grave, in un territorio umano non proprio adatto a due cuccioli di orsi, soprattutto se da soli.
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Gli orsi sono animali selvatici e soprattutto nei cuccioli è bene che le manipolazioni, da parte degli uomini, avvengano il meno possibile per evitare abituazione. Catturali significa vicinanza alle persone, anche solo in termini di odore e questo rafforzerebbe quello che mamma Amarena aveva iniziato (cioè, la mancanza di diffidenza verso l’uomo). Nel momento in cui ci si è accorti che, da soli, si erano spostati dal Fucino ed erano tornati nei confini del Parco, un’area naturale idonea e tranquilla, la scelta è stata quella di continuare a monitorarli ma di lasciarli provare, soprattutto perché sono in due, a vivere in libertà, rispettando la loro natura di animali selvatici.
Quindi, le scelte che si fanno, seguono delle logiche scientifiche, razionali e mirate a fare sempre il bene degli orsi. Nei prossimi giorni, se ci accorgeremo di qualcosa che non va, gli interventi cambieranno ulteriormente.
Qualcuno ha addirittura chiesto che vengano messi in cattività per evitargli qualsiasi problema. Troviamo questa soluzione non solo irresponsabile ma eticamente inutile per una popolazione come quella dell’orso marsicano. Questi cuccioli hanno circa 8 mesi, una età, se parliamo di orsi, a cavallo tra l’essere quasi indipendente ed essere ancora un cucciolo e questo rende il tutto ancora più complesso. Quello che dobbiamo sperare, essendo ben consapevoli che il 50% di cuccioli di orsi, anche con la mamma non supera il primo anno di vita (e questo lo scriviamo da 8 anni sul Rapporto Orso perché accade in tutte le popolazioni usine nel mondo), che riescano a superare indenni, proprio questo primo anno di vita.
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Come abbiamo appena detto manipolarli, catturandoli, tenendoli un po’ in cattività per farli aumentare di peso, per poi rimetterli comunque in libertà, anche ora che stanno provando a cavarsela da soli, comporta un ulteriore serie di problemi che si sommerebbero a quelli che già esistono in natura per i cuccioli, al primo anno di vita. Se saranno invece in grado di farcela, potranno fornire il loro patrimonio genetico alla popolazione di orsi e il sacrificio della loro mamma non sarà andato perso. Ovvio che noi stiamo continuando a monitorarli ogni giorno. Se invece per evitargli qualsiasi possibile pericolo, come alcuni ci stanno chiedendo, li condanniamo ad una vita in cattività catturandoli e mettendoli in gabbia, servirà solo a noi umani per mettere a tacere le nostre coscienze pensando che sono vivi, ma la cattività non aiuterà, in termini genetici, la popolazione di orsi marsicani e li condannerà ad una vita che nessun animale selvatico vorrebbe.
È doveroso visto che stiamo dando informazioni puntuali sul nostro operato e anche su quello che ad alcuni è sembrato un controsenso richiamare l’attenzione di tutti ad un altro paio di riflessioni:
- Amarena, così come Juan Carrito sono stati tra gli orsi più famosi del Parco che hanno avuto la capacità, da una parte, di portare al grande pubblico, il tema della conservazione dell’orso bruno marsicano che senza questi due testimoni sembrava esistesse solo per gli addetti ai lavori e qualche appassionato, ma dall’altra parte hanno polarizzato tutta la discussione sui singoli individui, facendo perdere completamente il quadro generale della complessità di conservare una specie così emblematica che ha bisogno di conoscenze e impegno da parte di Enti e cittadini volenterosi e in grado di fare scelte anche difficili e controcorrente per permettere, agli orsi di espandersi e ricolonizzare quei territori dell’Appennino che diverse centinaia di anni fa utilizzavano.
- A nulla sono valsi tutti i nostri appelli degli ultimi anni, che chi vuole può rileggere sui nostri social, quando abbiamo chiesto a tutti (curiosi, locali, fotografi, turisti, guide) di fare un passo indietro e di non postare, inseguire, fotografare e fare video di questi orsi confidenti (soprattutto rispetto proprio ad Amarena e Juan Carrito) in modo da non attrarre sempre tante persone nei luoghi di passaggio (spesso dentro i paesi) di questi orsi. Amarena prima (solo perché era più anziana), e Juan Carrito poi, sono stati vittima di una pressione umana, NEUTRALE, infinita. Entrambi hanno percepito le tante persone intorno a loro, per giorni e mesi come persone “buone” cioè che non gli avrebbero fatto mai nulla. Questo è vero, ma come poteva Amarena, abituata a questa neutralità, capire invece, vedendo colui che poi l’ha sparata, che non era uno “buono”?
Quando diciamo che per il loro bene gli orsi DEVONO continuare a temerci è esattamente questo il motivo; loro non sono in grado di capire chi li ama dà chi li odia. Questa però, lo capiamo bene, è una riflessione profonda ed etica che cozza con il “mondo social” che abbiamo costruito.
Detto questo, il Parco segue una strategia dettata dalla scienza che per sua natura è adattativa, visto che ci confrontiamo sempre con i maggiori esperti di orso nel mondo. Biologi, veterinari, guardiaparco e tutte le altre persone che nel Parco lavorano per gli orsi, sono professionisti che seguono questi animali da più di 30 anni, durante il giorno e anche durante molte notti, agendo secondo protocolli operativi approvati dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e dall’ISPRA, con cui il confronto è continuo.
Le decisioni gestionali che siamo tenuti a prendere non sono affatto facili esattamente per la complessità degli ecosistemi naturali e le variabilità in gioco che abbiamo appena spiegato, ma non ci siamo mai tirati indietro, consci della responsabilità che abbiamo in carico. Abbiamo sempre comunicato con trasparenza, tempestività e scientificità tutto quello che abbiamo fatto, anche quando le decisioni potevano risultare impopolari proprio perché la semplificazione di ciò che è complesso non può e non deve appartenerci.
Continueremo a comunicare in questo modo per rispetto dei tanti che hanno deciso di non dare fiato alle trombe ma di leggere, informarsi, approfondire e farsi un pensiero critico, su basi solide. Vi continueremo a tenere aggiornati sui cuccioli, ben consci ora, che chi vuole comprendere ha più elementi per farlo” .