Chiunque si trovi a passare nei pressi della Pineta di Avezzano, nella zona nord della città, tra Via San Josemaria Escrivà e Via Maestri del Lavoro, non può non notare la presenza delle Tre Conche, imponenti strutture circolari oggi rivestite da moderni mattoncini rossi. Possiamo considerare le Tre Conche uno dei pochi monumenti del primo ‘900 ancora esistenti ad Avezzano, costruzioni che, con la loro presenza, testimoniano tuttora un momento storico molto particolare per il capoluogo marsicano.
Le Tre Conche sono delle grandi cisterne, ognuna delle quali può contenere fino a mille metri cubi d’acqua, costruite per rifornire il Campo di Concentramento di Avezzano. Attraverso una condotta idrica appositamente allestita, l’acqua veniva raccolta nelle “Conche” e portata fino al Campo. Stiamo parlando del periodo immediatamente successivo al 1915, anno in cui Avezzano venne rasa al suolo dal potente terremoto che devastò anche molti altri comuni marsicani.
Nei mesi successivi al grande sisma, quindi durante la Prima Guerra Mondiale, Avezzano viveva una situazione emergenziale molto seria. Tra le persone morte sotto le macerie e quelle richiamate alle armi, in città non erano molti gli uomini da destinare alla ricostruzione. Per questa ragione, nell’estate del 1916, venne istituito un Campo di Concentramento per prigionieri di guerra dell’esercito autro-ungarico. Si trattava, in gran parte, di prigionieri di nazionalità rumena.
Il campo occupava una superficie di circa 33 ettari, era suddiviso in quattro settori e fu in grado di ospitare 15.000 prigionieri e circa 1.000 soldati del Regio Esercito. I prigionieri e i soldati alloggiavano all’interno di 192 padiglioni, realizzati prima in legno e successivamente in muratura, di cui oggi non rimane quasi alcuna traccia. Quello di Avezzano non fu l’unico Campo di Concentramento realizzato in Abruzzo: negli stessi anni ne venne costruito uno anche a Sulmona, in località Fonte d’Amore.
I prigionieri del Campo vennero utilizzati per ricostruire Avezzano, per il rimboschimento del Monte Salviano, per lavori agricoli nel Fucino, ma anche per la realizzazione della stessa Pineta. Alla fine della Grande Guerra, attorno al 1920, il Campo di Concentramento venne smantellato e le aree in cui erano state edificate le baracche furono restituite ai proprietari. Durante gli anni della Seconda Guerra mondiale una porzione del Campo venne aperta nuovamente per ospitare prigionieri inglesi, indiani e neozelandesi.
Le Tre Conche, dunque, sono tra le pochissime strutture sopravvissute agli eventi che hanno caratterizzato la storia locale dell’ultimo secolo. Testimoni fondamentali e silenziose di una memoria che non smetteremo mai di celebrare e tornare a far vivere.