Salvatore Barzilai: un senatore ebreo convocato ad Avezzano (17 dicembre 1922)

Mentre le intransigenze delle camice nere si ritorcevano sempre più contro la stampa avversaria, devastando le sedi dell’Avanti e quelle di giornali antifascisti di tutta Italia «continue manifestazioni d’indisciplina, d’intolleranza, di aperta violenza» contro uomini politici a torto o ragione considerati nemici, mostravano il vero carattere antidemocratico e sovversivo delle squadre d’azione. D’altra parte, gli avvenimenti della fine di dicembre 1922 lo dimostrano (1).

Rompendo con il particolarismo nel quale la comunità marsicana era tentata di chiudersi: «Un compatto nucleo di giornalisti della Capitale si era dato sabato sera [16 dicembre 1922] convegno alla stazione Termini, in tenuta d’alta montagna, per partecipare alla spedizione indetta dal nostro giornale». In realtà, l’avezzanese Giuseppe Giffi, direttore della testata Il Risorgimento d’Abruzzo, affiancato da altre importanti personalità della Marsica, aveva organizzato questa essenziale riunione per attirare l’attenzione del governo e dell’opinione pubblica sulle drammatiche condizioni di un territorio devastato otto anni prima dal terremoto.

Siamo in grado di conoscere, attraverso la cronaca giornaliera, i principali sviluppi del rilevante evento che vide «porsi a capo della comitiva S.E.Barzilai» in uno scompartimento «messo a disposizione dei rappresentanti della stampa dalle Ferrovie dello Stato». 

Occorre precisare che Salvatore Barzilai, senatore sin dal 1920 nominato da Giolitti con il gruppo repubblicano e presidente dell’associazione della stampa romana, era riuscito fino a quel momento a bloccare il diritto alla libertà di stampa. Dopo la «marcia su Roma» inviò a Mussolini un telegramma nel quale si leggeva: «[…] auspico che resti in essere la miglior tutela della libertà di stampa italiana». Più tardi, si opporrà decisamente al nuovo decreto contro la riforma dell’editoria (legge 31 dicembre 1925 n.2307, Disposizioni sulla stampa periodica), dimettendosi dall’’incarico di presidente, quando già il sindacato nazionale fascista dei giornalisti italiani ebbe il sopravvento (19 marzo 1926). 

In questo contesto, pur essendo ebreo, era ancora ben tollerato dalle autorità fasciste (il regime mussoliniano non lo temeva sapendolo fuori dai complotti e dalla gestione del potere); in seguito «[…] sembrò allineato al regime nel quale continuava a vedere per lui positivi gli aspetti relativi all’amor di Patria, compresi i tanti richiami alle vetuste glorie dell’epoca latina. Il vecchio repubblicano continuò a sperare per l’Italia che Mussolini e i suoi, con il tempo, avrebbero maturato una minor protervia […]» (2). 

L’arrivo dell’insigne personaggio ad Avezzano (seguito dai professori Calza, Bacchiani e Gargia Cassola), fece radunare alla stazione un comitato presieduto da Gaetano Corbi (segretario comunale); Luigi De Simone (della federazione provinciale e assessore comunale); Serafino Lanciani (presidente dell’associazione della stampa marsicana); Giuseppe Matturro (direttore del banco di Napoli); Ercole Nardelli (sindaco); Armando Palanza (redattore de Il Risorgimento d’Abruzzo e corrispondente del Giornale d’Italia); Aureliano Spatocco (corrispondente della Tribuna); Tullio Tempesti (corrispondente de L’Idea Nazionale); Raimondo Vespa (redattore de Il Risorgimento d’Abruzzo); Vincenzo Falcone (corrispondente del Corriere d’Italia); Giuseppe Pennazza (corrispondente del Mondo); Ulderico Macioci, l’assessore Fontana, il conte Filippo Resta, il cavalier Sardelli della Banca Popolare di Alfedena e Manlio Giffi (3). Nella fredda notte invernale: «i gitanti si diressero all’Albergo Italia, ove venne opportunamente servito un punch ed un caffè ristoratori. Quindi ciascuno andò ad occupare la stanza assegnata in precedenza con perfetta organizzazione dai più fattivi del solerte comitato». 

Con l’aiuto di questi importanti rilievi di carattere cronachistico, si può tracciare per esteso un esposto d’insieme molto interessante. 

La mattina dopo (ore otto) al bar dell’albergo già risuonavano le voci del professor Alessandro Bacchiani del Giornale d’Italia e di Piero Scarpa del Messaggero, quando già l’inizio delle cerimonie ufficiali era stato fissato per le ore dieci. Così scrisse il cronista Gip, che usò il solito pseudonimo firmando l’intero resoconto degli avvenimenti: «in una vettura da turismo, messa a disposizione dal valoroso collega Tempesti, davvero infaticabile e compitissimo, e guidati da Palanza, percorriamo tutte le strade della distrutta città, le cui macerie, meno che per la parte bassa verso Fucino, sono state diligentemente asportate. Ci spingiamo anche per Via Roma e per la strada che conduce ad Antrosano, osservando i caseggiati di quello che fu il Campo di Concentramento. Di ritorno attraversammo le principali strade della nuova città e quelle delle miserabili e malconce baracche, ove i poveri abitanti meno fortunati, e sono i più, soffrono atrocemente il freddo». La carovana si riunì di nuovo alla stazione; poi, tutti a piedi, verso la sede municipale, dove si decise di visitare il Fucino: «[…] cinque vetture da turismo e un capace autobus attendono nella piazza i gitanti. Si percorre la nuova strada che immette a Piazza Torlonia, si costeggia il castello diroccato degli Orsini e s’imbocca la via del cimitero verso l’Incile. La teoria delle vetture si snoda per la strada battuta da numerosi veicoli. Doppiamo il vecchio ed il nuovo camposanto e finalmente siamo ai margini dell’antico lago. Quando giungiamo all’Incile, il sole è alto nel cielo e rende lievemente tiepida l’aria. Le opere colossali di bonifica formano oggetto di attento esame e di meraviglia da parte dei numerosi escursionisti: Porry Pastorel e Quintieri del Corriere d’America fanno scattare più di una volta l’obiettivo delle proprie macchine». Di seguito, la comitiva si diresse allo zuccherificio, accolta dall’ingegnere cavalier Duboy che fece gli onori di casa, conducendo gli importanti ospiti attraverso alcuni reparti del grandioso stabilimento. Poi, il dottor Wurstbauer accompagnò le autorità attraverso i numerosi piani della fabbrica delle «Malterie», illustrando il processo di trasformazione dell’orzo in lievito di birra. Molti macchinari erano inattivi, poiché la lavorazione era durata solo due mesi a causa della siccità prolungata che aveva provocato una scarsa raccolta di barbabietole. Tornati in città, gli ospiti furono accolti nel salone centrale dell’Albergo Italia per il sontuoso pranzo: a destra dell’onorevole Barzilai sedeva il sindaco di Avezzano, il presidente del Fascio di combattimento, il commendatore Giacomo Palladini, Alessandro Bacchiani, Isidoro Campanile (del Giornale di Roma), Armando Palanza, Tullio Tempesti, Raffaele De Simone (corrispondente de L’Aquila), Francesco De Gruttis (corrispondente del Mattino), Franco De Bianchi (redattore de L’Epoca), Porry Pastorel (redattore fotografico del Giornale d’Italia), Luigi Bologna (redattore capo del Risorgimento d’Abruzzo) e l’avvocato Mameli Tarquini (presidente del Fascio di Pescina). Alla sua sinistra sedevano: l’avvocato Cesidio De Vincentiis (presidente della Deputazione Provinciale), il farmacista Arturo Calza, Garzia Cassola (redattore del Secolo), l’avvocato Domenico Gattinara, Alessio Sebastiani, l’ingegner Loreto Orlandi, l’ingegner Traversa del municipio di Avezzano, Armanni e Giuseppe Buccella, Carlo Arnoni e Angrisani redattori del Mondo, l’ingegner Sebastiano Bultrini, il giornalista tedesco Turner, Alfredo Proia (redattore dell’Osservatore Romano), il direttore del Risorgimento d’Abruzzo Giuseppe Giffi e molti sindaci dei comuni marsicani.

Il sindaco Nardelli nel suo discorso iniziale descrisse tutte le fasi del terribile terremoto della Marsica a otto anni dall’immane disastro, ricordando l’immediato intervento dei giornalisti della Capitale, accorsi sul luogo prima delle autorità civili e militari. Rilevò, altresì, che al momento la nazione era sottoposta, purtroppo, alla legge di una ferrea economia e, di conseguenza, si dovevano evitare spese superflue. Tuttavia, in questo periodo di recessione, affermò che la Marsica andava guardata con un occhio di riguardo, laddove «un brusco arresto era avvenuto ai lavori di ricostruzione da parte dell’Unione Edilizia», organo finanziatore della rinascita. Occorreva constatare che le classi lavoratrici e quelle agricole avevano estremamente bisogno di nuovi acquedotti, strade e scuole «trattandosi di necessità essenziali e inderogabili». Fragorosi e prolungati applausi accolsero la conclusione del discorso del sindaco di Avezzano, che introdusse, tra l’entusiasmo dei convenuti, il senatore Barzilai, presidente dell’Associazione della Stampa Romana. Dopo aver ricordato la sua partecipazione alcuni anni prima al giro turistico in macchina nella Marsica e in tutto l’Abruzzo, parlò dell’immane catastrofe della guerra e del terremoto, puntualizzando:«Ebbene, oggi Avezzano dà prova di aver saputo superare, a grandi passi, tutte le difficoltà e la lunga via del proprio risorgimento, tanto che noi possiamo esprimere la speranza che come le vittime della guerra fecero più grande l’Italia con il loro sacrificio, così le vittime inconsapevoli del terremoto hanno fatto più grande la loro città con la loro carne, quasi in espiazione del proprio sacrificio». Il senso del suo ampio e profondo discorso venne recepito dal pubblico con la speranza di nuove attenzioni da parte del governo che, lasciando da parte «la ragione politica» si doveva occupare solo della necessaria opera di ricostruzione per la rinascita completa della Marsica. Dopo questi autorevoli rilievi, i comuni dell’intero comprensorio presentarono all’onorevole importanti memoriali, tra cui spiccavano, per particolari e gravi situazioni, quello del comune di Pescina (condotto da Tarquini) e quello di Cerchio (rappresentato da Continenza), che descrivevano con estrema crudezza gli innumerevoli bisogni della popolazione. Oltretutto venne ribadito che: «I cittadini ed Amministrazioni Comunali, con costanza mai affievolita, hanno richiamato l’attenzione del Governo sulla necessità di provvedere il ricovero definitivo di tanta popolazione, trasformando i padiglioni di legname ormai inservibili e minacciati di rovina. Promesse di vivo interessamento ha fatto anche il nuovo Governo per mezzo di S.E.Sardi per mettere finalmente a disposizione i fondi necessari deliberati da tanto tempo». Strade, fognature, acquedotti, chiese e nuovi edifici che da qualche tempo la cittadinanza «indurita nelle sofferenze» reclamava con impazienza: molto era ancora da ricostruire. Infine, fu avvalorato che la mancanza di piani regolatori ben definiti, impediva ancora a molti cittadini di prendere iniziative private per la ricostruzione delle loro case: «perché i proprietari dei terreni vicini all’abitato, pretendono, per la cessione di essi, prezzi impressionanti che non si praticano nemmeno a Roma. Il Governo dovrebbe espropriare tali terreni per ragioni di pubblica utilità e cederli a chi ne ha bisogno per farvi sorgere la sua abitazione». In conclusione, l’associazione marsicana della stampa, augurandosi che i problemi politici non dovevano assolutamente dividere gli animosi contendenti del territorio, intese stimolare tutti i convenuti all’evento di focalizzare l’attenzione solo sui problemi strettamente economici: «per i quali non può e non deve esserci motivo di dissenso».

Terminò la lunga serie di interventi Serafino Lanciani, presidente dell’associazione giornalisti marsicani, dicendo: «In questo momento di grave crisi economica noi, che non domandiamo di vivere bene ma esplicitamente di vivere, dobbiamo mostrare ai poteri centrali un unico fronte materiato dalla nostra volontà titanica di rinascere». Infine, dopo la visita alla sede dell’associazione della stampa, dove il commendatore Aureliano Spatocco offrì a tutti i giornalisti bottiglie della sua famosa Centerba e del liquore Sturzo, la comitiva dei giornalisti romani, condotta dalle autorità avezzanesi, si recò all’ospedale, per poi ripartire «alla volta di Roma col treno delle 17,30» (4).

 

NOTE

  1. R.De Felice, Mussolini il fascista. La conquista del potere 1921-1925, Giulio Einaudi editore, Torino 2019, pp.402-403.
  2. S.Barzilai, Luci e ombre del passato. Memorie di vita politica, Fratelli Treves editori, Milano, 1937. L’importante figura del senatore-giornalista è stata mostrata da più parti, tra cui: R.Traquandi, Cento foglie di edera, Book Sprint Edizioni, Partito Repubblicano Italiano, Salvatore Barzilai; cfr. E.Falco, Salvatore Barzilai: un repubblicano moderno tra massoneria e irredentismo, Bonacci, Roma, 1966. L’illustre parlamentare morì a Roma il 1° maggio 1939, quattro mesi prima che le truppe di Hitler invadessero la Polonia. Nella seduta al senato (Commemorazioni), lo stesso presidente Suardo, affermò: «Di Salvatore Barzilai, Ministro Senatore, Deputato, recentemente scomparso, nulla posso dirvi, per un doveroso ossequio al desiderio da lui manifestato di non essere commemorato» (A.S.S.R, Senato del Regno, b.160, n.1768, XXX Legislatura, Iª della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, Assemblea Plenaria-3° Lunedì 22 Maggio 1939, Anno XVII, Commemorazioni, p.3).
  3. Il Risorgimento d’Abruzzo, Anno IV – Num.276 – Roma, 21 Dicembre 1922, I Giornalisti della Capitale ad Avezzano. La cronaca della giornata avezzanese è lunghissima e dettagliata; per questioni di spazio, abbiamo cercato di farne una breve sintesi.
  4. Ibidem.

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