L’antropologo francese M. Augé divide lo spazio fisico che noi calpestiamo in due categorie: luoghi e non luoghi. I non luoghi sono quei territori che noi attraversiamo e che non lasciano nulla dentro di noi, i luoghi invece sono carichi di messaggi, di emozioni, di sentimenti ed affetti per cui finiscono con l’appartenerci.
Se Ignazio Silone quando parla della sua terra la definisce “Il paese dell’anima” Gabriele D’annunzio, ribadendo l’importanza delle radici, ha dichiarato che nei viaggi ha sempre portato sotto i piedi la sabbia della sua Pescara. Il paese natale per ognuno di noi è memoria individuale che nel diventare memoria collettiva apre la realtà locale alla globalità rendendoci cittadini del mondo.
Come dice Italo Calvino il linguaggio dei poeti, che narrano il vissuto esistenziale, “Non viene usato in modo approssimativo, casuale o sbadato” ma con rigore e veridicità narra il luogo originario nei confronti del quale siamo tutti debitori e dal quale nessuno può prescindere.
In questa poesia la conca del Fucino circondata dai monti se rappresenta una chiusura che impedisce l’evasione nel contempo costituisce il punto di partenza per ogni volo creativo per andare “oltre la siepe” con la memoria dell’amore.
Dalle grate tristi e severe.
Dalle grate tristi e severe
Della cinta vetusta
Esalano col vento azzurro cobalto
Palpiti profondi di vita
Silente di stella.
La luna si smaglia
Tra il buio rugiadoso
E mesce l’odore di bosso
Sui corimbi fioriti
Dell’edera tenace
Stretta alle candide
Petraie con luce quieta.
Oltre il recinto dell’orto
Dove l’erba falciata profuma
Di fresco maggese
S’adunano le farfalle notturne
Con mesto dondolio vibrante
Di lucciole smarrite.
Solo il ricordo improvviso
Del tuo chiaro sorriso amore mio
Scuote il torpore
A vincere l’ombra con risa chiassose di gioia.