Abbiamo finora documentato ampiamente come in tutta la Marsica il fascismo era riuscito a dominare i sentimenti di patriottismo, presentandosi alla borghesia, ai ceti medi, agli agricoltori e ai contadini come il salvatore d’Italia. Occorre riconoscere, approvando le tesi dello storico Gentile, che: «Ai grandi cortei di bandiere rosse o di bandiere bianche si erano ora sostituiti, alla fine di una vittoriosa guerra di simboli per la conquista del monopolio della piazza, i cortei del tricolore e dei vessilli neri del fascismo. Cortei, adunate di migliaia di persone, riti di benedizione dei gagliardetti e di giuramento delle squadre, celebrazione solenne dei funerali e cerimonie in memoria dei martiri fascisti divennero uno spettacolo quasi quotidiano» (1). Anche la nostra serrata inchiesta sul fascismo, quindi, ha messo in luce l’enfasi retorica dei vari podestà marsicani, usata spesso nelle vicende politiche, economiche e sociali. Ciò spiega come tutti i vertici del partito furono sempre allineati con il regime con fanatica determinazione, sperando di compiacere le alte gerarchie fasciste provinciali e nazionali.
Al contrario, proprio in questo periodo, la lotta antifascista all’interno della Marsica, tornò ad imporsi più per capacità individuali che per movimenti di massa. Così: «ci si trovò, sin dal 1930, di fronte ad un movimento illegale di una fisionomia speciale. I socialisti vi prevalevano numericamente. Ma il determinismo economico della loro dottrina e le direttive classiste, che ne conseguivano, provocavano all’interno il sorgere di nuovi gruppi clandestini con predilezione per le iniziative individuali, caratterizzanti la mentalità degli intellettuali delle classi medie, che dominavano questi raggruppamenti» (2).
Vedremo, infatti, come Mancini, Amiconi, Vidimari, Corbi ed altri marsicani (comunisti o socialisti), promuoveranno spesso iniziative individuali clandestine contro il regime, seppur ammoniti e sorvegliati dalla polizia. Alcuni erano già stati arrestati, tradotti davanti al Tribunale Speciale e deportati al confino sulle «isole maledette». Altri, appena rientrati nella Marsica dalla Francia dopo varie amnistie o perché appartenenti a famiglie facoltose, non persero occasione di affiggere volantini antifascisti.
Significativo è in questo senso ciò che scriveva in un rapporto del 30 dicembre 1930 il prefetto Sacchetti nei riguardi di Rolando Spina (antifascista alto-borghese), amico di Palladini e Carusi (due noti dissidenti della zona). Il funzionario governativo lo denunciò all’autorità superiore perché ritenuto il maggior responsabile della: «grave situazione nella quale la Marsica, ed in ispecie Avezzano, si è dibattuta e si dibatte tuttora, per cui è necessario ed urgente adottare provvedimenti atti a ristabilire l’ordine e l’impero della legge in questa plaga» (3). E che questa fosse una posizione personale di Sacchetti, lo dimostra l’insistenza con la quale in questo periodo di crisi e di disoccupazione, ritenne necessario l’arresto di tutti i sovversivi marsicani, inviandoli dinanzi al «Tribunale Speciale». Sebbene i segretari politici, la polizia, i carabinieri, l’OVRA, informassero regolarmente il ministero dell’Interno di tutto ciò che accadeva nella Marsica, in Abruzzo o a Roma, quello di controllare i rapporti prefettizi, era diventato anche per Mussolini «un assillo costante». L’assurdità che il capo del governo perdesse il suo tempo a leggere i resoconti dei prefetti di ogni provincia, compresa quella dell’Aquila, si può riscontrare nei fascicoli «Autografi-Telegrammi» e «Presidenza Consiglio Ministri, Gabinetto, Atti (1931-1933)», consultabili nell’Archivio Centrale dello Stato (4).
Al riguardo, se osserviamo le schede presenti nell’Archivio Centrale dello Stato, alla voce «Casellario Politico Centrale», si noterà una lunga lista di sovversivi marsicani con accanto le note caratteristiche: Fernando Amiconi, nato nel 1910, dottore in legge, comunista, denunciato al Tribunale Speciale; Francesco Amadoro, nato nel 1896 a Luco dei Marsi, dottore in legge, comunista, interinato; Andrea Altobelli, nato nel 1880 a Cappelle dei Marsi, anarchico, iscritto alla Rubrica di Frontiera; Luigi Blasetti, nato nel 1897 a Civitella Roveto, comunista; Luigi Cambise, nato nel 1892 a Pescina, pubblicista, repubblicano, confinato; Agostino Carusi, nato nel 1897 a Celano, agricoltore, socialista, ammonito; Amintore Ciccarelli, nato il 1907 a Celano, contadino, socialista, radiato; Loreto Ciofani, nato nel 1898 a Cerchio, ferroviere, comunista, radiato; Angelo Continenza, nato nel 1877 a Cerchio, benestante, socialista, radiato; Pietro Continenza, nato nel 1883 a Cerchio, benestante, anarchico, radiato; Filippo Carusi, nato nel 1883 a Celano, avvocato, socialista, confinato, iscritto alla Rubrica di Frontiera; Augusto Ciciotti, nato nel 1902 a Celano, calzolaio, socialista, radiato; Ernesto Ciciotti, nato nel 1891 a Celano, calzolaio, socialista, confinato; Antonio D’Amato, nato nel 1889 a Trasacco, fotografo, socialista, radiato; Cesidio D’Amore, nato nel 1883 a Cerchio, minatore, anarchico; Francesco De Rubeis, nato nel 1892 a Pescina, bracciante, anarchico, confinato; Antonio Iatosti, nato nel 1877 ad Avezzano, insegnante, socialista; Prampolino Iatosti, nato nel 1902 ad Avezzano, insegnante, comunista, diffidato, radiato, confinato; Francesco Ippoliti, nato nel 1865 a San Benedetto dei Marsi, medico condotto, anarchico, confinato, ammonito, diffidato, denunciato al Tribunale Speciale; Guglielmo Alberto Mancini, nato nel 1909 ad Aielli, sarto, comunista, confinato, ammonito, denunciato al Tribunale Speciale; Antonio Mancini, nato nel 1896 a Trasacco, falegname, socialista, radiato; Alvise Nuccetelli, nato a Scurcola Marsicana nel 1891, meccanico, socialista, diffidato; Domenico Nuccetelli, nato nel 1867 a Scurcola Marsicana, contadino, comunista; Garibaldi Nuccetelli, nato nel 1899 a Scurcola Marsicana, falegname, comunista, ammonito; Pietrantonio Palladini, nato nel 1898 a Pescina, avvocato, socialista, confinato, ammonito; Luigi Rosati, nato nel 1883 ad Avezzano, bracciante, antifascista, denunciato per offese al capo del Governo; Bruno Placido Sebastiani, nato nel 1893 a Scurcola Marsicana, insegnante elementare, antifascista, ammonito, radiato; Rolando Spina, nato nel 1895 a Sulmona, avvocato, antifascista, confinato, ammonito; Ettore Tramazza, nato nel 1893 ad Avezzano, impiegato privato, socialista, confinato; Romolo Tranquilli, nato nel 1904 a Pescina, tipografo, comunista, denunciato al Tribunale Speciale; Secondino Tranquilli, nato nel 1900 a Pescina, studente, comunista, iscritto alla Rubrica di Frontiera, denunciato al Tribunale Speciale.
Se ciò non bastasse a dimostrare la forte dissidenza zonale, vale la pena citare altri importanti personaggi che contestarono nettamente e con disprezzo ogni dettame del regime fascista. Bruno Corbi, per esempio, nato nel 1914 ad Avezzano, poi espatriato in Francia, organizzò nel 1934 un organismo clandestino comunista, accanto ad Ernesto Zanni, Renato Vidimari e Alberto Mancini, Fu arrestato nel 1939 e condannato a diciassette anni di reclusione. Invece, Giulio Spallone, nato nel 1919 a Lecce ne’ Marsi, residente ad Avezzano, fu arrestato nell’estate del 1939 e condannato dal Tribunale Speciale a diciassette anni di reclusione. Giovanni Ricciardi, nato nel 1894 ad Avezzano, definito dalla polizia «comunista o socialista», venne ammonito nel 1931, perché in combutta con Alberto Mancini, Costantino Torrelli, Francesco Ciccarelli, Placido Sebastiani, Luigi Chiarelli e Giovanni Donatelli, fu condannato a due anni di reclusione dal Tribunale Speciale. Pietrantonio Palladini, dal 24 febbraio 1931 fu deportato al confino di Ponza e condannato per cinque anni. Dopo essere stato trasferito a Signano degli Alburni e a Potenza, rientrò ad Avezzano il 10 dicembre dello stesso anno, poiché ebbe commutata la condanna in semplice ammonizione. Invece, Ferdinando Amiconi, le cui vicissitudini, sono raccontate in un suo libro, venne condannato dal Tribunale Speciale a venti anni di reclusione (5).
Un esempio tragico della feroce repressione messa in atto dal regime, è rappresentato dalla figura di Renato Vidimari. Vale la pena riportare alcuni momenti della sua dolorosa vicenda politica. Laura Ingrao (Lombardo Radice), racconta in un suo libro che Vidimari, insieme a Natoli, Amendola e Radice, furono accusati dal Tribunale Speciale di aver ricostruito il partito comunista. Preziosa rimane la sua testimonianza. Infatti, presente al processo, riferì in seguito: «Vidi nel banco degli accusati non solo i vecchi amici e i loro coetanei, ma anche Renato Vidimari, un comunista storico, un quarantenne che comunista era da sempre, che la polizia ogni tanto metteva dentro. Sentii le sue sobrie deposizioni e avvertii la forza un po’ spavalda che gli veniva dentro da quel suo essere comunista da sempre» (6). Anche lo studioso abruzzese Costantino Felice, ben interpreta l’azione del gruppo antifascista: «La loro iniziativa, più che ai tradizionali e gravi problemi dei contadini, è rivolta, in concorrenza con le strutture fasciste o persino all’interno di esse, soprattutto al ceto medio e agli studenti, secondo gli schemi astrattamente ideologici e dottrinali allora dominanti del PCI. Tuttavia i contatti con certi ambienti della capitale (Pietro Amendola, Lucio Lombardo radice, Aldo Natoli), oltre che con il Centro Estero di Parigi, rendono abbastanza forte ed estesa la loro trama cospirativa». Tuttavia, il 12 dicembre 1939 finirono tutti in carcere e poi furono processati dal Tribunale Speciale di Roma il 16 maggio 1940, ricevendo pesanti condanne (7). Durante il processo a Vidimari, nel momento in cui entrava la corte (scrisse Franzinelli), tutti si alzarono: «I carabinieri fecero il saluto militare e i militi quello fascista. Ma Renato Vidimari, che avevo proprio vicino, rimase seduto. Il carabiniere che gli stava dietro gli diede uno strattone, ma lui, duro non si alzò». Il tribunale gli affibbiò ben sedici anni di reclusione (8).
NOTE
- E.Gentile, Il culto del littorio. La sacralizzazione della politica nell’Italia fascista, Economica Laterza, Prima edizione 2001, Gius.Laterza & Figli, Bari-Roma, p.51.
- R.De Felice, Mussolini il duce, I. Gli anni del consenso, 1929-1936, Giulio Einaudi editore, Torino 2019, p.819. Si tratta di una relazione di G.E.Modigliani del giugno 1934, presentata alla segreteria della Seconda Internazionale.
- R.Colapietra, Fucino Ieri, 1878-1951, Ente Fucino, Stabilimento roto-litografico «Abruzzo-Press», L’Aquila ottobre 1998, p.175.
- R.De Felice, op.cit., pp.21-22.
- Archivio Centrale dello Stato – Roma, Ministero dell’Interno, Direzione Generale Pubblica Sicurezza, Divisione Affari Generali e Riservati, Ufficio confino di Polizia (1926-1943); Casellario Politico Centrale, Abruzzo – Aquila, i nominativi citati nel testo si trovano nelle buste: 79, 87,101, 674, 793, 968, 1120, 1331, 1336, 1354, 1457, 1597, 1605, 1745, 2620, 2647, 2970, 2972, 3569, 3672, 4912, 4913, 4722, 5192, 5194, 5195. In queste fascicoli rileviamo la sintesi dei dati riguardanti i dissidenti fascisti.
- L.C.Lombardo Radice Ingrao, Soltanto una vita, Prologo, Baldini & Castoldi, Milano, 2016.
- C.Felice, Dalla Maiella alle Alpi. Guerra e Resistenza in Abruzzo, Donzelli Editore, Roma 2014, p.33.
- M.Franzinelli, Il Tribunale del Duce. La giustizia fascista e le sue vittime (1927-1943), Mondadori, Milano, 2017. Per capire meglio il periodo (ben impresso nelle memorie dei protagonisti), si veda: R.Vidimari, Il Fucino, Torlonia e i contadini, a c. dell’Associazione Nazionale Coltivatori Diretti, Ggil, 1949; Id., La relazione della segreteria al primo congresso nazionale dei lavoratori della terra, Relatore: V. Segretario R.Vidimari, Tip. F.lli De Valeri, Roma, 1946. B.Corbi, Saluti Fraterni, La Pietra, Milano, 1975; Id., Scusateci tanto: lotte e resistenza nella Marsica, La Pietra, Milano, 1977.