Opi – Il settimanale del Gruppo giornalistico ed agricolo di attualità politica, economica e tecnica, per l’agricoltore, dal titolo “TERRA E VITA” al n. 21 del 22-29 Maggio 1976, in una visita al PARCO NAZIONALE D’ABRUZZO titolava: “SI’ ALLA NATURA MA NEL RISPETTO DELL’UOMO”.
“È incredibile che nel 1976, nel bel mezzo di sorgenti e torrenti, l’uomo non può usufruire dell’acqua in casa propria. I tempi cambiano, è vero, e dal loro evolvere occorre saper percepire le nuove esigenze. Le situazioni tese prima o poi scoppiano ed allora le conseguenze possono essere peggiori del prevedibile”.
I problemi che i montanari del Parco hanno davanti sono molti e per la loro risoluzione si sono sempre dovuti muovere tra tante difficoltà.
Dobbiamo riconoscere che le nostre montagne, fonte inesauribile di prospettive turistiche, sono state e sono oggetto di attenzione speculative, da parte di colossali imprese, sia da parte di associazioni protezionistiche e di tutela dell’ambiente, che con severe limitazioni, creano un profondo disagio, per involontaria incomprensione, ignorano i problemi delle genti di montagna.
Un conto è la conservazione della natura, come esigenza di tutta la società civile, che però ha un costo, e che non può gravare soltanto sulle popolazioni montane.
Questi argomenti sono stati trattati da due giornalisti dell’epoca: Francesco Subbioni e Michele Gentile e guarda caso, il Gentile era nato ad Opi il 1° Ottobre 1915.
Come riportato nella prefazione, agli abitanti delle montagne, ai montanari di questo mondo emarginato, mancava addirittura l’acqua che, nel territorio del P.N.A., è abbondantemente presente sia nelle numerose sorgenti sia nei vari corsi d’acqua, sia negli affluenti del fiume Sangro.
Sono vive le immagini dei villaggi, come Opi, e altri paesi dell’Alto Sangro, che rappresentano una miniera di bellezze paesaggistiche e territoriali.
Quei visi di vecchi pastori, contadini e boscaioli, sono ancora vivi nella nostra mente, mentre sono seduti al sole davanti alle porte delle loro case semivuote, senza alcuna prospettiva; mentre altri, a dorso di mulo, camminavano per le vie del paese per raggiungere le Pagliara, mentre altri sono andati alla ricerca di una vita più civile, in Australia e nei paesi Europei- Benelux-, mentre ancora prima nelle Americhe.
Naturalmente nella nostra visita al Parco, abbiamo visto anche donne, un po’ diffidenti e un po’ scontrose, al contrario della gente d’Abruzzo, che per natura è “FORTE E GENTILE”. Pochi bambini, i loro padri lontani dal paese per lavoro.
C’era anche qualche ragazza, con il viso pulito, occhi castani, denti perfetti, niente trucco, capelli neri.
Le donne, con in testa la conca di rame, erano occupate ad approvvigionarsi di acqua presso l’unica fontana che erogava acqua per poche ore al giorno. Abbiamo rivolto qualche parola ma ci hanno risposto con vaghi gesti, perché hanno perduto la fiducia in tutto e in tutti, mentre gli uomini hanno dato risposte.
Pio Cimini, contadino di Opi, ci ha detto che il maggiore problema è la mancanza di acqua, quando invece siamo circondati da sorgenti di acqua potabilissima, come quella della Val Fondillo e della Tornareccia.
Tiriamo avanti con qualche vacca e mulo, anche perché in zona non ci sono industrie. Altro problema, dice Pio, il taglio del bosco è vietato ed è vietata anche la raccolta delle piante della legna secca.
Adorno Di Vito, ci ha detto che il problema dell’acqua non è stato risolto. Per superare l’inconveniente, abbiamo avviato trattative con il Comune di Pescasseroli, per costituire un consorzio per prelevare l’acqua dalla sorgente Val Fondillo, ma l’Ente Parco si è opposto.
Pescasseroli si è scavato i pozzi sul proprio territorio e ha risolto il problema, mentre noi siamo rimasti con la gola arsa.
Il Comune di Opi allestì un progetto per prelevare l’acqua alla sorgente Tornareccia, ma anche in questo caso l’Ente Parco ha messo altri vincoli e noi continuiamo a soffrire la sete.
Poi ci sono i danni degli orsi e dei lupi al bestiame e alle culture agrarie che non vengono risarciti e se si vuole proteggere la fauna del Parco occorre provvedere tempestivamente ai necessari indennizzi.
Poi c’è il problema degli indennizzi ai Comuni per il mancato taglio dei boschi e per i pascoli demaniali sottratti all’uso degli allevatori.
Nella sua semplicità l’agricoltore Annino Di Marino ci ha detto che, negli anni addietro, ogni spazio erboso era il regno delle pecore e delle capre, nei nostri boschi vivevano i carbonai per fare combustibili per le città e poi gli abitanti dei nostri paesi hanno sempre tollerato e protetto gli orsi.
La situazione della nostra montagna è completamente cambiata. Di questo passo il Parco rischia di diventare il territorio delle vipere.
Non c’è dubbio che il problema ecologico è essenziale, che la difesa della Natura è indispensabile per la tutela e la conservazione della flora e della fauna, ma occorre tutelare la sopravvivenza della specie umana, perché la politica di conservazione dell’ambiente costringe gli abitanti ad abbandonare le loro montagne.
L’uomo è un elemento integrante e indispensabile per gli equilibri ecologici, senza i montanari la montagna muore.
Ho voluto riportare queste notizie, di 50 anni fa per far sapere ai giovani di oggi i problemi che i loro genitori e i loro nonni hanno dovuto sopportare per non abbandonare i loro paesi di montagna.