Sulmona – Si apre martedì 7 novembre il processo a colui che, per sua stessa ammissione, uccise a fucilate un giovane esemplare di orso marsicano a Pettorano nel settembre 2014. “L’ultimo responsabile di un atto di bracconaggio nei confronti di un orso d’Abruzzo individuato e processato risale a più di 30 anni fa, nel frattempo sono stati circa 80, solo dal 1971, i plantigradi uccisi con armi da fuoco o con il veleno, la causa di metà di queste morti è stata ufficialmente accertata senz’ombra di dubbio mentre per l’altra metà si sospettano le stesse cause nonostante le condizioni di ritrovamento dei resti degli animali non abbiano mai permesso l’individuazione certa della causa”.Lo scrive l’Associazione Salviamo l’Orso.
“Sono numeri impressionanti – continua l’Associazione – ma ancor più impressionante è stata l’impunità di cui hanno goduto gli autori di questa vera e propria strage ai danni di una specie che è ufficialmente protetta dagli anni 30 dello scorso secolo. Una specie animale innocua (come i recentissimi studi genomici hanno dimostrato), particolarmente mite ed amata dalla maggioranza degli abruzzesi e degli italiani che purtroppo ha pagato e continua a pagare un prezzo altissimo a causa l’intolleranza di pochi individui senza scrupoli ed accecati dalla propria ignoranza.
Mai si sono registrati casi di aggressione all’uomo da parte dell’orso in Appennino e da circa 50 anni gli eventuali danni da esso arrecati ai piccoli allevamenti ed agli orti sono puntualmente rimborsati dagli Enti Parco e da un anno anche dalla stessa Regione che per questo ha approvato un’apposita legge.
Non vi puó esser dunque alcuna giustificazione per atti come quello commesso nel 2014 a Pettorano, dove grazie ad una rapida e qualificata indagine del personale dell’ex Corpo Forestale dello Stato si è potuti giungere in pochi giorni a ricostruire l’accaduto e ad individuare chi aveva sparato all’orso. Finalmente dopo più di 30 anni dall’ultima volta in cui era accaduto, la Magistratura riesce a portare di nuovo in giudizio il responsabile di un inutile atto di crudeltà, le cui azioni hanno arrecato un gravissimo danno non solo alla conservazione di una specie protetta da leggi nazionali ed europee ma anche all’immagine delle comunità rurali abruzzesi da sempre fiere dell’animale simbolo delle loro montagne.
Salviamo l’Orso si costituirà parte civile nel procedimento e, ringraziando gli inquirenti per l’ottimo lavoro svolto, si augura che la giustizia faccia il suo corso in ossequio alle leggi dello Stato”.