Abruzzo – Oggi è il giorno della sentenza per la tragedia di Rigopiano avvenuta, come tutti ricordiamo, il 18 gennaio del 2017. La storia processuale è stata lunga e articolata e ha visto 15 rinvii e il trascorrere di ben 1.318 giorni dalla prima udienza. Oggi si conclude il processo di primo grado e, secondo le anticipazioni, la sentenza dovrebbe arrivare nel pomeriggio.
Le persone imputate, in tutto, sono 30. Per lo più amministratori, funzionari pubblici ma anche il gestore e il proprietario dell’albergo Rigopiano-Gran Sasso Resort, nel Comune di Farindola. Gli imputati, che hanno chiesto tutti di essere giudicati con il rito abbreviato, sono accusati, a vario titolo, di reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.
Sono stati chiesti 12 anni per l’ex prefetto Francesco Provolo mentre per il Sindaco di Farindola in carica all’epoca della tragedia, Ilario Lacchetta, il PM ha chiesto 11 anni e 4 mesi. Per Bruno Di Tommaso, il gestore della struttura ricettiva, chiesti 7 anni e 8 mesi. Per il depistaggio in Prefettura, chiesti 2 anni e 8 mesi per Daniela Acquaviva e Giulia Pontrandolfo e 2 anni per Giancarlo Verzella.
Da parte loro, i parenti delle 29 vittime, esprimono tutta la loro amarezza in attesa di quanto verrà deciso in aula. E ricordano le voci delle 40 persone bloccate nell’albergo. Il loro messaggio è duro, ma comprensibile: “i 29 di Rigopiano sono morti da prigionieri. E la cosa più terribile, è che sono morti consapevoli di essere prigionieri. Senza scampo, condannati. Da prigionieri hanno implorato di essere liberati. Da prigionieri hanno pianto, gridato, maledetto, sperato. Pregato. Ma da quell’albergo sotto alla montagna, blindato da un muro di neve che superficialità e burocrazia avevano alzato nella notte sbarrando a tutti la strada di casa, dei 40 che c’erano, solo 11 sono riusciti vivi.
Eppure, quanto avevano gridato. Per tutto il giorno, per tutto quel maledetto mercoledì, dall’alba fino a pochi secondi prima della valanga piombata sull’hotel alle 16,49, i messaggi Whatsapp di ospiti e dipendenti della struttura si rincorrono e si sovrappongono. E tutti con la stessa richiesta: veniteci a liberare, c’è il terremoto, la montagna trema, abbiamo paura“.