Sono almeno 6 le femmine che si sono riprodotte quest’anno nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise per un totale di 12 cuccioli dell’anno.
Questo è il risultato del monitoraggio intensivo svolto dal personale del Parco, che, a partire da aprile 2017, ha lavorato con diverse tecniche e con altre Istituzioni e volontari per acquisire informazioni importanti sulla produttività della popolazione di orso bruno marsicano.
Il risultato è eccezionale, in virtù del fatto che anche lo scorso anno le femmine riproduttive erano state 6 per un totale di 10 cuccioli.
Da oltre un decennio, il Parco porta avanti questa attività secondo uno specifico protocollo messo a punto dall’Università di Roma. Il monitoraggio viene attuato combinando sessioni di osservazioni in simultanea e mirate, alle quali si aggiungono le osservazioni casuali, che vengono verificate, e i dati raccolti attraverso l’uso di fototrappole.
In 67 occasioni, sono state osservate femmine con cuccioli. Attraverso l’uso di specifici criteri spazio-temporali per eliminare i doppi conteggi, è stato possibile distinguere 6 unità familiari, distribuite in tutta l’area del Parco, così composte: 2 femmine con tre cuccioli, 2 femmine con due cuccioli e due femmine con 1 cucciolo.
Ma cosa ci dicono questi numeri?
I dati del 2017, così come quelli del 2016, rientrano tra i valori massimi osservati in anni di non pasciona (con il termine pasciona si denomina un’annata di produzione eccezionale di frutti di faggio) e sono del tutto confrontabili con quelli successivi agli anni di pasciona (5-6 unità familiari e 10-11 cuccioli). Nei precedenti anni di monitoraggio, i valori massimi di produttività sono stati osservati in seguito ad annate di pasciona (2008, 2012, 2014), così come avviene in altre popolazioni di orso.
Il fatto che per due anni il numero delle femmine riproduttive sia stato elevato ci permette di dire che l’area del parco offre buoni livelli di produttività alimentare, anche al di fuori dei periodi di pasciona e che, nonostante la bassa consistenza numerica degli orsi, nella popolazione è presente una riserva importante di femmine adulte.
Segnali positivi che però non ci devono far abbassare la guardia.
Le informazioni sulla sopravvivenza dei cuccioli sono scarse: solo 3 dei 10 cuccioli nati nel 2016 sono stati nuovamente osservati quest’anno e da una analisi dei dati degli ultimi 10 anni, emerge che non più del 50% dei nati sopravvive al primo anno. Ovviamente può trattarsi di una sottostima perché alcuni cuccioli potrebbero anche disperdersi al di fuori del Parco o in zone periferiche.
Inoltre, il numero delle unità familiari rilevate nei monitoraggi è sempre molto basso, da tre a sei unità.
Questo significa che in caso di mortalità di 1 o più femmine adulte la produttività della popolazione può crollare. Ad esempio tra il 2008 e il 2011 sono morte 6 femmine, di cui 4 in età riproduttiva, e nel 2011 è stata osservata una solo femmina con cuccioli.
Le attività di conta hanno messo in evidenza la persistenza di diversi fattori di disturbo nelle aree di presenza delle femmine con i piccoli: la presenza di cani vaganti, animali al pascolo brado e persone fuori sentiero in aree interdette alla fruizione turistica.
“Innanzitutto voglio ringraziare tutti coloro che hanno partecipato e contribuito alle attività di conta –dichiara il Presidente del Parco Antonio Carrara. Grazie al Servizio Scientifico del Parco e a quello di Sorveglianza, al reparto Carabinieri Forestali, all’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Castel Di Sangro dei Carabinieri Forestali, agli operatori di altre aree protette (Duchessa, Simbruini, Gole del Sagittario, Monte Genzana, Zompo lo Schioppo, Regione Lazio), ai volontari, all’Associazione Salviamo L’Orso e a tutti i cittadini che hanno segnalato gli avvistamenti. Il risultato della conta di quest’anno segnala sicuramente delle novità rispetto alla serie di dati degli ultimi 10 anni: è il numero di cuccioli più alto avvistato negli ultimi 11 anni e, per la prima volta, ad un’annata di massima produttività ne segue un’altra. La linea spezzata che disegna il risultato delle nascite annuali, quest’anno ha cambiato verso rispetto a quello che sarebbe stato lecito aspettarsi. Tutte le ricerche condotte finora sull’orso bruno marsicano, compresa la recente indagine sul genoma, ci rassicurano nel medio termine, sulla grande capacità di resistenza dell’orso bruno marsicano e della sua “vitalità”. Questo deve incoraggiare tutte le Istituzioni a continuare a lavorare con maggiore determinazione sulla tutela e conservazione di questa specie, il cui futuro è legato indissolubilmente alla riduzione della mortalità di origine antropica e ad una pianificazione adeguata del territorio che possa favorire l’espansione della specie”.