Gli Orsini signori della Marsica occidentale: «A rovina dei sediziosi» (1427- 1499)

Stemma degli Orsini e dei Colonna|
Stemma degli Orsini e dei Colonna|

Il re Alfonso V, primogenito e successore di Ferdinando I, aggiunse ai regni paterni anche il «Regno di Napoli», conquistato nel 1442 dopo una lunga e complessa guerra di successione. Nacque così nel Mezzogiorno una nuova dinastia aragonese, che sarebbe rimasta al trono sino alla fine del Quattrocento. 

Ciò spiega perché la storia della Marsica feudale, precedente all’epoca vicereale, è molto travagliata e, solo negli anni a cavallo tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Seicento, essa troverà una sua complessiva definizione territoriale. Infatti, dopo alcuni secoli di forte frammentazione, si arriverà, in epoca angioina, verso una ristrutturazione dei feudi marsicani e una convergenza verso le sedi comitali di Celano, Albe e Tagliacozzo.

Infine, incapaci di resistere al simultaneo attacco francese e spagnolo, gli aragonesi furono esiliati in Francia nel 1501 (1).

In questo periodo le vicende di Avezzano e di gran parte della Marsica occidentale (quella posta a ridosso del confine pontificio), rimasero indissolubilmente legate a due potenti famiglie, costituendone parte principale. Gli Orsini, artefici della politica pontificia, entrarono subito in conflitto con la famiglia Colonna, proprio durante il periodo dello spostamento della sede papale ad Avignone. Momento in cui gli interessi dei due casati iniziarono a cozzare l’uno contro l’altro. Questo contrasto vide la fine solo nel 1511, quando sul trono dello Stato pontificio salì Papa Giulio II.

Di fatto, gli Orsini erano una delle famiglie più potenti del XV-XVI secolo, che possedevano ricchezze davvero immense, costituite attraverso legami di parentela molto stretti con l’impero e, di conseguenza, con tutte le più importanti personalità d’Europa. La loro grande autorità derivò anche e soprattutto per gli stretti legami che intercorrevano con la «Chiesa di Roma». Moltissime sono, infatti, le personalità provenienti dalla dinastia Orsini, che prestarono i loro servigi presso lo «Stato Pontificio» ma anche presso il «Regno di Napoli». D’altra parte, particolarmente importanti sono stati i tre papi provenienti da questo lignaggio: Celestino III, Niccolò III e Benedetto XIII.

Occorre ancora specificare che gli Orsini, considerati una delle più celebri e potenti famiglie di Roma, avendo al loro interno papi, cardinali, vescovi, senatori, prefetti, generali e altri innumerevoli titoli (protettori indomiti della Chiesa e suoi alleati), riuscirono sin dall’epoca medievale, grazie alla loro potenza politica ed economica, a porre le basi di una continua sovranità, varcando le soglie del Lazio per espandersi anche nella vicina Marsica. Oltretutto, l’autorevole parentado degli Orsini, con straordinaria continuità, dal medioevo all’età contemporanea, aveva intrecciato le sue sorti con gli eventi più importanti della storia italiana ed europea (2). 

Per convincersene, basta esaminare il periodo intorno alla metà del Quattrocento, quando tutti i figli maschi di Carlo, tra cui Napoleone Orsini, ricevettero consistenti patrimoni testamentari. Si trattava dell’eredità di Giovanni Antonio Orsini, ultimo conte di Tagliacozzo e Albe morto nel 1456, lasciando agli eredi la somma considerevole di 20.000 scudi l’anno (3). In quest’azione multiforme e a conferma di tali asserzioni, preziosissime sono le indicazioni contenute nel diploma di concessione a Roberto e Napoleone dal re Ferdinando I in ricompensa dei servigi prestati, datato 20 marzo 1464 (4). 

In questa storia complessa e in questo panorama convulso, ci furono perdite e restituzioni della contea di Albe e Tagliacozzo da parte del re di Francia, cui Napoleone Orsini, nonostante le continue avversità, rimase sempre fedele (5).

Attraverso i documenti presenti nell’Archivio Orsini, si rilevano altri innumerevoli carteggi non ancora schedati e visibili al pubblico, del tutto inesplorati, specialmente la prima e la quarta serie con le pergamene, la corrispondenza, ecc. 

Da questi importanti rilievi e nel bel mezzo di un complessivo groviglio di circostanze (battaglie e capovolgimenti di fronte), strettamente legate alla situazione sociale dell’epoca, le questioni s’inasprirono quando Oddone (uno dei Colonna), fu eletto papa con il nome di Martino V (1368-1431), dedicandosi alla ricostruzione edilizia e all’abbellimento di Roma, trascurata per decenni (palazzo Colonna rimane una delle sue opere principali). Alla sua morte, avvenuta nel 1431, ripresero peggiormente i contrasti tra le due famiglie e i pontefici, laddove talvolta si perdevano poteri e titoli, talora si riacquistavano. Tra i membri che ebbero parte attiva nelle lotte contro gli Orsini ci fu Antonio (morto nel 1471) principe di Salerno e conte d’Alba, che lottò contro papa Eugenio IV, alleato degli Orsini, proteso a recuperare i possessi ottenuti dai Colonna grazie a Martino V; Prospero (1452-1523) e il cugino Fabrizio (morto nel 1520), entrambi capitani di ventura, che sostennero prima Innocenzo VIII contro il re di Napoli Ferdinando I d’Aragona nella guerra seguita alla «Congiura dei Baroni (1485-86)», poi Carlo VIII durante l’invasione del regno di Napoli (1494) e, infine, Ferdinando II d’Aragona contro Carlo VIII. 

Il re Ferdinando riconobbe ai Colonna onori e beni: Prospero fu nominato signore di molte terre nel regno di Napoli; Fabrizio ebbe altri feudi oltre la riconferma dei domini in Abruzzo. Passati poi al servizio della Spagna, entrambi combatterono contro i francesi nella famosa disfida di Barletta (1503) e in altre battaglie. Prima Prospero nel 1501, poi Fabrizio nel 1515 ebbero il titolo di «Gran Conestabile del Regno di Napoli», carica che divenne ereditaria nella famiglia. 

La famosa lapide posta sulla parte centrale del castello

Una testimonianza diretta sulla dominazione avezzanese di Gentile Virginio Orsini, rimane il castello trecentesco che venne edificato nel 1490 dal condottiero «Ad exitum seditiosis Avejani» (chiara minaccia contro i sediziosi) in forme semplici attorno ai resti di una torre innalzata nel 1181 da Gentile da Palearia, signore della contea di Albe espugnata nel 1364 da Francesco del Balzo, duca di Andria. L’edificio di Avezzano nel 1546 fu in un primo momento ampliato da Marcantonio Colonna e in seguito trasformato in palazzo baronale dal vincitore della battaglia di Lepanto. 

Importanti, per questa nostra trattazione nel bel mezzo di guerre sanguinose, conquiste e perdita dei territori annessi, sono gli «statuti» del Mezzogiorno che rappresentano una serie di norme per l’organizzazione interna. Di conseguenza rimangono molto rilevanti le ragioni e i modi di nascita di queste magistrature, sorte come reazione all’instabilità politica determinata dall’ampliamento di competenze delegate all’Universitas Civium (l’insieme di cittadini). Di fatto, si tratta di norme stabilite sul territorio tra istituzioni, fiscalità ed economia. Precisazioni pertinenti provengono dallo storico Pierluigi Terenzi che, pur considerando il saggio Mario Di Domenico molto approfondito, ritiene le indicazioni date sulle istituzioni avezzanesi soltanto deducibili e non normate esplicitamente, tanto per la terra quanto per le pertinenze. Infatti, occorre precisare che: «gli statuti meridionali contenevano quel che la città regolava ultra sacras regni constitutiones», stabilendo ad esempio, in ambito criminale, delle pene aggiuntive rispetto a quelle che il capitano regio avrebbe applicato in loco. Queste conclusioni, però, valide in altri casi non sembrano convincenti nella totalità. La città di Avezzano «Centro amministrativo della contea di Albe, che fu demaniale solo per alcuni periodi, aveva un territorio limitato, definito negli statuti solo in termini di pertinentie, di cui non conosciamo gli insediamenti». Gli «statuti», non ben datati, forse furono realizzati dopo le devastazioni portate nel 1361 dal condottiero Ambrogino Visconti, al soldo del duca d’Andria contro Filippo di Taranto. Di certo, furono stilati prima del 1434, data del primo riconoscimento ufficiale e poi integrati in seguito. 

In definitiva, non appare sostenibile l’ipotesi di una realizzazione degli «statuti» fra il 1242 e il 1268, basata solo sulla menzione degli «augustali», una tesi fortemente sostenuta dall’autore (6). 

NOTE

  1. G. Caridi, Gli Aragonesi di Napoli. Una grande dinastia del Sud nell’Italia delle Signorie, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 2021.
  2. C. De Cupis, Regesto degli Orsini specialmente per quanto si riferisce al loro dominio feudale negli Abruzzi e dei conti Anguillara secondo documenti conservati della famiglia Orsini e nell’Archivio Segreto Vaticano, Sulmona, Tip. dell’editore Colaprete, 1903.
  3. F. Allegrezza, Formazione, dispersione conservazione di un fondo archivistico privato, Roma, ISIME, 1998,  200 documenti originali contenuti nella I Serie Pergamene, pp. 84-91. 
  4. Archivio Storico Capitolino, Fondo II Serie, si tratta dei documenti più antichi riguardanti l’amministrazione di Tagliacozzo dal 1427 al 1499 (carte frammentate e registri, otto bastardelli di entrate e di uscite: grani, carne, bollette di transito, danni dati e varie carte amministrative tra cui una lista delle dogane e stanghe del Lago di Fucino).
  5. G.Biscotti, Gli Orsini nel Regno di Napoli. L’età moderna (Formato Kindle); E.Mori, L’Archivio Orsini. La famiglia, la storia, l’inventario, Viella editore, Roma, 2016; G.Pansa, Gli Orsini signori d’Abruzzo, Edizioni Kirke, 2012. Non dimentichiamo che Napoleone Orsini fu ucciso nel 1534 dal fratello Girolamo.
  6. Per i rapporti fra città e campagna allo specchio della normativa statuaria si veda: Un confronto fra lo Stato della Chiesa, la Toscana e l’Abruzzo (secoli XII-XVI), a c. di Gian Paolo Giuseppe Scharf, Università degli Studi di Napoli Federico II, 2022, FedOAPress; P.Terenzi, Statuti e norme sul territorio nelle città e terre del Regno di Napoli (secoli XIII-XV), pp. 155 sgg. Cfr. M.Di Domenico, Gli Statuti antichi di Avezzano: aspetti giuridico-economici / trascrizione, traduzione del testo latino a fronte e commento, De Cristoforo, Roma, 1989.

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