Ti racconto una fiaba: la storia di 4 cuccioli d’orso

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Un racconto di Maria Assunta Oddi, narra con fantasia la vita dell’animale simbolo del Parco Nazionale d’Abruzzo

    Le stagioni dell’orso. La primavera nel torrente                

           Nei boschi di faggio viveva una coppia di orsi: mamma Marzia e papà Ginebro. Avevano quattro cuccioli: Giovanni, Alfonso, Vanerella e Ivo, il più piccolo. Avevano costruito pietra su pietra una casetta proprio sulle falde del ruscello Maltempo. 
Un bel giorno, le acque del ruscello che la fiancheggiavano, dopo il lungo silenzio invernale, ripresero la corsa verso la valle.
Era tornata la primavera, e gli orsi già l’avevano sentita annunciata nel profumo delle acacie in fiore e nel gorgheggiare dell’usignolo.
Al mattino, papà Ginebro, che era sempre il primo ad alzarsi, si svegliò particolarmente allegro.
<< Su, pigroni >> esortava. << Svegliatevi! Il sole è già alto, e bisogna andare nell’orto. >> 

Mentre mamma Marzia preparava la colazione a base di ghiande e miele, Ivo, schiacciando il naso contro il vetro della finestra, osservava incuriosito il prato, ed esclamò: << Mamma, guarda che meraviglia! Il mandorlo è tutto bianco. Sembra che una nuvola di zucchero filato, passando di lí, abbia perduto un pezzo del suo vaporoso abitino. >> 
Mamma Marzia che ben conosceva la golosità di Ivo, si mise a ridere, e scherzando e disse:
<< Non mangiare troppo zucchero; potrebbe venirti il mal di pancia. Per adesso, accontentati della colazione. >>
Dopo aver consumato il pasto del mattino con tutti i familiari sopra la grande tavola di casa, papà Orso prese il sacco con i semi, salutò mamma Marzia che riassettava le scodelle e, seguíto dai figli, si recò nel campo: 
<< Vedete >>  disse  << per raccogliere bisogna seminare. Non dimenticatelo mai, orsetti miei! >> 

Giovanni chiese: 
<< Ma come è possibile che da un seme cosí piccolo possano crescere zucchine, patate e cipolle! >> 
<< Questo >> rispose il padre << non so dirtelo bene: penso tuttavia che sia lo stesso mistero che fa nascere un nuovo essere vivente e il fiore nel prato. Ora non pensate ad altro che ad aiutarmi a rassodare la terra con la vanga. >> 
A sera, papà Ginebro e i suoi piccoli tornarono a casa stanchi ma pieni di speranza per il raccolto.
L’indomani, mentre gli altri riprendevano il lavoro dei campi, Alfonso decise di fare qualcosa di insolito, e inseguí una lucertolina, la quale, vedendosi raggiunta, con la voce tremante dalla paura, pensò di presentarsi: 
<< Il mio nome è Lamberta. E tu come ti chiami? >>
<< Mi chiamo Alfonso >> rispose l’orsetto << e vivo con mio padre, mia madre e tre fratelli nel bosco di faggi vicino al torrente Maltempo. Non voglio farti del male. Mi porti nella tua casina? >> 
<< Tu sei troppo grande >> precisò la lucertolina, ormai rassicurata. << Tuttavia, se mangi questo pezzo di sambuco fatato, diventerai piccolo come me, e potrai entrare dalla porticina. >>

Alfonso non se lo fece ripetere due volte, e mangiando il sambuco si ritirò come un panno di lana lavato male. In compagnia della lucertolina, attraversò mille gallerie di fango e sassi, incontrando tanti piccoli amici: il lombrico Pino che li fece salire sul suo dorso; la cicala Perdigiorno che ballò per lui la tarantella; il grillo canterino che gli dedicò la canzone piú bella. 
L’orsetto Alfonso era veramente felice, ma non sapeva come poter contraccambiare tanta cortesia. Salí allora su un mucchietto di terra, e ordinò con aria seriosa: << Fate silenzio! Sto per salutarvi con la filastrocca intitolata Rima la rima. >> 

E cominciò: 
<< C’era una volta l’orso Alfonso
     che batté contro un sasso 
     il suo grande naso
     che diventò tutto rosso
     e gonfio come un contrabbasso.
>> 
Gli animaletti risero tanto che si lasciarono scappare qualche lacrimuccia. Alfonso, diventato grande come prima, tornò a casa, dove raccontò la sua straordinaria avventura.
…Le avventure dei nostri orsetti continuano nei capitoli seguenti…

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