Tagliacozzo – Nei giorni scorsi mi è capitata tra le mani una vecchia cartolina dei primi anni del ‘900 che ritraeva alcuni Molini sparsi lungo la Valle delle Mole a Tagliacozzo.

Erano ben cinque, quelle macchine ingegnose che macinavano il grano sin dai tempi degli Orsini. Il primo Molino, quello più vicino alla risorgente, si chiamava “MOLA CAPACQUA”, il secondo a scendere era la “MOLA DELL’OLMO” per la presenza nelle vicinanze di un grosso olmo. Il terzo molino si chiamava la “MOLA DEL PONTE” perché situato al lato di un ponticello. Il quarto era chiamato “MOLA DELLO SCIERTO” chiamato così perché l’acqua che entrava nel mulino veniva precedentemente deviata a mezzo di una diga o “SCIERTO” realizzata con una palizzata di castagno. Il quinto
molino, quello più vicino alla Porta dei Marsi, si chiamava la “MOLENELLA”.


Il quinto molino, quello più vicino alla Porta dei Marsi, si chiamava la “MOLENELLA” che ha macinato grano fino a quando nel 2005 è venuto a mancare Erminio Maiolini l’ultimo “molinaro” di Tagliacozzo. Ma poco fuori Porta dei Marsi in una piazzetta che ancora oggi collega Via Lungo Imele con Via Transimele lavorava a pieno regime una “GUALCHIERA” o come la chiamavano i paesani una “VALCHERA”.

Il macchinario detto anche “follone” era formato da un enorme cilindro di legno girevole mosso dall’acqua del fiume che tramite alcune palette anch’esse girevoli facevano alzare e scendere due grossi magli (una sorta di enormi martelli) che battevano alternativamente dei “pannilana” distesi sopra un ripiano (vedi disegno). Questa azione martellante e assai rumorosa consentiva di indurire e rendere compatti gli strati di lana dai quali poi si ricavavano i tessuti per gli abiti. Per far giungere l’acqua alla “VALCHERA” posta fuori le mura a causa del frastuono dei magli, fu realizzato un
canale parallelo al fiume chiamato “CANALE DELLA VALCA che poco più avanti si ricongiungeva all’IMELE.
Non era solo l’assordante frastuono dei grossi martelli di legno a disturbare la convivenza della comunità. Purtroppo a
questo fastidioso inconveniente si aggiungeva in modo rilevante anche il maleodore. Spesso per ammorbidire le
fibre di lana durante la battitura era consuetudine bagnarle abbondantemente con le orine miscelate all’acqua calda. Si può ben immaginare il caos che regnava dentro la VALCHERA tra il martellare dei magli e il fetido odore della lana.
Tornando alla Valchera di Tagliacozzo c’è da aggiungere che intorno al 1890 la struttura fu trasformata in Molino la cui attività era considerata dai proprietari molto più redditizia che fare i panni. Se la memoria non mi tradisce l’ultima “molenara” a gestire quel Molino fuori le Mura, fu Agnesina Bianchi.