Avezzano –L’ultimo appuntamento della stagione teatrale 2015-2016 al Teatro dei Marsi, Venerdi 15 aprile alle ore 21,00, è con uno dei lavori più noti dello scrittore Eugène Ionesco : “Il re muore”.
Una grande e difficile scelta teatrale quella della messa in scena, come nuova produzione, del “Teatro il Lanciavicchio” che ha dimostrato, con la regia di Antonio Silvagni, di avere ottime capacità di lettura di determinati testi. Jonesco non è un autore facile.
“Il Re muore”, senza possibilità di smentita, è il lavoro che meglio identifica quel genere di teatro denominato dell’assurdo di cui Ionesco è stato il maggior esponente.
Il re Bérenger, non sa di avere una malattia incurabile e quindi ignora che dovrà morire. Proprio lui re dell’Universo. Al suo fianco vivono le due regine che appaiono diametricalmente diverse, ma che ognuna alla fine rivela la propria verità. Dolce Marie , fredda nella sua saccenza Marguerite. Ad entrambe il medico, chirurgo e batteriologo di corte ha rivelato la prossima morte del Re, a nasce così tra le due donne lo scontro se informare della nefasta notizia il loro marito e sovrano. Berenger apprenderà quella triste verità a cui si opporrà, perché convito che il suo potere possa debellare la morte. Nonostante le tematiche “il testo è brillante e divertente e rivela un microcosmo grottesco ma spietatamente vero, di paure e sentimenti tanto esagerati quanto umani”. (dal programma di sala)
In scena: Stefania Evandro, Alberto Santucci, Cristina Cartone, Giacomo Vallozza, Rita Scognamiglio, Tommaso di Giorgio
Regia: Antonio Silvagni
Scenografia: Valerio Babbo Costumi : Stefania Evandro Musiche originali : Giuseppe Morgante
Per saperne un po’ di più:
Eugène Ionesco, nasce nel 1909 e muore a Parigi nel 1994, è stato un drammaturgo e saggista francese di origini romene. Esponente del “teatro dell’assurdo” che porta in scena le problematiche esistenziali dell’uomo di oggi: incomunicabilità, falsità di rapporti, routine, con la propria difficoltà di riuscire a dare un senso all’esistenza. Negli anni trenta scrisse e pubblicò versi e articoli di critica da cui già trasparivano quelli che poi sarebbero stati i principi fondamentali della sua drammaturgia. Si fece presto notare come un elemento promettente dell’avanguardia rumena. Nel 1934 ebbe un certo successo con la pubblicazione del saggio “Nu”. Divenne professore di pedagogia al liceo di Bucarest e ricevette due anni più tardi una borsa di studio dal governo rumeno per scrivere a Parigi una tesi sui temi della morte e del peccato nella poesia francese dopo Baudelaire, prima espressione delle preoccupazioni metafisiche che caratterizzano il suo teatro. Nel 1989 aprì la sessione pubblica organizzata dal Parlamento europeo sulle violazioni dei Diritti umani commesse dal regime comunista romeno. Scrisse ”La cantatrice calva”, un’opera teatrale forse didattica in le verità essenziali diventano però folli, la parola si disarticola, e ne risulta una tragedia del linguaggio. Egli stesso aveva dato l’appellativo alla sua opera “anti-pièce” (anti-opera), che suonava come una sfida e una provocazione. Una nuova drammaturgia prendeva forma: fondata sulla difficoltà della comunicazione, essa stupì il pubblico dell’epoca per l’etereità della trama. “La cantatrice calva” fu messa in scena per la prima volta nel 1950 e se da un lato attirò l’attenzione di diversi critici e letterati e del Collegio di patafisica, dall’altro si tradusse in un vero fallimento di pubblico. Ionesco non si lasciò scoraggiare. Nel 1958, con la pubblicazione de “Il rinoceronte” l’autore raggiunse il massimo successo ma le critiche si inasprirono: fu accusato di conformismo e di noncuranza per l’attualità. A questo punto, Ionesco scrisse non più per schernire, ma per capire la vita e la morte, tentato dall’aspetto serio e tragico della vita. Dal 1959, la sua opera aveva iniziato ad evolvere, privilegiando un tema caratteristico del nuovo teatro, detto anche Teatro dell’assurdo: l’ossessione della morte, che occupa un posto centrale nell’azione drammatica. A dominare è l’assurdo, che condanna in anticipo e rende la vita e i gesti umani privi di senso. Nel 1966 Ionesco raggiunge la consacrazione artistica con la rappresentazione” La Soif et la faim”. La sua elezione, nel 1970, all’Académie française lo conferma la sua importanza nel panorama teatrale contemporaneo. Egli fu testimone della Primavera di Praga, della guerra del Vietnam, degli attentati terroristici alle Olimpiadi di Monaco, e definì il mondo e la condizione umana con un solo aggettivo: assurdi. L’assurdità e l’incoerenza della vita umana hanno un’espressione drammaturgica privilegiata nel linguaggio che sostituisce l’azione. La nuova forma teatrale è, anzitutto, un teatro-testo, che mette in evidenza l’incapacità dell’uomo a comunicare, a capirsi e a capire l’altro. Contrario alle rivoluzioni, politicamente è stato definito un “anarchico di destra”. Nel 1992, aderendo ad un appello lanciato da Marco Pannella, Ionesco si iscrisse al Partito Radicale Transnazionale. (da Wikipedia).
“Gli animali e gli uomini politici non sanno di essere mortali.” Ionesco