L’apparato propagandistico del regime: «Mai come in questa occasione riuscì a mobilitare e ad utilizzare a fondo le possibilità offertegli dal monopolio dell’informazione e dalle moderne tecniche della propaganda di massa. Tutti gli strumenti furono utilizzati al massimo: stampa, radio, cinema, organizzazioni di massa, scuole ecc. Tutte le categorie di cittadini furono investite. Tutte le corde psicologiche e culturali furono fatte vibrare. Tutti gli argomenti furono utilizzati in tutti i possibili toni, da quelli più sottili a quelli più grossolani» (1).
A questo proposito, il 10 settembre 1936, ben venticinquemila avanguardisti sfilarono a Roma davanti al duce. La notizia fu riportata dai maggiori giornali della Capitale in questi termini: «Nel silenzio che improvvisamente cade sulla via dell’Impero sgorgano fresche e trillanti le note dell’Inno dei Balilla e dall’estremo della grande arteria appaiono le prime schiere. Sono i Vessilliferi delle Coorti romane con i Labari spiegati, seguiti dai Trombettieri con le nere drappelle recanti l’Aquila d’Oro, e dai Tamburini. Viene quindi la Legione dei Balilla Moschettieri, mirabile sintesi di giovinezza, di forza e di armonia, compiuta espressione di ordine e unità» (2). In seguito (2 ottobre), durante l’annuale adunata, la radio trasmise alla nazione il discorso di Mussolini, con aspetti che affioravano in modo indicativo: «Camicie nere della Rivoluzione! Uomini e donne di tutta Italia! Italiani sparsi nel mondo, oltre i monti e oltre i mari: ascoltate. Venti milioni di uomini, un cuore solo, una volontà sola, una decisione sola. La loro manifestazione deve dimostrare e dimostra al mondo che l’Italia e fascismo costituiscono una identità perfetta, assoluta, inalterabile […] Italia proletaria e fascista, Italia di Vittorio Veneto e della Rivoluzione, in piedi!» (3).
Queste costatazioni, confermeranno (come vedremo) le affermazioni del duce, che si augurava una guerra breve e militarmente risolutiva, impegnando un esercito numeroso, senza risparmiare tutti quei mezzi capaci: «di rendere più rapide e travolgenti le operazioni, dalla corruzione e acquisizione di alcuni capi etiopici, alla utilizzazione dei gas asfissianti contro le truppe nemiche, ai bombardamenti indiscriminati delle retrovie» (4). Un ruolo essenziale, quindi, avevano assunto i quattrocentomila soldati impiegati nella conquista africana: in soli sette mesi annientarono un «avversario numeroso, audace, agguerrito», sbaragliando gli ultimi ribelli per iniziare subito «l’azione per valorizzare le ricche terre che il genio del Duce ha assicurato agli italiani». Nel frattempo, una corrispondenza trasmessa dall’Agenzia Stefani, comunicò alla nazione un messaggio molto importante scritto dal generale Graziani: «Con la cattura di Ras Immerù può dirsi che il sipario è calato sullo scenario dell’Ovest etiopico» (5).
Il 15 novembre 1936, in un clima di esaltazione collettiva, la cittadinanza di Tagliacozzo volle dimostrare tutta la sua simpatia al segretario federale Visconti, che alle diciassette giunse sul luogo. Non mancò il saluto di tutte le autorità marsicane e della 132ª legione della milizia nazionale, quello personale del segretario del fascio di Avezzano, di tutte le organizzazioni presenti che: «perfettamente inquadrate hanno elevato il loro Aalalà entusiastico al Gerarca». Dopo breve preambolo del podestà, la parola passò al segretario del fascio avvocato Mascio, che ricordò il sacrificio del capitano degli alpini Annibale Rosa, caduto nella battaglia dell’Ascianghi in Africa. Il federale ricordò i suoi legami di amicizia con l’onorevole Ermanno Amicucci, premiando suo fratello Domenico con la medaglia al valore, per aver partecipato come volontario, sottotenente della 219ª legione (divisione Tevere), alla conquista di Harar, durante la recente guerra d’Africa (6).
Qualche giorno dopo, tutta la popolazione di Avezzano si recò alla stazione ferroviaria, per accogliere con entusiasmo la 230ª compagnia mitraglieri reduce dall’Africa orientale.
Fonti inedite (a lungo ignorate dalla precedente storiografia), rivelano, invece, tutta la loro portata. Infatti, la spettacolare cronaca del 17 novembre, ci mostra nuovi scenari d’indagine: «Li abbiamo visti sporgersi freneticamente ai finestrini del treno colle facce brune olivastre, con i segni della fatica e dello strapazzo in volto, con nel cuore l’ansia pungente di ritrovarsi nella Terra madre, fra le mura del proprio casolare». I soldati, al comando del centurione Campana, dopo breve colazione, furono passati in rivista dal console Di Rora (comandante della 132ª compagnia Monte Velino) per poi sfilare lungo il Corso Umberto, dirigendosi al monumento dei caduti. Il podestà Bonanni e il segretario politico Cipollone, rivolsero alla truppa parole di encomio, ricordando il sacrificio dei loro commilitoni caduti: Ugo Barone, Domenico Marini e Diodato Fracassi. Poi, tutte le autorità intervenute all’evento, si recarono al comune per un ricevimento offerto dal municipio mentre i battaglioni, marciando verso il Concentramento per depositare le armi, dopo il pranzo, ricevettero una medaglia commemorativa con sopra scritto il motto: «Ferox Rudit Iterum Marsus» (7).
Altre notizie che ripercorrono a livello nazionale eventi importanti in occasione della vittoria in Africa orientale (anno decimo nono dell’era fascista), furono ampiamente riportate dai giornali asserviti al regime: «con una breve e suggestiva cerimonia di altissimo significato per la nuova Roma Imperiale», Mussolini dette la prima picconata per iniziare la sistemazione dei borghi e realizzare così: «la grande strada che da Castel San’Angelo porterà alla Basilica Vaticana, il più insigne Tempio della Cristianità, riallacciando la Roma del nuovo Impero fondato da Benito Mussolini all’età Papale» (8).
NOTE
- R.De Felice, cit., p.622.
- Il Messaggero, Anno 58° – N.217, Venerdì 11 Settembre 1936. L’Urbe assiste ad un grandioso spettacolo di forza di bellezza e di gioventù armata.
- Ivi, Anno 58° – N.235. Il 2 ottobre 1936 il messaggio venne trasmesso alla radio alle ore 20,30.
- R.De Felice, cit., p.687. Cfr. Mussolini XXVII, pp.298 sgg.
- Il Messaggero, Anno 58° – N.235-304, 2 ottobre-22 dicembre 1936. Il ras Immirù Hailé Selassié, considerato il miglior condottiero del Negus, venne infine costretto alla resa il 16 dicembre 1936 e deportato in Italia, dove rimase confinato fino alla caduta del fascismo.
- Ivi, Anno 58° – N.274, Martedì 17 Novembre 1936. Il Segretario Federale a Tagliacozzo.
- Ivi, Anno 58° – N.275, Mercoledì 18 Novembre 1936. La fotografia dei legionari che sfilano per le vie di Avezzano, pubblicata sul giornale, è firmata: Foto Turini.
- Ivi, Anno 58° – N.259, Venerdì 30 Ottobre 1936. Il Duce dà il colpo di piccone che inizia le demolizioni per la sistemazione dei Borghi. Si trattava di tutti quei palazzi situati fra le piazze Pia e Scossacavalli.