Continua la fortunata tournée dello spettacolo ‘Fontamara’ del Teatro Lanciavicchio che negli ultimi anni ha allestito l’opera tratta dal romanzo siloniano nei teatri di tutta Italia: dopo Milano, Bergamo, Livorno, e nella Casa Museo Cervi a Gattatico (RE) (dove l’opera ha ricevuto il premio FESTIVAL DI RESISTENZA) in questi giorni è al Teatro TORDINONA di Roma, e ovunque riscuote entusiastici apprezzamenti da parte di critica e pubblico.
Lo spettacolo FONTAMARA, una produzione Teatro Stabile d’Abruzzo e Teatro Lanciavicchio con la visionaria regia di Antonio Silvagni, ha la preziosa riscrittura di Francesco Niccolini ( già autore di Marco Paolini, Vetrano e Randisi, Alessio Boni e altri numerosi interpreti) che per l’adattamento teatrale ha ricevuto IL PREMIO SILONE. Gli interpreti Angie Cabrera, Stefania Evandro, Alberto Santucci, Rita Scognamiglio e Giacomo Vallozza riescono a dare vera vita e grande spessore ai personaggi di Silone, trasmettendo profonde emozioni, regalando agli spettatori un’esperienza teatrale indimenticabile.
In un’epica dimensione di popolo prende vita il racconto di Fontamara, e modella da subito un racconto corale, una sorta di sinfonia a più voci, in cui il mondo dei cafoni, di tutti quei lavoratori della terra di ieri e di oggi si affolla sul palcoscenico per dare testimonianza di una strage, forse di un genocidio. Come in una sorta di Giudizio Universale, quattro cafoni sono immobili davanti a un cumulo di terra, la stessa che hanno lavorato per una vita o dalla quale forse sono appena risorti, e si stagliano in uno spazio vuoto, attraversato solo da nebbia, che li avvolge e a volte li nasconde. E in questa atmosfera rarefatta, quasi mitica, danno la loro testimonianza ricostruendo le prevaricazioni dei potenti del latifondo Torlonia e le violenze dei fascisti nel paesino di FONTAMARA. Ma non sono soli. A richiamarli in vita, e a dare loro la parola, quella che non hanno mai avuto in vita, è il personaggio che Silone nel romanzo chiama ‘Il Figlio’: è un figlio dei cafoni del Fucino, ma oggi è un ragazzo con la pelle scura che lavora quella stessa terra e approda al palco sceso chissà da quale barcone del mare per rievocare quella strage lontana, ma ancora drammaticamente attuale.
L’interpretazione straordinaria degli attori trascina l’attenzione del pubblico nella storia di Berardo Viola e il suo sfortunato paese, e ha reso ancora più forte la potente denuncia di ingiustizie sociali e la lotta per la dignità umana descritte nel testo di Silone, temi purtroppo ancora attuali e universali
Ma oltre agli spettatori dei teatri italiani, il Teatro Lanciavicchio che ha da sempre una predilezione per le nuove generazioni alle quali dedica molto del proprio lavoro artistico; quindi dopo aver incontrato al Teatro Flaiano di Pescara (con il Florian Teatro) le scolaresche delle scuole superiori riproporrà lo spettacolo FONTAMARA all’interno del Progetto TEATRO FUTURO, FORMAZIONE DEL PUBBLICO E EDUCAZIONE ALLA VISIONE sviluppato in collaborazione con il Comune di Avezzano.
L’appuntamento è al Teatro dei Marsi per il 1 dicembre alle ore 10,30; allo spettacolo seguirà lo SPAZIO TALK, un momento di incontro tra studenti e un esperto dell’opera siloniana quale il Professor Benedetto di Pietro, che risponderà alle domande degli studenti e delle studentesse.
Francesco Niccolini autore della riscrittura dell’opera siloniana racconta il valore che ancora oggi rende il romanzo di Ignazio Silone attuale “Quando vent’anni fa ho avuto la fortuna di lavorare con Marco Paolini e Gabriele Vacis al Racconto del Vajont, uno dei capitoli più duri da studiare e al tempo stesso esempio di coraggio e forza morale, è stata la lettura dell’arringa dell’accusa, scritta dall’avvocato Sandro Canestrini, ora novantaquattrenne: ne fece un piccolo libro, un autentico pamphlet, che intitolò Vajont: genocidio di poveri. Ecco, tornando a Fontamara a distanza di tanti anni, e con molti chilometri e incontri belli e tragici sulle spalle, penso che questo romanzo capolavoro sia un altro capitolo fondamentale per chi ha deciso di raccontare quel genocidio. Ora, insieme agli attori cafoni come si definiscono loro stessi del Teatro Lanciavicchio e ad Antonio Silvagni, provo a portare quelle voci e quei fantasmi sul palcoscenico.»
LO SPETTACOLO FONTAMARA del Teatro Lanciavicchio/ ecoprodotto con il Teatro Stabile d’Abruzzo E’ STATO PREMIATO
• Premiato al FESTIVAL DI RESISTENZA 2019, Casa Museo Cervi
• PREMIO SILONE 2019 a Francesco Niccolini per la riscrittura dell’opera siloniana
FONTAMARA
dal romanzo di IGNAZIO SILONE
adattamento e drammaturgia FRANCESCO NICCOLINI
una produzione TEATRO STABILE D’ABRUZZO- TEATRO LANCIAVICCHIO
con la collaborazione del CENTRO STUDI SILONE
COMUNE DI PESCINA, COMUNE DI AVEZZANO
con ANGIE CABRERA, STEFANIA EVANDRO, ALBERTO SANTUCCI, RITA SCOGNAMIGLIO, GIACOMO VALLOZZA
disegno luci CORRADO REA
tecnica GIANCARLO TOZZI, MIRKO TALLIUSSI
musiche originali GIUSEPPE MORGANTE
documentazione video FRANCESCO CIAVAGLIOLI
sartoria SORELLE MARCELLI
scenografia e costumi SCENOTECNICA ‘IVAN MEDICI’
regia ANTONIO SILVAGNI
«Torno a Fontamara 35 anni dopo il mio primo viaggio. Allora avevo 15 anni: la forza disperata dei tre testimoni protagonisti del capolavoro di Silone non mi ha mai abbandonato. Quello stile piano, colmo di dignità e al tempo stesso di umiliazione, l’ironia della scrittura e la ferocia dei potenti. I privilegi dei ricchi, la loro ingordigia, la presa in giro spietata di un mondo destinato al genocidio. Perché un genocidio è stato. Solo che allora non avevo gli strumenti per capirlo. Quando vent’anni fa ho avuto la fortuna di lavorare con Marco Paolini e Gabriele Vacis al Racconto del Vajont, uno dei capitoli più duri da studiare e al tempo stesso esempio di coraggio e forza morale, è stata la lettura dell’arringa dell’accusa, scritta dal- l’avvocato Sandro Canestrini, ora novantaquattrenne: ne fece un piccolo libro, un autentico pamphlet, che intitolò Vajont: genocidio di poveri. Ecco, tornando a Fontamara a distanza di tanti anni, e con molti chilometri e incontri belli e tragici sulle spalle, penso che questo romanzo capolavoro sia un altro capitolo fondamentale per chi ha deciso di raccontare quel genocidio. Ora, insieme agli attori cafoni come si definiscono loro stessi del Teatro Lanciavicchio e ad Antonio Silvagni, provo a portare quelle voci e quei fantasmi sul palcoscenico.» Francesco Niccolini ( autore della riscrittura)
Note di regia
Fontamara è un romanzo spietato. Questa assenza mi ha suscitato da sempre un certo fastidio in questo straordinario romanzo, che ho amato, che dovevo amare, raccontava della mia terra, ma …qualcosa mi allontanava da Silone. Sentivo che la commozione che io provavo per i cafoni, non intaccava minimamente Silone e questo lo trovavo inspiegabile, ma anche insopportabile. Silone non lascia trasparire mai la pietà per la situazione miserrima dei cafoni, che pure vivono in condizioni disumane, vengono imbrogliati, sbeffeggiati, sfruttati, violentati, uccisi, ma l’autore tira avanti dritto nella sua strada narrativa, senza indugiare un momento in considerazioni sul loro dolore, in descrizioni della loro afflizione.
Malgrado quello che accade ai fontamaresi, Silone non è mai indulgente con loro, con i loro difetti, le loro meschinità dettate dall’ignoranza e dalla miseria. Poi – colpevolmente in ritardo- ho capito che una delle forze del romanzo è proprio questa assenza di indulgenza da parte dell’autore, questa scelta di sradicare ogni forma di pietà dalla narrazione di una storia così terribile, quella spietatezza nella cronaca di fatti duri, cruenti, immorali che ci accompagna all’ ineluttabile destino di morte è il solo modo di raccontare una società che per affermarsi ha bisogno di sbeffeggiare l’ingenuità, sbeffeggiare l’ingenuità, calpestare i più deboli.L’ assenza di commozione è la strada che intraprende Silone per commuovere, per commuoverci… ‘farci muovere verso’… E muovere qualcuno e far muovere qualcosa attraverso l’arte in un momento storico di coscienze assopite come quello che ha vissuto Silone, era un grande obiettivo. A lui è riuscito, e riesce ancora a quasi un secolo di distanza.
Abbiamo cercato con il nostro spettacolo di essere il più possibile vicini a Silone, abbiamo cercato uno spettacolo asciutto, rigido, duro. Uno spettacolo senza pietà. Senza pietà per i cafoni e la loro storia. Senza pietà per gli attori inchiodati sul posto a dar vita a cento vite. Senza pietà per quegli spettatori abituati a ammiccamenti e moine. Senza pietà per i figli dei cafoni di Fontamara e le loro storie d’oggi. Antonio Silvagni (regista dello spettacolo)