Topi transgenici balbuzienti come modello di studio dell’uomo

I nuovi topi transgenici, sono capaci di comunicare balbettando. I ricercatori, spinti dalla poca chiarezza sui disturbi del linguaggio, hanno creato in laboratorio dei modelli di studio animali per la comprensione di uno dei più comuni disagi al mondo, la balbuzie.
Si calcola che la porzione di individui che potrebbero balbettare nella propria vita è di circa il 5% e in generale i maschi, sono colpiti da due a cinque volte di più rispetto alle femmine. Inoltre, nella maggior parte dei casi, la disinfluenza si manifesta in età prescolare. Secondo alcuni studi, il 2,5% dei bambini al di sotto dei 5 anni, balbetta.

Ad essere coinvolto è il gene GNPTAB, le cui mutazioni sono alla base dei disturbi del linguaggio. La proteina codificata dal gene, ha un ruolo attivo nel processo di smaltimento di agenti patogeni fagocitati e cellule apoptotiche. Infatti, indirizzando gli scarti cellulari verso i lisosomi, la proteina è una sorta di “operatore ecologico”, all’interno dell’apparato cellulare. Sono note, inoltre, mutazioni di altri geni coinvolti in questo sistema, che causano l’accumulo di prodotti di scarto e spesso provocano malattie debilitanti come la sindrome di Tay-Sach. Tuttavia il meccanismo con cui GNPTAP provochi disturbi del linguaggio, resta ancora ignoto. Un team di ricercatori guidati dalla neuroscienziata Terra Barnes della Washington University, hanno studiato il fenomeno.

I cuccioli dei topi con mutazioni del gene GNPTAB, emettevano  vocalizzazioni ultrasoniche al momento dello svezzamento, analizzate poi con un apposito software. Il programma ha evidenziato che i topi mutati squittivano con pause più lunghe e in modo più ripetitivo, pur essendo in grado di produrre la stessa gamma di suoni dei topi sani. Una serie di test cognitivi e fisici, hanno dimostrato che i topi balbuzienti erano perfettamente sani. Stando alle considerazioni di Barnes, sulla rivista Current Biology: “nonostante le enormi differenze di complessità tra le vocalizzazioni umane e di topo, il gene GNPTAB ha un effetto simile. È un modello potenzialmente prezioso per individuare la parte di cervello coivolta nei disturbi del linguaggio”.

In ogni caso  il mistero del meccanismo con cui il gene agisce sulla comunicazione, resta ancora irrisolto. Sembra che i neuroni coinvolti nell’espressione linguistica, siano particolarmente sensibili all’accumulo di scarti causato dagli enzimi lisosomiali. Attualmente, però, non c’è alcuna prova a favore di questa ipotesi. Comunque, studi condotti sulle adozioni e sui gemelli, suggeriscono che i fattori genetici interagiscono con i fattori ambientali per l’instaurarsi della balbuzie ed è evidente che il disturbo è più comune in bambini che hanno anche altre concomitanti difficoltà di esprimersi, dell’apprendimento e motorie.

In alcuni balbuzienti, anche i fattori congeniti possono giocare un ruolo importante. Portiamo come esempio un trauma fisico alla nascita o anche un danno cerebrale, segue un ritardo mentale e situazioni stressanti che contribuiscono ad alterare le abilità linguistiche.  Ad oggi, dunque, non esistono cause singole ed esclusive della balbuzie evolutive.

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